«Il valore di questa mostra e del catalogo che la accompagna – ha commentato il Sindaco di Udine Pietro Fontanini – sta soprattutto nel fatto di aver saputo legare le vicende umane degli studiosi e degli appassionati al loro contesto storico e alla dimensione archeologica e antropologica. In questo modo essa ci aiuta a capire le complesse conoscenze degli antichi abitatori del Friuli e a ricostruire le vie del commercio, dato che alcune delle materie prime utilizzate provengono da aree lontane.
La nostra Regione, ricca di grotte, molte delle quali si aprono nelle Prealpi Giulie, a due passi da Udine, ha fatto da culla e da palestra per la speleologia non solo friulana ma nazionale. Nell’organizzare questa mostra, il Museo Archeologico di Udine e il Museo Friulano di Storia Naturale hanno saputo integrare gli aspetti naturalistici a quelli archeologici, permettendo in questo modo una lettura a 360° di un tassello di territorio e di alcune importanti pagine di storia del nostro Friuli».
Considerato uno dei principali eventi in Europa dedicati alla scienza, all’innovazione e al loro rapporto con la società a cadenza biennale,
𝘈𝘯𝘵𝘪𝘤𝘩𝘪 𝘢𝘣𝘪𝘵𝘢𝘵𝘰𝘳𝘪 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘨𝘳𝘰𝘵𝘵𝘦 𝘪𝘯 𝘍𝘳𝘪𝘶𝘭𝘪 si prefigge di raccontare l’utilizzo delle grotte a partire dalla Preistoria attraverso le tracce lasciate dagli animali e dagli uomini che le hanno visitate dal Paleolitico inferiore a oggi, secondo un approccio interdisciplinare («Un accostamento tra storia e scienza, tra uomo e natura, tipico della Preistoria», come racconta Paola Visentini, curatrice insieme a Giuseppe Muscio anche del notevole catalogo), una comunicazione accessibile e un uso ecosostenibile dei materiali impiegati nell'allestimento.
Alla fine dell’Ottocento, sulla scia di quanto da alcuni decenni già avveniva nell’area classica del Carso, vicina ma allora parte dell’impero Austro-Ungarico, anche in Friuli si accende l’interesse per l’esplorazione delle grotte e lo studio del fenomeno carsico. Da allora le grotte conosciute nel settore prealpino orientale, dalle Valli del Torre sino a quelle del Natisone e dello Judrio, esplorate ed inserite nel catasto grotte, sono oltre ottocento. Alcune rappresentano semplici ripari; altre sistemi sotterranei complessi che si sviluppano per chilometri.
Le prime ricerche preistoriche risalgono per l'esattezza al 1877 a opera di Camillo Marinoni, a cui seguirà l’attività di famosi naturalisti quali Achille Tellini, Giovanni Battista De Gasperi, Egidio Feruglio, Francesco Musoni, Ardito Desio, soci del Circolo Speleologico e Idrologico Friulano, e protagonisti della grande scuola geografica italiana di Giovanni Marinelli.
L’esposizione si articola in quattro sale, su un’estensione di circa 250 mq ed è collegata, grazie a una scala interna, all’esposizione permanente del Museo Archeologico.
La prima sala racconta il carsismo della regione e i contatti e le interazioni delle aree friulane, soprattutto nel III millennio a.C.; la seconda narra la ricerca archeologica e speleologica; la terza si concentra sulle Valli del Natisone nella preistoria più antica; nella quarta, invece, si trovano di nuovo elementi del III millennio a.C. e del Medioevo con un approfondimento relativo alle faune rinvenute in grotta.
Oltre all’approccio storico, che ha consentito l’individuazione, lo studio e addirittura l’evoluzione della disciplina paletnologica in regione, viene presentato un approccio più tecnologico, che fa emergere dei dati inaspettati da reperti apparentemente semplici, consentendo una ricostruzione accurata dei contesti archeologici assai antichi. Ricordiamo, a titolo di esempio, lo studio genetico sui campioni di suini provenienti dai diversi livelli del sito del Riparo di Biarzo che hanno messo in discussione la provenienza di questa specie domestica dal Vicino Oriente, ipotizzandone una domesticazione locale.
L’esposizione consente inoltre di approfondire le conoscenze sulle Valli del Natisone a partire dalla Preistoria con il Riparo di Biarzo: da questo sito provengono strumenti in selce, manufatti in osso, conchiglie forate e resti faunistici che sono stati sottoposti ad analisi diagnostiche allo scopo di ricostruire i modi di vita dei gruppi di cacciatori-raccoglitori che frequentavano le Valli 13000 anni fa.
Una frequentazione che non può che essere legata al popolamento del fondovalle e motivata da ragioni che possono essere ricondotte alla necessità di stabulazione degli animali durante i periodi di sosta, al bisogno di una pausa lungo i percorsi di caccia, di fienagione, di ricerca delle materie prime, di attività fusorie o, ancora, legata ai nuovi rituali funerari.
Due gli obiettivi del progetto: coinvolgere un pubblico il più ampio possibile e promuovere il patrimonio culturale e ambientale del Friuli-Venezia Giulia.
In tal senso, va la scelta di affiancare alla fruizione dei materiali originali, postazioni multimediali e/o multisensoriali che consentono una modalità personalizzabile per il visitatore a seconda della sua condizione fisica, della sua preparazione culturale e sensibilità.
Altra scelta fatta in tal senso è quella di un'app in italiano e inglese che accompagna il visitatore lungo tutto il percorso espositivo.
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Pubblicato in data 18-06-2021 | hits (946) | da: Jessica T.
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