L’Accademia Internazionale di Significazione Poesia e Arte Contemporanea, in convenzione formativa con l’Università degli Studi di Roma Tre, accreditata dalla Regione Lazio, iscritta all’albo di Roma Capitale e del Comune di Canale Monterano, presidente fondatrice la prof.ssa Fulvia Minetti, vicepresidente il dott. Renato Rocchi, direttore artistico Antonino Bumbica, inaugura la mostra dell’Artista Luigi Rabbai alla Galleria Accademica d’Arte Contemporanea della Città d’Arte Canale Monterano di Roma in Corso della Repubblica n.50 il 12 ottobre 2024 alle ore 18.00, aperta al pubblico fino al 26 ottobre 2024 ore 10,30-12,30 con ingresso gratuito.
Luigi Rabbai nasce a Canale Monterano nel 1943 e ben presto si trasferisce a Roma, dove vive e lavora nell’Amministrazione finanziaria. Significativa è la partecipazione alla mostra “8° Premio nazionale di arti figurative fra i dipendenti dello Stato”, presso il Museo delle arti e tradizioni popolari di Roma. Nel 1999 ritorna al paese natio con la moglie e i due figli e vi si stabilisce definitivamente. Il ritorno alle origini apre la possibilità di una dedizione piena alla scultura, passione autodidatta, coltivata fin da ragazzo. Partecipa a mostre collettive e personali. Nel 2020 e nel 2024 riceve il Riconoscimento al Merito in Arte al Premio Accademico Internazionale di Poesia e Arte Contemporanea Apollo dionisiaco con mostra presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e pubblicazione dell’opera con critica in semiotica estetica della prof.ssa Fulvia Minetti nella Mostra Accademica dell’Arte Contemporanea online.
“I collage del Rabbai esprimono la dinamica intima del desiderio: sono sfogli di luce interiore, fra coscienza ed inconscio, che raccontano la dialettica psicoemotiva umana, fra i rossi della volontà e i blu della rappresentazione. La volontà di verità è il desiderio primo dell’uomo, di una visione diretta e solare, eppure dell’uomo è la declinazione nelle forme della rappresentazione segnica, che rimanda inarrestabilmente la coscienza del senso delle cose e consegna ad una visione indiretta di luce riflessa, nell’azzurro di un cielo lunare. Allora dell’uomo non sono che le pieghe dell’esistere, opaco e plurisemico, i nembi che velano ineluttabilmente la verità.
Gli oli e gli acquerelli dell’artista sono latori della sfida impossibile della visione originaria d’indistinzione fra la dimensione soggettuale e la dimensione oggettuale, riproponendo quel tutto in un punto calviniano dell’istante primo a densità infinita, che genera l’espansione della molteplicità della vita. Le rievocazioni pittoriche del principio sono la testimonianza di un’ontogenesi che ricapitola la nascita del cosmo, nella memoria immemoriale delle immagini archetipiche e metaindividuali dello sviluppo della vita cosmica, che rinasce in ogni vita singola. Il simbolismo dell’uovo cosmico è l’espressione congiunta e armonica di sé e d’altro, che trattiene all’interno la compresenza degli opposti, prima del big bang generatore della scissione duale di affermazione e negazione, inscritta in un movimento dalla sintesi impossibile. Questo principio unitario è un archetipo concentrico e pulsante, che lega le sinestesie di occhio, di battito cardiaco, di plesso solare alle forze atomiche e alle rotazioni dei sistemi planetari, in qualità di dono che elargisce l’anima del mondo, che rappresenta il vaso filosofico dell’alchimista, a risalire all’embrione primo della sintesi onnisciente, eternamente autogenerante della vita. La costituzione universale primeva, che si fonda nell’indifferenziazione unitaria della totalità, abita l’inconscio collettivo dell’uomo quale luogo edenico coessenziale dimenticato e feralmente negato alla coscienza.
L’arte scultorea del Rabbai invita allora alla dimensione propria dell’uomo, alla dimensione segnica, al luogo lunare e secondo, che non potendo la visione diretta della luce solare della verità originaria nell’indistinzione, esprime la luce riflessa, il lucore notturno del significante, in romantico rinvio del senso ultimo. Le lune lignee dell’artista figurano il movimento inarrestabile del divenire della visione umana, fra rivelazione ed occultamento, fra luce e ombra, fra coscienza ed inconscio, alla rêverie immaginante di Selene, la luna piena, Artemide la crescente, Ecate, fra le lune germane quella calante e fino al novilunio di luna nera, quando ella giace con il suo amato Endimione dormiente. La connessione fra la donna e la luna supera le distanze e le differenze culturali nell’archetipo del luogo gravido di luce prima, di vita filiale, di senso eternante.
Il languore della luna è il grembo di sublimazione del sentimento rivolto alla donna amata. Come un’Afrodite, la donna lunare declina il piacere della visione diretta della sua luce: il riflesso è il cinto transferale, fra nascondimento e manifestazione, che trasmuta il piacere in desiderio di senso dell’uomo, ad eternare la volontà rivolta all’oggetto d’amore. La luna vive nel rimando inarrestabile, nell’alterità irriducibile. Lo scultore che intaglia la luna così in ella ravvede riflessa la sua luce prima, la sua verità inesauribile, così da vincere, nel movimento di riconoscimento a specchio di sé, puranche la sua finitudine”. (prof.ssa Fulvia Minetti)
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