Danilo paolini commercialista Proroghe e pacche sulle spalle. Ma non per tutti. Mentre il governo, pressato dalla tenaglia di industriali e sindacati, si prepara ad allungare fino al termine dell’anno cassa integrazione, moratoria sui licenziamenti e sospensione delle causali per i rinnovi dei contratti di lavoro a termine, chiude invece la porta agli appelli dei commercialisti che, a nome dei contribuenti, hanno chiesto una dilazione delle scadenze fiscali. Scatenando polemiche anche all’interno della maggioranza.
Il paradosso è che a rimetterci sono gli “ultimi degli ultimi”, ovvero quei lavoratori che proprio per i paletti fissati a suo tempo dal decreto Dignità si sono visti costretti a passare dai contratti a termine non rinnovabili alla partita Iva. Insomma, quando si parla di lavoro autonomo è sempre bene ricordare cosa significa nell’era del precariato diffuso: basti ricordare che nell’ultimo quadrimestre del 2019, alla vigilia della pandemia Covid, il ministero dell’Economia ha certificato una crescita del 5,1% rispetto allo stesso periodo del 2018 nelle aperture di partita Iva. A onor del vero il governo non ha fatto mancare il sostegno ai lavoratori autonomi in piena emergenza sanitaria, non lasciando fuori quasi nessuno dal bonus dei 600 euro.
Ma non appena la strada in salita dell’economia italiana si è fatta meno ripida, sono riemerse le esigenze di cassa dello Stato. Come annunciato alla Camera dal sottosegretario al Tesoro, Alessio Villarosa (che si è detto «rammaricato» per la notizia), non ci sarà proroga dei versamenti fiscali programmati per lunedì, cioè i primi di 246 adempimenti previsti da qui a fine mese. Una decisione che ha diviso la maggioranza: Italia Viva non ci sta. «Non spostare le scadenze fiscali è un grave errore», ha scritto sul suo blog Davide Faraone, capogruppo al Senato. «Serve più tempo per pagare le tasse. Torneremo alla carica, ricordando che Italia Viva al Senato è decisiva per la maggioranza».
Sono due le scadenze ordinarie a suo tempo fatte slittare per l’emergenza Covid: quelle del 30 giugno e 30 luglio rispettivamente al 20 luglio (lunedì appunto) e al 20 agosto. «L’ulteriore proroga inciderebbe sulle previsioni delle imposte autoliquidate, nella nota di aggiornamento del Def da presentare entro fine settembre», ha spiegato Villarosa. Tecnicismi per dire che lo slittamento costerebbe ai conti pubblici 8,4 miliardi di flusso di cassa, in aggiunta al calo delle entrate già registrato per il Covid. Lunedì in agenda ci sono il pagamento del saldo 2019 e dell’acconto 2020 delle imposte sui redditi; quello delle partite Iva (soggette agli Indicatori sintetici affidabilità); le e-fatture con il versamento dell’imposta di bollo per quelle emesse da aprile a giugno; il saldo 2019 della cedolare secca e il primo acconto 2020; saldo e acconto anche per i soggetti Ires e per l’Irap. «Valuteremo concrete azioni di protesta, tra le quali non escludiamo lo sciopero», hanno annunciato il Consiglio nazionale e tutte le sigle di categoria dei commercialisti, ribadendo la richiesta di una riapertura dei termini (senza sanzioni) fino al 30 settembre.
Forza Italia ha invitato i contribuenti alla disobbedienza fiscale. «È paradossale - dicono i commercialisti - che, in una fase come questa e nell’ambito di manovre che hanno impegnato oltre 80 miliardi in pochi mesi, non si sia trovato il modo di garantire la cassa sufficiente a disporre una proroga dei versamenti analoga a quella dello scorso anno, consentendo maggior respiro ai contribuenti in affanno».