Una convenzione tra Casa Circondariale di Arezzo e Casa di Riposo “Fossombroni” per lo svolgimento di lavori di pubblica utilità. Le due realtà cittadine sono unite da uno storico legame che, fino alla brusca interruzione per l’emergenza sanitaria, ha permesso nel corso degli anni di prevedere numerose attività comuni e che ora ha trovato nuova linfa con l’attivazione di un protocollo denominato “Mi riscatto per”.
Questa convenzione fornirà la possibilità a quattro persone detenute di condurre volontariamente una serie di mansioni al servizio dei bisogni della Casa di Riposo “Fossombroni” per incarichi quali, ad esempio, la pulizia, la manutenzione e la conservazione degli spazi verdi interni e esterni della stessa struttura per anziani. «La nostra casa di riposo - ricorda la presidente Debora Testi, - è da sempre votata al sociale, dimostrando attenzione e sensibilità verso le esigenze del territorio e della città. Questa natura è confermata dal legame che da anni ci lega ai nostri “vicini” del carcere e che è stato rinnovato con questo protocollo che offre i nostri spazi esterni all’esigenza di prevedere specifici percorsi di reinserimento, anche lavorativo, per i detenuti».
La convenzione si inserisce sul solco della legge 345 del 1975 che prevede che detenuti e internati possano chiedere di essere ammessi a prestare la loro attività a titolo volontario e gratuito nell’ambito di progetti di pubblica utilità anche al servizio di enti di assistenza sociale tra cui rientrano le stesse case di riposo. Queste attività sono caratterizzate da un’importante funzione sociale perché permettono al condannato di svolgere mansioni di carattere rieducativo secondo le proprie esigenze personali orientate anche ad acquisire competenze e conoscenze professionali spendibili nella fase post-detentiva, ponendo inoltre la propria opera al servizio dei bisogni della comunità locale. L’intervento sarà coordinato nel rispetto delle misure di sicurezza con il coordinamento dell’assistente capo Leopoldino Berti. «L’uscita dalle mura del carcere è uno dei nostri obiettivi - spiega Giuseppe Renna, direttore della Casa Circondariale di Arezzo. - Il percorso rieducativo di un detenuto deve essere anche all’esterno della casa circondariale per portare del bene alla comunità e per riuscire così a restituire un cittadino utile per la società. Tutte queste finalità sono perseguite proprio con il progetto avviato con la Casa di Riposo “Fossombroni”».
La convenzione, di durata biennale e rinnovabile tacitamente di anno in anno, è stata progettata con l’obiettivo di garantire continuità ai lavori anche in caso di nuovo peggioramento della situazione sanitaria e di conseguente chiusura delle case di riposo. Le diverse mansioni individuate di volta in volta dalla Casa di Riposo “Fossombroni” e concordate con la Casa Circondariale possono infatti essere svolte interamente all’esterno e all’aria aperta, senza ingresso nei locali della struttura e senza contatto con i suoi ospiti. Il compito della casa di riposo sarà, d’altro canto, di garantire la conformità del lavoro in materia di sicurezza e igiene degli ambienti, il rispetto delle norme e la predisposizione delle misure necessarie a tutelare, anche attraverso appositi dispositivi di protezione individuale, l’integrità fisica e morale dei soggetti coinvolti. Il valore del progetto è testimoniato dalla presenza, al momento della stipula della convenzione, anche dell’assessore Alessandro Casi, di Antonio Rauti (consigliere con delega al sociale della Casa di Riposo “Fossombroni”), di Lido Lucci (consigliere con delega al patrimonio della Casa di Riposo “Fossombroni”), di Stefano Rossi (direttore della Casa di Riposo “Fossombroni”), del commissario Luigi Bove (comandante della Casa Circondariale di Arezzo) e di Fabiola Papi (responsabile dell’area educativa della Casa Circondariale di Arezzo). «Questo accordo - aggiunge Lucia Tanti, vicesindaco e assessore alle politiche sociali del Comune di Arezzo, - dimostra come sia possibile valorizzare la dimensione rieducativa e di forte reinserimento sociale che il nostro sistema carcerario culturalmente e praticamente porta con sé. La dinamica di responsabilizzazione e di coinvolgimento di chi giustamente sconta una pena rappresenta un elemento imprescindibile per una comunità sana che sa armonizzare appunto la pena con la ripartenza. Sono molto contenta che la Casa Pia sia luogo di reinserimento, così come sono molto contenta che la Casa Circondariale di Arezzo mostri alla città il valore del sistema che è capace di tenere insieme rigore e rieducazione. Il messaggio che da qui vogliamo dare è proprio questo: tenere insieme questi due aspetti dove l’uno non esclude l’altro ma anzi insieme ci restituiscono percorsi virtuosi».