Musone Salvatore un forte atleta con la corsa stampata nel DNA, da piccolo aveva questa passione tanto da partecipare da minorenne a gare e vincerle con facilità, sempre pronto a sfidare se stesso e gli altri, con gli anni i chilometri da percorrere e la fatica lo impressionavano sempre di meno e così si è spinto in gare sempre più dure fino ad arrivare a percorrere la 100km con un risultato di rilievo, si seguito ci racconta la sua esperienza di ultramaratoneta.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare? “Si, a Roma in maratona sono riuscito a finirla in 2h43’12”, 69° assoluto, 3° di categoria. Era il top per me, poi, grazie ad alcuni amici con la stessa preparazione sono riuscito a fare il famoso salto di qualità spingendomi oltre, maratona conclusa in 2h 39’15” mio record e quando mi sono spinto a finire la 100 km in 8h 27’ grandissima soddisfazione.”
Sempre più performante Salvatore, soprattutto in maratona non temeva la fatica e nemmeno i chilometri, con dedizioni e programmi di allenamento riesce ad ottenere brillanti risultanti soprattutto grazi anche ad amici di allenamento ed ora è lui che diventato tecnino FIDAL allena podisti, maratoneti ed ultramaratoneti.
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Penso che con il trascorrere degli anni a furia di macinare tantissimi kilometri l’organismo paga le conseguenza, sarebbe troppo bello non smettere.”
Bisogna farsene una ragione, prima o poi arriva il momento di mollare, ma sui può vivere di riflesso attraverso lo sport degli altri, amici, famigliari o atleti che si allenano.
Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta? “Essere ultramaratoneta significa andare avanti senza limiti, non mi stanco di cercare competizioni sempre più dure. Solo per un serio infortunio di salute si smette a malincuore, purtroppo come nel mio caso.”
Se c’è da fermarsi per qualsiasi motivo bisogna accettare e arrendersi, la vita va avanti uguale con altri hobbies e passioni è importante avere sempre un piano B.
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme? “La convinzione di potercela fare, perché la mia corsa l’ho sempre considerata come un viaggio alla scoperta di cose nuove, infatti mi piace molto il panorama che mi circonda, cerco di assaporare gli odori dell’ambiente che mi fanno distrarre e nel contempo mi fanno “macinare” km senza pensare alla fatica.”
La corsa non è solo sforzo fisico ma anche tutto ciò che contorna il gesto atletico, dai panorama dei luoghi di allenamento o gara, alle persone che incontri, alle sensazioni che si sperimentano.
Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile? “Il passatore e la 8 ore di capraia, maratona delle forche caudine.”
C’è una gara estrema che non faresti mai? “Tutte quelle gare dove devi arrivare ai cancelli in un determinato orario altrimenti sei squalificato.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “Non credo di spingere oltre il mio fisico, perche con il passare degli anni ti rendi conto che oltre non puoi andare.”
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme? “Li ringrazio per la loro presenza, che mi hanno sempre aiutato e spronato anche se… alcuni amici qualche volta mi dicono di lasciar perdere.”
Che significa per te partecipare ad una gara estrema? “Partecipare ad una sfida di andare oltre il limite e lo faccio grazie all’ appoggio di mia moglie e le mie due figlie che mi hanno sempre sostenuto ed incoraggiato: questo è stata la mia forza per andare avanti.”
Per fare un sport a certi livelli è importante essere sereno e soprattutto circondarsi di persone che ti sostengono.
Ti va di raccontare un aneddoto? “Avevo 15 anni, ero andato all’ospedale a far visita a mio padre, lui mi ha visto turbato e mi ha chiesto il perché, gli ho detto che c’era una gara podistica al paese, mio padre sapeva che la corsa ce l’avevo nel sangue mi ha autorizzato a partecipare. Vado di corsa alla partenza, purtroppo non faccio in tempo ad iscrivermi ma corro lo stesso, arrivo primo classificato. Ovviamente non mi vogliono dare il premio, lì c’erano tante persone anziane. Una di loro mi ha detto: te la sentiresti di correre di nuovo, io gli ho risposto di sì. Poi ha parlato con il secondo arrivato che non era d’accordo a ripetere la gara. Mi hanno premiato. A distanza di qualche anno, mi sono fidanzato, e il papà della mia ragazza era quel signore che poi è diventato mio suocero. Dopo tanti anni gli ho regalato la coppa vinta a quella gara.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Sono diventato più socievole ed ilare, l’esperienza più bella e gratificante è che mi hanno spesso chiamato a fare il pace maker alle gare, e quando vedo che non ce la fanno, distraggo molto i podisti tanto che dopo il 21° km e con cadenza ogni 2 km racconto barzellette cosi da non fargli pesare i km.”
E’ bello fare qualcosa anche per gli altri, sostenere gli altri nel loro impegno, nel voler portare a termine gare importanti come la maratona.
Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa? “C’è stata una grande comprensione da parte di mia moglie, ha fatto degli enormi sacrifici standomi sempre al fianco.”
Se potessi tornare indietro cosa faresti? O non faresti? “Prima di tutto cercherei di cambiare il mio carattere per poter emergere come hanno fatto tanti miei colleghi che sono stati premiati nonostante avessero tempi più scarsi.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Sono sempre stato contrario ai farmaci ed integratori, fanno solo ed esclusivamente male all’organismo.”
Ai fini del certificato per attività agonistica, fai indagini più accurate? Quali? “Il più delle volte mi affido ad un amico compaesano che mi trattiene per quasi 3 ore per vari test e nell’occasione una volta l’anno ecocardiogramma, scintigrafia ed ogni 6 mesi analisi complete del sangue e urine.”
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva? “Purtroppo qualche anno fa ho avuto una ischemia subendocardica ed il professore mi ha detto che grazie a questa attività mi sono salvato, altre persone con la mia stessa età sarebbero morte, grazie alla corsa il muscolo cardiaco non ha permesso all’ischemia di irradiarsi, cosa che sarebbe successa a qualsiasi persona non sportiva, ma non tutti i medici la pensano così.”
Hai un sogno nel cassetto? “Penso che tutti hanno un sogno nel cassetto, dato che non posso fare più attività agonistica ma solo amatoriale, il mio sogno è quello di trasmettere la mia esperienza e soprattutto passione agli altri e chissà che ne venga fuori un campione.”
La vita è un ciclo continuo, si diventa atleti e poi è importante e bello trasmettere le proprie competenze alle nuove leve.
http://www.ibs.it/libri/simone+matteo/libri+di+matteo+simone.html
Fonte notizia
www.psicologiadellosport.net