L’esposizione si propone di esplorare il percorso artistico di Betsabeé Romero attraverso opere commissionate e nuove
installazioni, ed è il risultato della lunga relazione tra l’artista e il Museo Molaa. Il suo lavoro infatti fa parte della
collezione permanente del Museo e, al termine della mostra come Evento Collaterale della 60. Esposizione
Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, sarà allestita nel 2025 al MOLAA a Long Beach, Califonia USA.
Le linee e i concetti curatoriali si diramano lungo le sale degli spazi espositivi della Fondazione Bevilacqua La Masa, con
l’implicita premessa di indagare il tema “Stranieri ovunque” titolo di questa 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La
Biennale di Venezia.
La mostra presenta diverse sezioni che creano un approccio differente a questo cruciale argomento, facendo emergere
idee e concetti dal corpus delle opere evidenziando dualità, tensioni, conflitti e fratture nella nostra cultura e storia.
L’artista ha sviluppato inizialmente una forte narrativa ponendo l'accento sull'esperienza di essere straniero nel mondo.
Dal punto di vista dei molti a cui manca un territorio dove trovare rifugio e sopravvivere. Parla di chi nella fuga si scontra
con confini politici ed economici, sempre estranei ed escludenti; dallo specchio che non ci riconosce, che dubita,
osserva, ignora e distorce. Da specchi che non includono identità e generi, al di là delle classificazioni e discriminazioni
obsolete. Dalle case in cui prevale la violenza, esercitata da coloro che ne hanno raccolto il testimone, come un pugnale
che segna arbitrariamente confini che definiscono il loro potere di piccoli patriarchi, a scapito della vita delle donne e
dei bambini, vulnerabili e indifesi. Dalle comunità più sagge e coerenti che hanno dovuto nascondersi per difendere i
propri luoghi sacri e salvare il mondo dalla barbarie, a cui ha condotto la logica dell'avidità e del consumo eccessivo.
La mostra è divisa in sei sezioni. L’esperienza estetica inizia con l'installazione “Segni per guidarci verso l'esilio”, che
mette in discussione il concetto e le esperienze di migrazione avvenute prima, durante e dopo il nostro tempo, ed
evidenzia come una comunità possa contribuire a smantellare l'orrore e le ingiustizie. Attraverso l’opera “Identità”,
alcuni specchi concavi di sicurezza, che rivestiranno completamente la sala, osserveranno e distorceranno la nostra
immagine. Specchi mappati e truccati, con linee dure e confinanti, specchi rotti in un universo rotto. “Barbed Borders”
esplora la sofferenza che causa i confini. Sono linee imposte che si oppongono alla necessità, alla sopravvivenza e alla
comprensione, cicatrici che sanguinano il mondo. Linee che ci inseguono per tutta la vita, inscritte sul corpo, incise nei
piedi, nelle impronte che lasciamo. Linee crudeli, spigoli malati e mortali. L’installazione “Totem rotolanti di gomma e
oro” introduce il visitatore alla mobilità e nei totem urbani su ruote, ruote incise a mano che un tempo erano strumenti
di memoria, timbri cilindrici che hanno impresso la storia in tutte le culture dell'umanità. Le ruote occidentali hanno
cambiato l’andamento della corsa, dando priorità alla velocità e all'oblio per continuare a travolgere. Questi pneumatici
riciclati rivendicano la direzione opposta alla modernità; invece di servire sulle autostrade e ai veicoli del potere, si
muovono all'indietro, azionati manualmente per ricordare e rendere visibile ciò che la velocità aveva lasciato dietro di
sé, per non vederlo più. Un totem mobile dell'iconografia indigena di tutte le Americhe, ricami e ceramiche, stele e
oggetti in pietra provenienti da diverse regioni e culture. “Nel punto di fuga delle ombre” l’artista riflette sulla cultura
come casa che portiamo all’interno di un rifugio sopravvissuta all’ombra di tutti i poteri. Infine, “Feathers of a spiral
sunrise”, e un viaggio attraverso una spirale senza fine, la saggezza che semina e germina in cicli, un compendio rotante
di voli collettivi e accattivanti. Lumaca dalle ali circolari e labirintiche, una cresta orizzontale e infinita, veste
architettonica e rituale, uno spazio dove tutti possono entrare e abitare.
La mostra è realizzata con il sostegno di William S. & Michelle Ciccarelli Lerach e Santiago García Galván.
Sarà inoltre accompagnata da una pubblicazione e una brochure disponibile per i visitatori.
Domenica 21 aprile alle ore 14 conversazione aperta al pubblico tra Betsabeé Romero e la curatrice Gabriela Urtiaga, a
seguire alle ore 16 una loro visita guidata.
Betsabeé Romero è un'artista che ha avuto l'opportunità di vivere e produrre il suo lavoro in paesi, culture e contesti
diversi. Gabriela Urtiaga scrive di lei «Betsabeé è uno spirito nomade sempre alla ricerca di nuove esperienze e
prospettive, con un focus sull’esame di diversi temi essenziali e urgenti per il pubblico internazionale. Lavora con una
forte consapevolezza di questioni come la migrazione, i ruoli di genere, le tradizioni culturali, la religiosità, il meticciato
e la memoria individuale e collettiva. Il suo metodo di trasgredire i limiti delle diverse categorie stabilite, di rendere
visibile l'ingiustizia nel mondo come punto di esame e invito all'azione, viene ridefinito come un impegno comunitario
attraverso un dialogo tra arte, giustizia sociale e patrimonio, che interagiscono per il bene comune. L’artista ha
sviluppato una forte narrativa iniziale che si concentra sull’esperienza di essere straniero nel mondo, e dal punto di vista
di molti a cui manca il territorio per cercare rifugio e sopravvivere».
Info
Dal mercoledì alla domenica dalle 10:30 alle 17:30 | Ingresso gratuito | Tel. +39 041 2747555
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