Infettivologa e ricercatrice di fama internazionale, Susanna Esposito riporta l'appello di WAidid, Associazione Mondiale per le Malattie Infettive: programmare test sierologici per evitare un ritorno del contagio.
I rischi della riapertura: il commento di Susanna Esposito
In Italia il picco dei contagi sembra sia stato superato: seppur lentamente, grazie alle misure di lockdown messe in atto in tutto il Paese, i numeri stanno calando. Proprio per evitare che il famoso R0, ovvero il tasso di contagiosità, subisca un aumento, per la Fase 2 c'è bisogno di un forte impegno a livello sanitario. È l'appello di Susanna Esposito, Presidente di WAidid, che porta avanti la battaglia sull'utilizzo dei test sierologici in vista della ripresa delle attività. Secondo la ricercatrice è fondamentale contenere il ruolo degli asintomatici, che si sono dimostrati la causa principale della diffusione del virus. Con la ripartenza, il rischio di un'ondata di ritorno aumenta, soprattutto se ancora manca una pianificazione chiara sui controlli sanitari da effettuare su chi lavora in fabbriche e aziende. Per indebolire gradualmente le misure restrittive e tutelare la popolazione, occorrono test su gruppi di popolazione in modo tale da non vanificare lo sforzo dei cittadini: "Non bastano buonsenso e rispetto delle regole - dichiara Susanna Esposito - ma per vincere questa lotta, e ritornare quanto prima alla normalità, servono gli strumenti messi a disposizione dalla scienza, inclusi gli studi di siero-prevalenza".
Susanna Esposito: "Impossibile stabilire durata dell'immunità"
Al momento vengono effettuati due tipi di test sierologici, i rapidi con metodica immunocromatografica e quelli che richiedono un laboratorio per essere processati con metodiche immunoenzimatiche o di chemioluminescenza: i primi rivelano soltanto se il soggetto ha prodotto anticorpi specifici, i secondi sono in grado di calcolarne la quantità e avere un quadro del livello di immunità. Utili entrambi - spiega Susanna Esposito - a tracciare gli asintomatici e a controllare l'epidemia. Nella maggior parte dei casi, i test studiano le IgM e le IgG contro il SARS-CoV-2. La presenza delle IgM specifiche indica un'infezione in atto, mentre le IgG specifiche, manifestandosi dopo circa due settimane, testimoniano la comparsa di immunità: tuttavia, ancora non si è a conoscenza né della durata di tale immunità, né della quantità di anticorpi necessari per offrire il livello minimo di protezione. "I test sierologici sono utili per l'identificazione dei portatori sani o paucisintomatici - conclude Susanna Esposito - in caso di positività, l'iter raccomandato prevede infatti anche il classico tampone naso-faringeo, che conferma la presenza o meno del virus nel soggetto".