Esiste un grande mito che si perpetua all'interno della forza lavoro, secondo il quale esisterebbe uno scontro tra le generazioni più vecchie e quelle più giovani. È vero, esistono esperienze specifiche che influenzano e condizionano ciascuna generazione, ma i potenziali scontri tra i dipendenti non hanno tanto a che fare con il gap generazionale, quanto piuttosto con le differenze caratteriali e comportamentali tra i lavoratori. Gli esperti di Hogan Assessments, società leader a livello globale nella valutazione della personalità sul posto di lavoro e nella consulenza per la leadership, hanno individuato tre fattori chiave che contribuiscono a creare una maggiore armonia in un luogo di lavoro multigenerazionale.
Fattore numero 1: età, non generazione
È facile ipotizzare che le generazioni dei baby boomer, della Gen X, dei millennial e della Gen Z differiscano tutte tra loro in modo significativo, in quanto ciascuna generazione è entrata a far parte della forza lavoro in condizioni drasticamente diverse. Tuttavia, è un dato di fatto che, quando si tratta di relazioni sul luogo di lavoro, gli effetti dell'età hanno sempre il sopravvento sugli effetti generazionali, in quanto l'età gioca un ruolo molto più importante nella formazione della personalità di un individuo.
“I dati sulla personalità di un baby boomer e di un lavoratore della Gen Z raccolti alla stessa età mostreranno differenze minime o inesistenti legate alla generazione di appartenenza. Questo perché i fattori inerenti alla personalità tendono a rimanere costanti tra le varie età. Per esempio, le priorità e i desideri di un ventenne rimarranno gli stessi a prescindere dal decennio in cui l’individuo aveva quell'età”, spiega il dottor Ryne Sherman. All'inizio della propria carriera, i lavoratori, in media, tendono a essere in qualche modo più emotivi, audaci, temerari e propensi al rischio. Questi punti di forza della personalità possono risultare utili a chi ha meno esperienza lavorativa. Negli individui con maggiore seniority, queste stesse caratteristiche potrebbero sembrare tratti immaturi o irresponsabili, con conseguenti possibili scontri tra i team.
Fattore numero 2: generazioni diverse hanno motivazioni diverse
Una delle sfide che i leader si trovano a dover affrontare è nel dover coinvolgere una forza lavoro multigenerazionale, composta da persone che differiscono tra loro in termini di percezione e approccio al lavoro. Ad esempio, la Gen Z è la più diversificata della storia dal punto di vista etnico e di genere, e i suoi membri sono più propensi di qualsiasi altra generazione precedente ad aspettarsi che le aziende adottino programmi di inclusività (DE&I). Quindi, la ricerca di aziende che adottano queste misure costituirà una priorità maggiore per la Gen Z rispetto alle generazioni più anziane.
Le persone più giovani tendono a privilegiare la socializzazione, il networking e la collaborazione con gli altri, mentre quelle più in là negli anni preferiscono un lavoro più solitario e non sentono il bisogno di socializzare. Le persone più in là con gli anni sono inoltre meno propense a cercare il riconoscimento pubblico dei propri contributi e degli obiettivi raggiunti e preferiscono concentrarsi sui risultati piuttosto che dedicare tempo alla socializzazione. “Sebbene sia utile prendere in considerazione le differenze generazionali sopra descritte quando si gestiscono team multigenerazionali, è importante ricordare e rispettare ogni membro del team come individuo e cercare di capire le sue motivazioni sul lavoro”, osserva il dottor Ryne Sherman.
Fattore numero 3: guidare con successo un team multigenerazionale
Quello che le persone vogliono non è determinato dall'appartenenza alla propria generazione. Gli adulti che entrano oggi a far parte della forza lavoro hanno caratteristiche in comune con i loro omologhi baby boomer quando questi erano all’inizio della loro carriera. Chi vuole sapere come guidare la generazione di oggi dovrebbe ricordare i propri obiettivi di carriera al momento dell'ingresso nella forza lavoro, come la stabilità e l'opportunità di crescita professionale.
Per mantenere il proprio impegno, le persone più giovani cercheranno un riconoscimento, una celebrazione del proprio ruolo e fattori che consentano di conciliare la vita lavorativa con quella privata. I più giovani preferiscono lavori in cui possono esercitare un’influenza sugli altri, sfidare se stessi e concentrarsi sui risultati e sul successo. Cercano inoltre un senso di certezza e di prevedibilità, mentre le persone più in là negli anni preferiscono mantenere i metodi di lavoro tradizionali, rispettare il senso della gerarchia ed essere “buoni cittadini” dell'azienda. “La maggior parte della nostra personalità deriva dalle differenze individuali. Trattare le persone come individui anziché come membri di una generazione rappresenta l'approccio migliore nel lavoro e nella vita. La chiave è trovare un equilibrio tra questi punti di vista e offrire un ambiente in grado di realizzare il giusto compromesso”, spiega il dottor Ryne Sherman.