Dalla presentazione di fine tirocinio all’assunzione a tempo indeterminato, poi gli studi per la laurea e il dottorato e infine la nomina a CEO di importanti realtà internazionali: Cristina Scocchia, attualmente alla guida di Illycaffè, racconta la sua storia in un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera”.
Cristina Scocchia: i primi passi della carriera
“Era in inglese e la mia conoscenza della lingua non era così forte all’epoca”: è ancora vivido il ricordo di quella presentazione di fine tirocinio che Cristina Scocchia tenne ai tempi del suo stage in Procter&Gamble, lo stesso che diede inizio alla sua carriera. Il suo lavoro venne infatti apprezzato dall’AD che le propose un contratto a tempo indeterminato, a patto che finesse gli studi con il massimo dei voti e migliorasse il suo inglese. “Ho lavorato per 16 anni per una multinazionale che non solo mi ha formato ma mi ha permesso di crescere. Quando ho cominciato il dottorato ero a Ginevra, ho trovato nell’Università di Torino i migliori corsi in economia aziendale. Mi sono iscritta e sono riuscita a conseguire un Phd da remoto, continuando a lavorare in azienda”, racconta la CEO di Illycaffè, riconoscendo di essere stata particolarmente “fortunata”. Non perché non se lo meritasse, tutt’altro. “Ho lavorato tanto: di giorno in ufficio, la sera sui libri”, rammenta. La sua fortuna è più che altro legata al fatto che siano poche le aziende “in grado di riconoscere e premiare il merito”.
Cristina Scocchia: l’importanza della meritocrazia
La lunga esperienza alla Procter&Gamble le ha fatto da scuola, fornendogli tutti gli strumenti necessari per guidare poi, nel ruolo di AD, realtà del calibro di L’Oréal, KIKO Milano e, infine, Illycaffè. Adesso che si trova dall’altra parte, Cristina Scocchia cerca di promuovere tra i ragazzi quella stessa meritocrazia che le ha consentito di arrivare fin lì. “I nostri tirocinanti sono tutti retribuiti. Come lo erano in KIKO Milano. Alcuni di questi stanno facendo carriera. Auguro loro di poter raggiungere qualsiasi traguardo abbiano in mente”, riporta la manager, secondo la quale “non c’è solo un divario uomo-donna nel nostro Paese. C’è un divario tra ricchi e poveri”. Per questo motivo, nell’Italia dei 1.000 contratti atipici in cui si è arrivati a parlare di dover obbligare per legge le aziende a retribuire i giovani in tirocinio, Cristina Scocchia afferma: “Mi piace poco l’idea di imporre le cose per legge. Ma per quanto mi riguarda le pari opportunità cominciano da lì”. E conclude: “Io non avrei potuto fare uno stage in forma gratuita. Posso dire che senza quel tirocinio difficilmente sarei diventata Amministratore Delegato”.