Il 5 ottobre è uscito “Linea di Confine”, l’album d’esordio del cantautore Domenico Pompilio.
Dodici brani che rimandano al cantautorato tradizionale con contaminazioni originali e contemporanee.
Il fulcro dell’album è l’introspezione e la voglia di oltrepassare la linea di demarcazione tra passato e presente, un viaggio interiore tra sogno, realtà, sofferenza e amore. Un cammino introspettivo che catapulta l’ascoltatore direttamente nell’animo dell’artista, svelando un percorso faticoso, ma al tempo stesso vincente.
Cerchiamo di capire qualcosa in più, intervistando direttamente l’autore.
Ciao Domenico. Rompiamo il ghiaccio con una domanda a bruciapelo. La prima cosa che viene in mente leggendo il titolo del tuo album è di trovarci di fronte a un passaggio da una fase a un’altra. Qual è, o qual è stata la tua linea di confine?
La mia linea di confine è stata la presa di coscienza di aver raggiunto degli obiettivi, la consapevolezza di aver risolto delle cose a livello personale e di aver messo un punto importante nella mia vita, lasciando, una volta e per tutte, il passato alle spalle. Da tutto questo ho tratto quegli insegnamenti necessari per poter andare avanti.
Chi era Domenico prima di varcare quella linea e chi è adesso?
In realtà Domenico non è cambiato molto rispetto a prima. E’ sempre stato Domenico. Semplicemente, è venuta fuori una parte di me che prima era silente, adesso non più. Lo si può riscontrare sia attraverso le canzoni, sia nella vita quotidiana. Quello che Domenico era prima, è esattamente quello che è adesso, ma più rafforzato ed evidenziato negli aspetti positivi. Ci sono delle cose che ho risolto, anche attraverso la musica, sempre a livello personale, e posso dire di aver finalmente rielaborato il Domenico di una volta.
Dobbiamo aspettarci un’altra linea di confine in futuro o credi di aver raggiunto il tuo equilibrio?
Assolutamente no. D’ora in poi ogni lavoro che porterò a termine sarà una linea di confine. Perché la linea di confine è costituita da tratteggi. All’interno dell’album ci sono canzoni che rappresentano proprio questo percorso. Ogni cosa che io farò, ogni passo in avanti, sarà un tratteggio di quella linea. Ci saranno tante linee di confine e questa è stata semplicemente la prima. Avranno nomi diversi ma io cercherò sempre di varcare una soglia, di migliorarmi e di fare qualcosa di nuovo.
Nei testi di alcuni dei tuoi brani leggo sofferenza e difficoltà, al tempo stesso trapela anche la forza e il coraggio di andare avanti. Qual è la tua risorsa?
La mia risorsa sono innanzitutto io, grazie alla capacità di elaborare razionalmente la realtà. Naturalmente non dimentico le persone che sono riuscite a starmi vicino in determinati periodi della mia vita. Joseph Campbell ritiene che l’individuo non rappresenta l’uomo nella sua completezza, ma ne sarebbe solo una frazione. L’umanità completa non la troviamo perciò nell’individuo, ma negli altri. Anche questo mi ha in qualche modo aiutato a rafforzarmi. La mia risorsa però, fondamentalmente sono io. Io sono il centro e, se non fosse per me, tutto quello che ho non potrebbe esistere.
Quanto ti ha aiutato scrivere canzoni? E cosa rappresenta per te la musica?
La musica per me è tutto e mi ha aiutato ad elaborare quella realtà che in un certo periodo particolare non comprendevo. La musica è la sostanza della mia forza.
Passiamo agli aspetti meno introspettivi. Il tuo modo di scrivere è ricercato, forse non per tutti. Chi vuoi raggiungere con la tua musica?
Non ho un pubblico ideale in realtà. Quando scrivo una canzone, se mi commuove e se mi colpisce, soprattutto nel testo, allora ho raggiunto il mio obiettivo. Non ho la pretesa di arrivare a nessuno. L’importante è arrivare a me stesso. Sono comunque sempre lusingato quando l’ascoltatore riconosce il lavoro che ho fatto e ne rimane affascinato.
Linea di confine è il tuo album d’esordio e il mondo della musica è una giungla. Hai paura delle critiche e delle porte sbattute in faccia?
Una volta sì, adesso non più. Ci ho pensato molto a questo e devo dire che non avrei grossi problemi se dovessi ricevere rifiuti o altro. E’ una cosa talmente personale quella che sto facendo che l’importante è che io risponda alle mie domande, poi gli altri del mio lavoro ne faranno ciò che vogliono.
In un panorama musicale dominato dal trap e dal pop, il tuo genere potrebbe sembrare anacronistico o troppo tradizionale: armonica, flauto, arpeggi, un modo di cantare non urlato… Non ti spaventa il fatto di andare controcorrente?
Sì, mi ci sono già confrontato in qualche occasione. Ho condiviso il palco con ragazzi che suonano un genere differente. E’ stata una bella esperienza toccare con mano un mondo musicale diverso dal mio, ma che comunque ascolto. Parlando sempre al passato, lo ammetto, mi spaventava. E invece adesso, dopo aver realizzato il disco, non mi spaventa più. Questo sono io, è la mia strada ed è quello che voglio fare. Non reputo anacronistico il mio lavoro semplicemente perché io sono di questo tempo, e lo sto facendo ora. Siamo tutti contemporanei.
Domanda obbligata. Cosa ne pensi della musica di oggi, qualitativamente parlando?
A livello di qualità non posso giudicare. Ci sono molti artisti che fanno un genere che non seguo molto ma astraendomi dal contesto, li reputo bravi anche perché certe cose neanche le saprei fare. Penso però che la musica di oggi abbia un difetto: la velocità. Si urla e si corre troppo. Credo sia questo il grande problema della musica attuale, io preferisco sussurrare le mie canzoni.
In alcune canzoni sono molto evidenti le influenze dei cantautori del passato, in altre spicca l’originalità degli arrangiamenti. Come è cambiato il tuo modo di fare musica e come sta evolvendo?
I cantautori del passato, che poi sono sempre contemporanei (solo perché qualcuno è scomparso di recente non vuol dire che non ci appartenga) sono parte integrante del mio ascolto. Ma non dimentichiamoci che io ho anche una formazione legata alla cosiddetta musica classica. E’ una formazione che in me esiste da sempre, da quando sono bambino. La mia musica adesso si sta evolvendo in un modo particolare. Continuo sempre a mantenere quel tipo di scrittura che mi caratterizza (musicale e testuale), ma il fatto di collaborare con musicisti che provengono da ambienti musicali diversi e con una sensibilità artistica fenomenale, mi permette di dare un volto quasi inaspettato alle mie canzoni, sebbene poi rispondano sempre all’idea originale che avevo in testa. Cerco comunque di mantenere vivo quello che ho sempre fatto, senza distaccarmi dal “me stesso musicista e uomo”. Quindi un’evoluzione che sarà sicuramente più ampia e forse molto più legata ai cosiddetti cantautori del passato.
Qual è la canzone più bella che hai mai scritto?
Io ti accarezzerò. Lo dico senza remore.
Ultima domanda. Dove vuoi arrivare?
Se dico di voler arrivare da qualche parte mi sarò già posto un limite. Non voglio arrivare, non posso dire di essere arrivato. Poniamo il caso che io ottenga un forte successo di pubblico, per me non significherebbe essere arrivato perché non voglio arrivare da nessuna parte, altrimenti sarei costretto a fermarmi. Devo continuare a camminare.
Intervista a cura di Roberta Capriglione - scrittrice e communication specialist
Fonte notizia
domenicopompilio.art.blog