5 marzo 2021 – Migliorare l’aderenza alla terapia, prevenire complicanze gravi come
encefalopatia epatica e ascite, potenziare l’assistenza domiciliare, formare il paziente
e il caregiver, rendere sostenibili le cure e aumentare la qualità e l’aspettativa di vita.
Questi gli argomenti discussi, con i principali interlocutori della Regione Lazio, durante il
Webinar: "Focus Lazio. La realtà italiana della cirrosi epatica in epoca pandemica tra
terapie e impatto socio economico”, organizzato da Motore Sanità grazie alla
sponsorizzazione non condizionante di Alfasigma S.p.A.
Particolare attenzione è stata data alla necessità di prevenire l’encefalopatia epatica
dato che è la più invalidante complicanza della cirrosi, causa di ripetuti ricoveri, di
problemi per tutto il contesto familiare del paziente e di un aggravio dei costi per il SSN.
“Il paziente con cirrosi epatica necessita di stretta sinergia tra specialista e il medico di base,
avendo bisogno di regolari controlli del suo stato di salute. In questo periodo di pandemia ci
sono stati non pochi impedimenti a causa delle difficoltà all’interno delle strutture ospedaliere
e si è capito come sia indispensabile da parte del medico di base individuare al meglio già a
casa i sintomi ed eventuali complicanze che possano svilupparsi così da limitare al minimo i
passaggi nei nosocomi. Protocolli diagnostico-terapeutici innovativi e disponibilità di farmaci
efficaci per il trattamento della cirrosi possono sicuramente migliorare il decorso della malattia,
ma è importante monitorare un paziente quando ad esempio è affetto da obesità, diabete o
ipertensione, perché anche se all’inizio non ha sintomi ad un certo punto può sviluppare
complicanze in ritardo per intervenire”, ha detto Antonio Gasbarrini, Direttore Dipartimento
Scienze Mediche e Chirurgiche Policlinico Gemelli, Roma
“Appare sempre più chiaro che il fegato è un organo non soltanto digestivo ma
fondamentalmente coinvolto
come in numerosi processi metabolici. Non a caso la epatosteatosi
rappresenta un percentuale sempre in crescita fra le malattie del fegato con un rischio collegato
di trasformazione in cirrosi. Spesso la steatosi epatica complica diabete, obesità, dislipidemie,
disordini alimentari, oltre che notoriamente, l’abuso di alcool, e quindi a queste malattie e
problematiche cliniche va dedicata molta attenzione, con cure adeguate e programmi di
prevenzione. Grande è il ruolo dei clinici, in particolare gli internisti, che accolgono nei reparti di
Medicina Interna quasi il 50% dei pazienti con cirrosi che ogni anno vengono ricoverati. Il
dramma della pandemia COVID-19 attraversa globalmente tutto il panorama delle malattie. Le
epatopatie al pari di altre sono state meno trattate e studiate, e i pazienti sono stati meno seguiti.
Secondo una recente survey dell’AISF Associazione studio fegato, nell’anno appena trascorso è
stata osservata ‘una contrazione delle attività ambulatoriali non urgenti nei pazienti con malattie
croniche di fegato. In particolar modo, nei pazienti con epatite cronica non cirrotica le visite di
controllo ambulatoriali sono state ridotte nel 12.43% dei centri, sospese nel 27.81%, e gestite da
remoto via e- mail e/o telefono nel 40.24%. Risultati analoghi sono stati osservati per le visite di
controllo dei pazienti con cirrosi compensata (riduzione nel 22.49%, sospensione nel 13.61%,
gestione da remoto nel 44.38%). Una importante contrazione delle visite è stata documentata
anche nei pazienti a più elevata intensità di cura ovvero con cirrosi epatica scompensata
(riduzione nel 27.22%, sospensione nel 13.61%, gestione da remoto nel 17.16%). In corso di
pandemia le epatopatie sono apparse un fattore di rischio molto frequentemente associata al
COVID con rischio di esito fatale. Secondo i dati ISS, una epatopatia cronica è presente nel
4,1 % delle donne con Covid e nel 5,1% degli uomini. I cirrotici risultano fra i pazienti
‘estremamente vulnerabili’ inseriti nella lista di priorità vaccinale”, ha raccontato Dario
Manfellotto, Direttore dipartimento medicina interna Fatebenefratelli Roma e Presidente FADOI
Ivan Gardini, Presidente EpaC Onlus ha raccontato, “considerato l'incremento attuale dei contagi
del virus SarsCov-2 siamo molto preoccupati per i pazienti con cirrosi epatica perché dovrebbero
effettuare controlli e procedure sanitarie a cadenza periodica e molto spesso questi esami si
svolgono in ambito ospedaliero. Sono oltre 100.000 i pazienti con cirrosi e malattia avanzata già
curati dall'epatite C ma ancora a rischio di sviluppare un tumore del fegato, inoltre, ci sono almeno
altri 100.000 casi correlati ad altre patologie come alcol, obesità, epatite B, ecc. La preoccupazione
vale anche per anche per tutti i pazienti con malattia avanzata che devono iniziare una qualunque
terapia, ad esempio per l’eradicazione del virus dell'epatite C. Un recente studio (Kondili LA,
Marcellusi A, Ryder S, Craxì A. Will the COVID-19 pandemic affect HCV disease burden?
Digestive and Liver Disease, 2020 52(9). https://doi.org/10.
1016/j.dld.2020.05.040)ha stimato
che ritardare l'inizio delle cure di 12 mesi, decuplica le complicanze e i decessi nei 5 anni successivi.
È quindi indispensabile indicare quali sono le prestazioni differibili da quelle indifferibili in questi
pazienti ad alto rischio di complicanze. Le cure e il monitoraggio dei malati cronici a rischio
dovrebbero continuare attraverso approcci innovativi come il telemonitoraggio e la telemedicina
oppure decentralizzando esami e prestazioni spostandoli dall'ospedale al territorio per evitare di
esporre i pazienti fragili a rischi inutili. Sarebbe anche di grande aiuto semplificare gli atti burocratici
come rinnovare automaticamente i piani terapeutici, consentire il ritiro dei farmaci ospedalieri presso
la farmacia di fiducia o consegnarli direttamente a casa, incrementare le confezioni erogabili e tutte le
altre modifiche di natura amministrativa che possono incidere positivamente sulla qualità di vita di
pazienti cronici che devono restare sempre più protetti e monitorati come raccomandato da tutti gli
esperti”.