spazio progettato, persone, tempo e tecnologia
Da sempre attenta all'evoluzione del design e dell'architettura, non solo dal punto di vista estetico e funzionale, Lualdi è testimone di un cambiamento significativo nella progettazione degli spazi, favorendo una maggiore attenzione alla relazione tra le persone e agli ambienti in cui vivono e lavorano.
Un cambiamento fisiologico dettato da diversi fattori abilitanti. Tecnologia accessibile, attenzione al benessere dell’individuo, consapevolezza verso le tematiche ambientali, dialogo con il contesto.
In questo nuovo scenario, il lavoro del progettista deve tenere in considerazione numerose variabili legate anche ai cambiamenti sociali e relazionali.
Lualdi ha approfondito questi temi nel corso del 2023, offrendo un'ampia panoramica sulla relazione tra persone e luoghi, attraverso l’esplorazione di diversi aspetti della progettazione degli spazi, grazie a panel multidisciplinari di esperti.
Partendo da un caso studio, lo storico showroom milanese di Foro Buonaparte 74, è stato il palco scenico di dibattiti e riflessioni, con la moderazione di Marina Jonna, architetto e giornalista.
L’ultimo appuntamento dell’anno ha indagato I LUOGHI DELL’OSPITALITA’.
Ospitalità del futuro: contaminazione e condivisione degli spazi. Da servizio rivolto al turista a luogo aperto al territorio e alla comunità.
L'ospitalità è un settore in continua evoluzione, che si adatta ai cambiamenti sociali e culturali. In passato, gli hotel erano spesso oasi dedicate al turista e chiuse rispetto al territorio e al pubblico locale. Oggi le strutture sono sempre più orientate al contesto sociale, cercando di integrarsi e aprirsi alla collettività.
Questo trend è guidato da diversi fattori, tra cui la volontà di maggior integrazione e scambio con il territorio, di promozione di un turismo più consapevole e la crescente domanda di nuovi servizi.
Un esempio di questa nuova tendenza è il progetto del nuovo MGallery Palazzo Tirso, a Cagliari che porta la firma di Studio Marco Piva.
L'hotel, situato in un palazzo storico del centro città, è stato progettato per essere permeabile e per aprirsi al tessuto urbano, creando un luogo per la città.
“Gli spazi di MGallery Palazzo Tirso sono dinamici e non legati a visioni consolidate” spiega l’architetto Piva. Si prestano quindi all'interpretazione di chi gestisce e di chi vive la struttura in ottica di "Mixed use": le architetture diventano nuovi poli di socialità urbana accorpando spazi pubblici, di intrattenimento, angoli più riservati, e luoghi di lavoro.
Il turismo è uno dei motori del nostro Paese. Se le catene straniere lo hanno capito da tempo, l’Italia deve invece imparare a organizzarsi per gestire al meglio il territorio, senza perdere la qualità e la creatività che hanno fatto del Made in Italy una bandiera del nostro Paese nel mondo.
“Lo scenario futuro” afferma Magda Antonioli “ci racconta che gli investimenti si stanno spostando dalle città d’arte ai piccoli borghi”. Proprio per essere pronti a questo cambiamento bisognerà investire nell’ecosistema, che consentirà di godere di una fruizione lenta del territorio, senza rinunciare ai servizi.
I viaggiatori oggi sono molto più attenti, consapevoli, cercano benessere ed esperienze autentiche e coinvolgenti. Non vogliono semplicemente dormire in un luogo, ma vogliono sentirsi parte del luogo.
Per rispondere a queste esigenze, le strutture ricettive del futuro dovranno offrire servizi e spazi che favoriscano la condivisione e l'interazione tra i turisti e la comunità locale, operando scelte che abbiano il fine ultimo di valorizzare il patrimonio, con una sempre maggiore attenzione all’ambiente.
LUOGHI DELLA FORMAZIONE. La relazione tra spazio fisico e apprendimento.
La società ha attraversato e sta attraversando momenti critici che hanno acceso i riflettori sul mondo dell’educazione.
Oltre ad agire sull’offerta formativa per attrarre studenti italiani e internazionali, il progetto dell’involucro, dell’interazione e dei servizi può generare un cambio di rotta?
Le neuroscienze ci dicono che il cervello non si apre se non si emoziona. Almeno negli ultimi 50 anni la dimensione dell’empatia è venuta meno. Tutto è informazione, educazione alla dimensione cognitiva, nella speranza - vana - che dal concetto si possa passare all’azione.
La mentalità delle nuove generazioni è fluida, porosa, relazionale e empatica. Qual è allora l’approccio e quali sono gli spazi più adatti a formare i giovani?
Elena Granata risponde al quesito, con le “3 E”: Empatia, Emulazione, Esperienza.
“Frequentare l’università significa non solo apprendere informazioni, ma anche vivere il contesto e far parte di una comunità intellettuale. I luoghi che abbiamo ereditato dal nostro passato non sono adatti alle intelligenze che dobbiamo formare. Le mie lezioni di urbanistica si svolgono all’aperto, perché la città non si può spiegare all’interno dei confini di un’aula.”
Gli spazi devono poter essere plasmati da figure ibride, in grado di conciliare bisogni con immaginazione, creatività quotidiana con la salute del corpo sociale che vive la città; figure mosse da una curiosità libera e creativa che grazie a questa attitudine identificano le competenze a cui affidarsi per trovare le soluzioni.
Elena Granata li ha chiamati «placemaker» perché la loro attitudine è saper trasmutare una buona idea in un progetto vivo che trasforma un luogo.
Artisti che si improvvisano scienziati per risolvere problemi di mobilità di una grande città. Architetti che individuano soluzioni innovative osservando piante e animali. Designer che lavorano sui comportamenti e la psicologia delle persone. Gli innovatori pensano i nuovi spazi all’interno di una nuova città. Ciascuno di loro è capace di incursioni al di fuori del proprio campo, senza perdere di vista l'obiettivo iniziale.
Placemaker è stata la Franklin University Switzerland che, racconta Davide Gai, Direttore Strategia e Marketing, ha ingaggiato l’architetto Flaviano Capriotti per interpretare, attraverso spazi, materiali, forme e tecnologia, un approccio formativo che concepisce l’università come luogo permeabile, multiculturale, di convivenza e scambio anche con il territorio.
I LUOGHI DEL VIVERE
E’ davvero cambiato il modo di progettare gli spazi residenziali?
La risposta andrebbe cercata nella differenza fra i concetti di “abitare un luogo” e “stare in un luogo”. Le persone abitano gli spazi; gli oggetti stanno e indubbiamente aiutano nell’interazione e creano empatia con i luoghi.
Il secondo incontro della serie PLACES indaga i LUOGHI DEL VIVERE e la relazione fra spazi domestici, persone, tempo e tecnologia
Il caso studio di questo appuntamento è Torre Milano, il progetto dello studio Beretta Associati, sviluppato da Impresa Rusconi, da oltre un secolo impegnata a costruire edifici residenziali pensati a misura di chi li abiterà.
Centrale, vivibile e iperconnessa, Torre Milano sorge tra Isola e Maggiolina, a un passo da Porta Nuova, contribuendo attivamente alle grandi trasformazioni urbane e definendo un concetto di "casa" che va oltre il confine spaziale della soglia. I luoghi del vivere non si limitano più solo agli spazi domestici tradizionali, ma si estendono a una serie di aree interconnesse. Le nuove residenze moderne non sono più semplici abitazioni, ma veri e propri "hub" sociali e culturali.
Secondo l’Architetto Gianmaria Beretta “la casa rappresenta chi la abita. Ci sono molti modi di progettare l’abitare, ma devono tutti partire dalla pianta e dalle funzioni dello spazio per poi approdare a un progetto e a un racconto che si integri e arricchisca anche esteticamente nel contesto urbano”.
Infatti, le esigenze e le funzioni richieste non sono cambiate in modo così radicale e bisogna tentare di assecondarle, con il minor spreco di spazio possibile.
Questo approccio rigido al progetto è stato possibile solo grazie alla flessibilità dello sviluppatore che ha saputo costruire un modello di business sostenibile.
È necessario però sfatare alcuni falsi miti.
Si parla infatti di flessibilità in riferimento allo spazio, che per sua natura ha dei confini definiti. Questa caratteristica è affidata a partner come Lualdi che, attraverso partizioni e sistemi custom, andranno a interpretare il layout interno.
Anche il tema della tecnologia merita una riflessione. Ciò che può essere all’avanguardia al momento del progetto, potrebbe essere superato al momento della realizzazione.
Conclude l’Ing. Stefano Rusconi, “I cambiamenti e le variabili normative e di costo dei materiali, subentrate dal 2020, hanno lanciato una sfida a operatori, progettisti e filiera, che dovranno individuare nuovi modelli innovativi e sostenibili.”.
Le Corbusier definiva la casa come una “macchina per abitare”, ovvero uno spazio che aveva il compito di proteggere dai pericoli esterni, diventando lo sfondo delle proprie azioni; un ambiente in cui l’essenza di ogni singolo individuo poteva esprimersi.
Oggi questa definizione dovrebbe essere adattata ai nuovi paradigmi della vita sociale contemporanea che necessita di luoghi capaci di creare connessioni, intensificare gli scambi tra esseri umani nel totale rispetto dell’ambiente e avere l’aggregazione come obiettivo finale. Se, come scrive l’antropologo Francesco Remotti, “l’abitare è un faticoso compromesso tra l’esigenza di intimità e di condivisione e quella di aprirsi al mondo che sta fuori; un punto di precario equilibrio tra la chiusura e l’apertura, tra il raccoglimento nell’intimità di un “noi” o di un “io” e l’aprirsi alla relazione sociale.”, l’architettura in quanto arte sociale ha il compito di garantire un'esperienza emotiva, spogliandosi di una certa autoreferenzialità.