Quanto dura un applauso? Solitamente il tempo che passa tra il buio alla fine dello spettacolo e l’uscire dal teatro. Se l’interprete è stato bravo prosegue, muto, per qualche ora o, raramente, qualche giorno.
Eppure a volte non si interrompe e l’applauso non solo dura molto più a lungo ma, addirittura, supera il tempo. Rendersi conto, quindi, che una persona sia riuscita a passare dal ruolo di protagonista, in vita, a mito, una volta calato il sipario, è il grande fascino di un centenario.
Ma è anche, e forse soprattutto, l’occasione per un nuovo approfondimento e ulteriori riflessioni che puntano alla ricerca, al confronto e a una dialettica con le nuove generazioni. È per questo che è sorto un comitato nazionale per le celebrazioni, presieduto da Giordano Bruno Guerri, all’interno del quale un ruolo di rilievo ricopre Pierfranco Bruni, curatore di questa importante collettanea nella quale le comparazioni tra letteratura, teatro e storia sono fondamentali.
Nel libro “Come l’onda sulla duna, la Divina che divenne fuoco”, Solfanelli editore, la partecipazione di numerosi studiosi, di docenti universitari, di storici e letterati, oltre che di esperti di teatro, gli elementi dell’universo Duse ci sono tutti e si avvertono già dalle prime pagine e dalla struttura complessiva del lavoro.
La Duse è una donna e un’attrice che intercetta due epoche, rinnovando il modo di fare teatro e di leggere personaggi e intellettuali che hanno caratterizzato tutto il primo Novecento con le eredità di un Ottocento che ha visto la cultura italiana diventare identità nazionale.
Mi riferisco all’importanza del teatro dusiano, che in un intreccio sperimentale con l’opera complessiva di Pirandello e soprattutto con la nascita di un teatro di poesia, vede d’Annunzio al centro di un vocabolario innovativo che arricchirà i modelli linguistici di tutto il Novecento con il radicamento nella visione interpretativa della tragicità greca e dell’ ironia della commedia latina.
Infatti, la Duse è l’interprete del senso tragico greco, la lettura di Nietzsche è fondamentale in questo aspetto, e della vis comico tragica della commedia latina con tutto il fiorire della “maschera” delle pose.
Ma la Divina è anche l’interprete di un processo storico nella cultura tout court e il suo legame con il Vate non soltanto sentimentale, ma profondamente culturale, va proprio in questa direzione.
Le scelte sulle proposte teatrali definiscono, infatti, una rivoluzione, sia sul piano della definizione dei personaggi rappresentati, sia sulle modalità sceniche e la visione tragica che trasforma il percorso melodrammatico in una dimensione, appunto, tragica del ruolo rivestito dal processo storico.
Si pensi a tutta la linea russa.
Si pensi a quella francese con Hugo.
Si pensi a Shakespeare.
Si pensi al Dante del V Canto dell’Inferno.
Notevole è un dato che rivoluziona il linguaggio teatrale italiano.
Eleonora Duse recita sempre in lingua italiana.
Questa scelta costituisce un forte legame con una italianità ben espressa, soprattutto quando la Divina si trova a rappresentare opere di autori non italiani.
Un tassello che segnerà in positivo tutto il teatro del Novecento italiano.
Questi e altri spunti emergono con evidenza nel presente lavoro.
La Duse resta, chiaramente, centrale, ma il suo rapporto con d’Annunzio è fondamentale. Perché è proprio il Vate, in fondo, che la incoraggia e la spinge, condividendo opere scritte dallo stesso e molte indicazioni, atte a portare avanti il messaggio, forse necessario in quel contesto, della italianità. Ma è anche l’unico in grado di sottrarle, ingiustamente, il ruolo di protagonista della propria vita.
Insomma, è un testo che si apre a una piacevole lettura e innesca un nuovo dibattito anche all’interno del mondo scolastico e accademico.
Eleonora Duse si esibì davanti a personaggi che hanno fatto la storia della cultura mondiale e lo fece sempre in italiano. Eppure, anche all’estero, la sua espressività fu in grado di sconvolgere gli spettatori solo apparentemente incapaci di comprenderla.
Proprio uno di loro, Charlie Chaplin, in una recensione che definire entusiastica sarebbe riduttivo e che può essere definita, visto che fu scritta due mesi prima della morte della Duse, l’epitaffio perfetto, scrisse che “un movimento delle sue mani è più magicamente espressivo che cento parole dette con il tono più vibrante” e questo libro prova, con il movimento delle mani degli autori, sapientemente coinvolti da Pierfranco Bruni, a riportare su un odierno palcoscenico un mito come Eleonora Duse. Anzi, ha un merito decisamente superiore: quello di contribuire a darle un nuovo pubblico.
In fin dei conti non potrebbe fare nulla di diverso perché lei, divina, dal palcoscenico della storia, non è mai scesa.
*Scrittore. Capo della segreteria tecnica del Ministro della Cultura
(Dalla Postazione al volume)
(Photocover: a dx Giordano Bruno Guerri – Pierfranco Bruni )