23 Dicembre 2020 - Una delle preoccupanti considerazioni derivate dalla pandemia
da SARS-COV-2 è stata che il virus non aggredisce solo i polmoni con una polmonite
interstiziale che lesiona seriamente gli alveoli e trombizza i piccoli vasi conducendo ad
una insufficienza respiratoria talora mortale, ma attacca tutti gli organi causando
alcuni deficit che probabilmente permangono a lungo e con conseguenze importanti.
Recentemente una pubblicazione della Rockfeller University riporta l’individuazione dei
pazienti “long-haulers”, cioè persone che dopo una infezione iniziale spesso moderata e
curata a domicilio, non riescono a guarire e rimangono incapacitati perché non respirano
adeguatamente e presentano una serie di altri sintomi cronici come costanti dolori al
petto e al cuore, sintomi intestinali, mal di testa, incapacità a concentrarsi, perdita di
memoria, tachicardia anche al solo passaggio da sdraiati a seduti. Ma anche debolezza
neuromuscolare, fatica, mancanza di respiro soprattutto sotto sforzo, tosse e
moltissima debolezza. Altre alterazioni: riduzione dell’olfatto e dei gusti e disturbi del
sonno. Inoltre, ci sono probabilità che vadano incontro a stroke più o meno gravi o ad
attacco ischemico transitorio nell'immediato ma anche nel medio-periodo legati
all'alterazione della coagulazione. Questo è il quadro presentato durante il webinar
“Organopatia da Covid-19. Diagnosi, terapia e follow up” organizzato da Motore Sanità.
I dati parlano chiaro: tra 1/5 e 1/10 dei pazienti soffrono di sintomi che durano più di un
mese, mentre in un paziente su 45 (2,2%) perdurano per più di 3 mesi. Attualmente nel
mondo sono segnalate circa 4 milioni di persone con sequele e malattia con sequele
croniche. Sono colpiti sia pazienti che hanno avuto una infezione grave sia lieve e/o
moderata. Una parte di questi pazienti hanno una permanenza del virus annidata in alcuni
organi che determina una pioggia citochinica continua con stato infiammatorio e, se si giunge
ad immunodepressione, anche alla riattivazione della malattia con aggravamento importante.
Cuore, cervello, apparato gastrointestinale, rene sono gli organi colpiti con conseguenze talora
pesanti, da cui l’importanza di una consapevolezza clinica delle patologie derivanti, a partire
dalla loro diagnosi, terapia e soprattutto follow up come organizzato da alcune Regioni al fine di
capire l’importanza e la varietà dei residui post Covid nei cittadini contagiati.
Oggi c’è un farmaco che modula gli effetti della tempesta citochimica e potrebbe avere
influenza anche su manifestazioni croniche.
“La somministrazione del Baricitinib, medicinale già impiegato per la cura dell’artrite reumatoide,
e usato in modo “off-label sui 20 pazienti affetti dalle forme più gravi di Covid-19, ha mostrato in
7 giorni di somministrazione una marcata riduzione dei livelli sierici delle citochine infiammatorie
mentre i linfociti T e B circolanti ritornano alla norma e il titolo anticorpale contro il virus si alza –
ha spiegato Vincenzo Bronte, Direttore Immunologia AOUI Verona – in altri termini, il farmaco
ripristina la capacità difensiva del sistema immunitario danneggiata dal Covid. I risultati sono
stati confermati da uno studio clinico statunitense che ha visto la somministrazione del Baricitinib
in combinazione con il Remdesivir su una popolazione di 1.000 pazienti con polmonite da Covid-19”.
Secondo una analisi condotta dalla Pneumologia dell’Ospedale di Cremona, a 5-6 mesi dalla
dimissione, su circa 400 pazienti già ricontrollati, la più frequente sintomatologia riferita è
astenia, affaticabilità, dolori diffusi, dispnea inspiratoria a riposo, senso di costrizione
toracica, alterazione del sonno, ansia e paura. Il 90% della sintomatologia è legata a problema
ansioso e a stress. Anche gli operatori sanitari riportano gravi conseguenze.
“Si registra una condizione di elevato impatto emotivo – ha spiegato Giancarlo Bosio, Direttore
Pneumologia Ospedale di Cremona -: la paura di infettarsi è stata elevata ma comunque minore della
paura di infettare i familiari; il livello di benessere soggettivo è drasticamente diminuito e anche nella
fase successiva post emergenziale non è tornata ai livelli precedenti: l'impatto emotivo è stato
generalizzato e sono presenti per alcuni operatori manifestazioni persistenti degli eventi critici associate
a difficoltà nel sonno e ad ansia; quasi due operatori su 3 accetta un supporto o sostegno emotivo”.
Quello che già si sta osservando negli ambulatori è una recidiva dei pazienti che hanno una sindrome
dell'intestino irritabile, che hanno avuto un'infezione da Covid, l’elemento trigger che riaccende i
sintomi funzionali.
“Ma ci sono dei pazienti che non hanno mai avuto sintomi funzionali, hanno fatto l’infezione da Covid e
sviluppano una sindrome tipica della sindrome dell’intestino irritabile, e non è una cosa nuova – ha
ammesso Franco Radaelli, Direttore UOC Gastroenterologia Ospedale Valduce di Como -. Sappiamo
che dopo una infezione del tratto gastroenterico circa un 10% dei pazienti sviluppa una sindrome
dell'intestino irritabile post-infettiva. Il danno citopatico diretto del virus dà un'alterazione della
permeabilità intestinale che dà una attivazione del sistema immunitario enterico che porta un'alterata
motilità, una iperalgesia viscerale, a una disbiosi intestinale (i tre meccanismi fisiopatologici principali dei
disturbi funzionali dell'apparato gastroenterico). Inoltre, la sindrome post Covid è caratterizzata da
un'alterazione dello stato psichico (ansia, depressione), che nel doppio legame che c'è nell'asse
cervello-intestino influenza negativamente la percezione di tutti i sintomi gastrointestinali. Ci aspetteremo
nel prossimo futuro proprio un aumento dei pazienti nelle cliniche dei disturbi funzionali che hanno avuto
infezione da Covid”.
C’è una relazione importante tra le malattie cardiovascolari e il Covid.
“Sia perché che le malattie cardiovascolari preesistenti, in qualche modo, influenzano la prognosi e la
storia clinica del paziente Covid, sia perché il Covid di per sé determina malattie cardiovascolari - ha
spiegato Claudio Bilato, Direttore UO Cardiologia Ospedale "Cazzavillan" Arzignano -. Sicuramente
c'è una persistenza di sintomi post Covid che sembrerebbe non riguardare almeno in gran parte la
patologia cardiovascolare, ma sicuramente i danni miocardici e polmonari accusati durante l’infezione
da Covid possono determinare delle sequele importanti non solo in termini di scompenso ma, per
esempio, se si pensa ad una fibrosi polmonare, può determinare una ipertensione polmonare cronica,
malattia che sicuramente oltre a rappresentare una prognosi compromessa peggiora anche
drasticamente la qualità di vita”.
Quando parliamo di qualità di vita post Covid si devono considerare le caratteristiche cliniche dei
pazienti trattati. “Ipertesi nel 64,5% dei casi, problematiche cardiache quasi nel 29% dei casi, diabetici
nel 21%, obesi nel 18,8%, con dislipidemia nel 17,7% dei casi, con problemi oncologici nel 16,7% e
con problematiche neurologiche legate alla senescenza nel 50% dei casi e con terapie molto complesse
nel 67% - ha snocciolato i dati Sebastiano Marra, Direttore Dipartimento Cardiologia Villa Pia Hospital
Torino che, a 60 giorni dal ricovero acuto, nel programma di riabilitazione, ha registrato un buon recupero
di questi pazienti “sia sui parametri oggettivi sia su quelli clinici di recupero di soggettività e di
normalizzazione della vita”.
Presso l’IRCCS San Martino di Genova è stato creato un follow up a brevissimo termine per monitorare
il paziente dimesso dalla terapia intensiva e sottoporlo ad un vero e proprio programma di riabilitazione
intenso in cui la fisioterapia ha un ruolo fondamentale.
“I pazienti vengono mantenuti dai 3 ai 10 ai 15 giorni perché almeno il 30%-35% di loro presentano
ulteriori problematiche che necessitano di essere trattate in maniera molto rapida - ha spiegato Paolo Pelosi,
Professore Ordinario in Anestesiologia e Rianimazione, Direttore UOC Anestesia e Terapia Intensiva IRCCS
San Martino Genova -. E’ estremamente importante il monitoraggio continuo della saturazione e della fatica
respiratoria e l’intubazione precoce nei pazienti con grave difficoltà respiratoria”.
“E’ necessario un controllo prolungato nel tempo dei pazienti e i sistemi di telemonitoraggio, teleconsulto,
teleriabilitazione possono svolgere un ruolo estremamente importante per affrontare in modo concreto questi
problemi che si prolungano dopo la dimissione, considerando che non tutti i pazienti possono essere seguiti
in modo ambulatoriale tradizionale – ha spiegato Franco Molteni, Direttore UOC Recupero e Riabilitazione
Funzionale Villa Beretta Costa Masnaga -. Ovviamente è fondamentale un follow up costante che dirà, nel
lungo periodo, su quali ulteriori problematiche dovremo concentrare la nostra attenzione dal punto di vista
riabilitativo per restituire pienamente questi pazienti alla loro vita pre Covid”.
Invece, per affrontare le positività persistenti in pazienti e operatori sanitari, nei laboratori di Microbiologia e
Virologia dell’Azienda Ospedale Università di Padova sono stati messi a punto degli esami molecolari ulteriori
per poter dare degli aiuti ulteriori ai clinici.
“Il nostro obiettivo è verificare se queste bassissime positività persistenti sono legate ad un virus che è ancora
in fase replicativa oppure se sono solo una scia in cui il virus non è più infettante – ha spiegato Lucia Rossi,
Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedale Università di Padova -. In questi mesi, in parallelo abbiamo
fatto sia le colture cellulari sia la ricerca del mRNA subgenomico – ha aggiunto Elisa Franchin, Microbiologia
e Virologia dell’Azienda Ospedale Università di Padova -. Stiamo adottando questi tipi criteri di ricerca del
campione del virus per la gestione dei pazienti e del personale che deve rientrare al lavoro”.
“A fronte di un numero importante di ricoveri negli ospedali e di ricoveri in terapie intensive, quindi di un
importante numero di pazienti che dovranno essere presi in carico dopo le dimissioni, le istituzioni devono
pensare di favorire lo sviluppo di percorsi appropriati di salute nell’ambito di queste patologie - ha spiegato
Franco Ripa, Responsabile Programmazione dei Servizi Sanitari e Socio Sanitari Regione Piemonte -
ovvero modelli che devono partire da linee guida, che devono essere tradotti dal punto di vista organizzativo
e soprattutto valutati”.
Riportiamo qui di seguito il link per scaricare il comunicato stampa: COMUNICATO STAMPA