L’acquisizione avviene per esigenze di interesse pubblico e prevede che prima possibile la P.A. detenga la proprietà o un altro diritto reale su un determinato bene immobiliare. Questo dovrà avvenire a prescindere dalla volontà del suo proprietario, il quale riceverà un indennizzo.
L’emanazione del decreto di esproprio può avvenire se l’opera che si intende realizzare è stata prevista come strumento urbanistico generale oppure in un atto di equivalente tipologia e che abbia la medesima efficacia. Il bene da espropriare deve inoltre avere ottenuto l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.
La Pubblica Amministrazione può fare una simile richiesta?
Sì, l’espropriazione per pubblica utilità è uno dei modi in cui la P.A. può esprimere e far valere il suo potere ablatorio. La Pubblica Amministrazione può sacrificare l’interesse privato per un “bene superiore”, ovvero per l’interesse pubblico.
La normativa italiana ha sempre proposto regole di difficile comprensione a riguardo, proprio per questo è stato creato un Testo unico che ha abrogato la Legge del 1865 e ha riunito in un solo atto normativo tutte le disposizioni riguardanti l’espropriazione per pubblica utilità. Al momento, considerando le norme in vigore, è possibile per la P.A. espropriare beni immobili o relativi diritti, proprio per completare opere pubbliche o, per l’appunto, di pubblica utilità.
Nonostante tutto questo sia possibile, ogni proprietario ha comunque la possibilità di consultare un avvocato esperto in materia di espropriazioni e di tutela della proprietà privata. Il professionista potrà occuparsi delle diverse procedure espropriative e supportare il proprio cliente al fine di far valere i suoi diritti. Potrà identificare i vincoli preordinati all'esproprio e occuparsi, qualora fosse possibile, dell’annullamento del decreto di occupazione e di esproprio, dei vincoli espropriativi e non solo.
Dal provvedimento all’effettiva espropriazione per pubblica utilità
Qualora si decida di non agire per tutelare la proprietà privata, si dovranno seguire le indicazioni della PA. Successivamente si otterrà un indennizzo (ex art. 42 c. 3 C.): lo Stato si occuperà di effettuare un pagamento a favore del proprietario. La somma di denaro elargita verrà calcolata seguendo le norme in vigore e andrà a compensare la perdita affrontata dal soggetto espropriato. La Corte costituzionale ha stabilito che l’importo non dev’essere simbolico: dovrà in ogni caso rivelarsi adeguato.
Cos’altro c’è da sapere sull’espropriazione per pubblica utilità?
È utile sapere che esistono due tipi di espropriazione: quella completa e quella parziale. La prima riguarda l’intera proprietà e in questo caso l’indennizzo dovrà rispecchiare l’attuale valore di mercato del bene. Qualora la PA e il proprietario non riescano ad accordarsi sul prezzo, interverranno dei periti che si occuperanno di valutare il bene e definire l’entità dell’indennizzo.
L’espropriazione parziale riguarda ovviamente solo una determinata parte della proprietà. In questa eventualità la somma da pagare al proprietario verrà stabilita considerando il valore totale dell’immobile e poi di quella parte dell’immobile, prima e dopo l’espropriazione per pubblica utilità. L’espropriazione parziale può determinare un vantaggio economico per il proprietario. Tuttavia, il vantaggio non potrà essere maggiore di un quarto dell’indennizzo.
In generale, è importante dire che per calcolare l’indennizzo vengono considerati anche altri fattori, come ad esempio il valore soprassuolo e l’eventuale reddito perduto durante il periodo di occupazione da parte delle imprese chiamate dalla PA per eseguire eventuali lavori. Nel caso in cui l’opera pubblica non venisse completata nei tempi stabiliti o qualora la proprietà non sia stata usata per la destinazione d’uso prevista, il proprietario potrà richiedere la retrocessione dell’espropriazione per pubblica utilità. Soprattutto in questo caso sarà essenziale affidarsi ad un legale esperto.