Una vita felice è la principale aspirazione di ogni essere umano.
Sembra essere l’obiettivo fondamentale in grado di dare la forza di esistere.
Che senso avrebbe una vita in cui non vi è felicità?
Come sarebbe possibile una vita dove vi è solo dolore e sofferenza?
La felicità ci dà speranza, è lo spiraglio attraverso cui passa una luce che riempie di colore la nostra esistenza. I modi per realizzarla possono essere diversi e dipendono da come si intende questo stato. C’è chi la ricerca attraverso il denaro, chi con il potere, chi con il successo, chi con la pienezza spirituale, chi con la bellezza estetica, chi con l’amore, chi attraverso una vita tranquilla oppure ricca di esperienze.
Differenti sono le strade per raggiungerla ma identico è l’obiettivo a cui si aspira.
Una prima questione è però stabilire se questo sentimento sia reale e non solo un’illusione del pensiero. Come spesso accade, le parole creano idee e concetti (e non il contrario) e la questione è ancora più delicata per quanto riguarda le emozioni. L’essere umano cerca parole per descrivere i propri stati d’animo, prova a circoscriverli, definirli, isolarli, non considerando che, in realtà, la nostra vita psichica è un tutt’uno, unico ed indivisibile. La nostra mente scompone per cercare di capire, frammenta stati interiori e li denomina. Così crede di conoscersi meglio.
Per questo felicità potrebbe essere un artefatto, un vocabolo fittizio, che cerca di descrivere un sentimento non sempre così univoco e chiaro. Provate a riflettere nel momento in cui vi dite “sono felice” e vi ritroverete in un magma indefinito e variabile di sensazioni fisiche, psichiche, spirituali. I sentimenti e le emozioni sono fenomeni vari e soggettivi, mutevoli e sfuggenti, difficilmente catalogabili e quantificabili. Essi sono dimensioni che variano di intensità e qualità, senza mai avere stabilità e delimitazione. Basti pensare alla sensazione di dolore, fenomeno chiaro ed evidente, la cui quantificazione, indipendentemente dalla sua origine, richiede l’uso di scale soggettive.
In modo analogo potremmo creare una scala della felicità? Una dimensione di questo sentimento che varia da 1 a 10? Oppure ci stiamo crogiolando nello studio di una emozione virtuale? Un fatto interessante è che neurologicamente le vie del piacere sono identiche a quelle del dolore. Cioè, ad livello fisico, le fibre nervose che conducono le sensazioni di piacere sono le stesse che conducono le sensazioni di dolore. Ciò vuol dire che è fondamentale la rielaborazione mentale, il significato, il senso che viene attribuito ad una sensazione che ne definisce l’effetto. Le sensazioni del corpo e della mente esistono e vivono dentro di noi senza poter mai essere oggettivate, osservate, toccate.
Secondo la teoria del realismo depressivo i soggetti affetti da depressione lieve o di grado medio possiedono una visione più chiara e lucida della realtà rispetto a soggetti non depressi. Le persone depresse avrebbero una valutazione più realistica dell’esistenza, senza più illusioni riguardanti la possibilità che la vita possa essere felice e spensierata. La vita vera, nuda e cruda, quella di tutti i giorni, quella della gente normale, è dura, spietata, senza speranza. La vita vera è dolore e sofferenza. Morte e malattia si susseguono inevitabilmente, conflitti e problemi compaiono inesorabilmente. Una vita felice sembra una illusione per animi semplici, una visione della realtà finta e infantile. La felicità è solo un piccolo momento, transitorio e precario, che ci illude ed inganna. Un bagliore che scompare repentinamente. In questo senso sperare di avere una vita felice sembra essere il risultato di una visione superficiale ed ingenua che non tiene conto della realtà effettiva della nostra esistenza. Felicità sembra essere un inganno per chi non vuol vedere che la vita è tutta un’altra cosa.
La felicità è un sentimento che va e viene, si affaccia sulla nostra vita e poi scompare, oscurato dai mille problemi che inevitabilmente sopraggiungono. Ciò fa sì che si possa solo aspirare alla felicità, consapevoli di non poterla mai raggiungere definitivamente. Come un qualcosa che continuamente sfioriamo, perdiamo e poi vogliamo riavere.
Prof. Lodovico E. Berra
Medico specialista in psichiatria, psicoterapeuta, direttore dell’ Istituto Superiore di formazione e ricerca in Filosofia, Psicologia, Psichiatria, ISFiPP Torino, docente stabilizzato di psicobiologia e psicologia fisiologica, Università Pontificia Salesiana, direttore del Master triennale di specializzazione in Counseling Filosofico, presidente fondatore della Società Italiana di Counseling Filosofico (SICoF) e della Società Italiana di Psicoterapia Esistenziale (SIPE), autore di numerosi lavori scientifici nel campo della psichiatria e della psicoterapia.
www.lodovicoberra.it
Fonte notizia
www.sscf.it Una-Vita-Felice-principale-aspirazione.html