Bologna ancora sotto choc per la morte della giovane donna originaria del Camerun, uccisa e fatta a pezzi dal fidanzato, Jacques Honoré Ngouet, anch'egli camerunense. La vittima, Emma Pezemo, aveva 31 anni, era molto più giovane del compagno, 43 anni, che poi si era suicidato. Alla base di questo delitto sconvolgente, c'è molto probabilmente anche un problema sanitario (era ospite di una comunità per problemi psichici) che accompagnava la vita dell'immigrato, ma c'è soprattutto una cultura dove i diritti della donna sono negati.
Questo tremendo caso di femminicidio-suicidio pone molti interrogativi e rilancia il problema della parità di genere, dei diritti negati delle donne, la cui vita viene troppo spesso considerata proprietà del compagno.
Questa condizione di subordinazione, che talvolta la donna è costretta a vivere, è fatta talvolta i violenze fisiche, tal'altra di violenza psicologica, fatta di vessazioni, costrizioni, divieti, minacce. E la vita quotidiana spesso lancia dei segnali che, se colti in tempo, potrebbero permettere di evitare conseguenze tragiche e devastanti
Quello che si delinea come un caso drammatico di suicidio-femminicidio torna a porre l'accento sulla parità di genere, l'educazione al rispetto. Dietro la follia dell'omicidio, la dissezione del corpo e l'immagine del cassonetto come luogo naturale dove gettare i rifiuti, la "parità di genere sembra un concetto troppo lontano anche solo per poterlo menzionare".
«La violenza psicologica domestica e nella coppia precede sempre l'abuso fisico. Per questo bisogna sensibilizzare le possibili vittime - ancora una volta soprattutto donne - perché riconoscano i primi segnali di abuso psicologico e possibilmente si mettano in salvo». Parla così Bruna Colacicco, presidente dell'associazione "Scrivere contro la violenza". Colacicco, pediatra e scrittrice, è stata anche delegata alle pari opportunità del Municipio 6 del Comune di Milano dove ha ideato l'apertura del primo "Sportello Donna" del Municipio. Da anni, svolge un lavoro di sensibilizzazione contro la violenza di genere e la violenza assistita, con eventi e dibattiti in diverse sedi, fra cui anche alla casa Museo Alda Merini, di cui è stata presidente.
Colacicco pone l'accento sulla particolare condizione che riguarda le donne immigrate che giungono nel nostro paese. «L'immigrazione da altri paesi in cui pure la sopraffazione della cultura maschilista è endemica, fa sì che la nostra attenzione debba essere rivolta anche alle donne extraeuropee che si trovano spesso in condizione di particolare isolamento sociale. Anche se in questo caso la vittima orribilmente trucidata sembrava discretamente integrata e stava conseguendo un titolo di studio in infermieristica».