18 Dicembre 2020 - La diabetologia pediatrica ha compiuto in questi anni passi giganteschi
nell’approccio e nella gestione del paziente: tecnologia online, seppur adottate a macchia di
leopardo (dal teleconsulto alla televisita) a supporto dell’assistenza, e nuove formulazioni
terapeutiche e nuovi strumenti di gestione (infusori per la somministrazione continua di
insulina e sensori per il monitoraggio continuo della glicemia) che consentono oggi di
ottimizzare queste due operazioni e di offrire un controllo del diabete sempre più efficace.
Ma la diagnosi tempestiva resta l’arma più importante per affrontare le diverse forme
del diabete.
Come il diabete di tipo 1, in lenta ma continua crescita, che oggi interessa
maggiormente la fascia dell’età prescolare e necessita della somministrazione di insulina
più volte al giorno e di un controllo costante della glicemia. Registra una incidenza di circa 8
bambini su 100 mila con maggiore frequenza nelle bambine (rapporto di 1 a 5).
Secondo i dati emersi dall’incontro webinar “Crescere con il diabete. Bambini, ragazzi e
giovani adulti: dalla scoperta alla gestione del percorso assistenziale”, organizzato da
Diabete Italia Onlus e Mondosanità e con il contributo incondizionato di SANOFI, circa
1.700 pazienti (7-10%) che ogni anno vengono diagnosticati con diabete in età pediatrica
arrivano da popolazioni in via di sviluppo e questo comporta dei grossi problemi di accesso
in ospedale e di colloquio e rapporto con il medico. Inoltre ancora oggi circa il 30% dei
bambini arrivano con una situazione di chetoacidosi, un’emergenza medica che se non
prontamente diagnosticata e trattata in modo adeguato è purtroppo tutt’ora causa di mortalità.
Gli esperti si appellano affinché vengano impiegate al meglio le tecnologie e perché venga
rafforzato il rapporto ospedale-territorio e medici-famiglie, per una migliore presa in carico del
piccolo paziente.
La diagnosi precoce è sicuramente importante per prevenire complicanze come la chetoacidosi
diabetica. “I dati nazionali stimano una percentuale che va dal 30% al 40%, in Europa ci sono
valori più bassi nei paesi dove l’incidenza di diabete è più alta, come la Finlandia in cui tutti
conoscono meglio il diabete, mentre purtroppo ci sono valori peggiori nelle nazioni in cui il sistema
sanitario e meno efficace – ha spiegato Stefano Zucchini, Dirigente Medico Policlinico
Sant’Orsola-Malpighi Bologna -. Durante la pandemia in cui i pazienti avevano paura a venire in
ospedale abbiamo avuto purtroppo a Bologna 30 nuove diagnosi di cui 10 in chetoacidodi, che
abbiamo ben curato e gestito, seppur con qualche ora di ritardo, grazie al network tra i pediatri che
hanno utilizzato video o telefonate”.
Chi ha un buon controllo della malattia soprattutto nei primi cinque rischia meno dal punto di
vista cardiovascolare nel futuro. “Da uno studio coordinato dal gruppo del professor Claudio
Maffeis dell’Università degli studi di Verona e condotto su 2.000 pazienti sul rischio di obesità,
ipertensione ed ipercolesterolemia, abbiamo scoperto che il 30% di loro presentava almeno
già un fattore di rischio, e proprio su questi aspetti bisogna che i nostri centri siano preparati
ad essere proattivi – ha spiegato Barbara Predieri, Professore Associato, Dipartimento
Scienze Mediche e Chirurgiche Materno-Infantili e Adulto Università Unimore Modena e
Reggio Emilia -. Il diabete è una malattia cronica, non è guaribile e la speranza dei pazienti
e delle associazioni è che presto possa arrivare una cura, ma è ben curabile quindi è
importantissimo al termine del ricovero per esordio seguire regolarmente i nostri bambini e i
nostri adolescenti. In questo contesto è importante avere a livello nazionale e regionale dei
Pdta specifici che ci indicano anche come procedere e come seguire questi ragazzi”.
“E’ cambiata drasticamente la gestione della terapia nel bambino, in particolare con lo
sviluppo dei nuovi farmaci, sia tutti gli analoghi dell'insulina e di recente anche l’immissione
in commercio del glucagone in somministrazione nasale che ha risolto la paura
dell'ipoglicemia che condizionava molto spesso la vita dei genitori soprattutto durante le fasi
notturne, e soprattutto con lo sviluppo della tecnologia (sensori e microninfusori) che ormai
ci ha portato ad avere quasi a disposizione di ogni singola famiglia una sorta di piccolo
pancreas artificiale – ha spiegato Franco Cerutti, Direttore S.C Endocrinologia e
Diabetologia, Primario di Pediatria, Diabetologia e Malattie del ricambio, Ospedale Infantile
Regina Margherita, Torino e Professore Associato di Pediatria, Università degli Studi, Torino -.
Questo condiziona un miglior compenso, una facilitazione del monitoraggio glicemico in modo
continuo anche in remoto offrendoci la possibilità di seguire il bambino anche quando va a
scuola, con un effetto positivo sulla qualità della vita dei genitori, su quella del bambino forse
sarebbe interessante fare qualche studio in più. Queste novità hanno una forte richiesta di
utilizzo ma ancora rimangono aperte alcune questioni legate al costo elevato degli strumenti,
la necessità di personalizzare la loro scelta e personalizzarne la gestione, anche perché questi
strumenti hanno un costo e come medici dobbiamo essere responsabili dell’appropriatezza,
dell’accettabilità e soprattutto della sostenibilità nel tempo”.
La comunicazione tra medico e genitori ha un ruolo importante. “Il primo problema che una
famiglia necessita di risolvere dopo l’accertamento di un esordio di diabete è l’istruzione e la
formazione sulla malattia, affinché possa tornare a casa con la consapevolezza di saperla
gestire in quanto il diabete è una malattia che deve essere autogestita – spiega il professor
Fabiano Marra, Vice Presidente AGD -. Quindi i genitori devono essere formati su come
devono mangiare i propri figli, sulla corretta gestione della glicemia, come devono modulare
la somministrazione dell’insulina rispetto all’attività dei propri figli e poi devono ricevere
supporto psicologico. Questa malattia stravolge la vita sia dei piccolo paziente sia della famiglia”.
Non sempre e ovunque c'è una facilità di comunicazione tra i centri di riferimento regionali
e il territorio. “Su questo stiamo tendando di lavorare da tempo e il fatto anche che le
associazioni spesso creino un legame aiuta – ha spiegato Michele Mencacci, Vice Segretario
Regionale Umbria Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) -. Credo che la nostra
cooperazione possa avere anche in futuro, e sempre di più mi auguro, quel ruolo di vera
integrazione territorio-ospedale e ospedale-territorio. La sorveglianza di tutti gli aspetti legati alla
qualità della vita del bambino, del suo inserimento scolastico e legati alla sua salute psicofisica in
generale, anche con il sostegno delle figure di riferimento degli psicologi e attraverso dei
monitoraggi, che credo debbano essere più qualificati, come per esempio il questionario sulla
qualità di vita, sono aspetti sui quali possiamo essere di aiuto e che potrebbero dare una mano
anche agli specialisti di riferimento, che garantiscono la massima qualità delle cure e la massima
tecnologia attuale disponibile”.
E la telemedicina è di grande supporto, laddove è presente. “Sono convinto che la telemedicina
ha dato un grosso passo in avanti alla gestione della malattia anche se sicuramente avere un
rapporto diretto con il paziente è nettamente meglio. La telemedicina infatti non si deve fermare solo
esclusivamente alla messaggino per email o per whatsApp – ha spiegato Fortunato Lombardo,
Professore Associato Pediatria UOC Clinica Pediatrica Policlinico, Università di Messina -. Durante
la pandemia a noi diabetologi pediatri è servita tantissimo ed è utile tutt’ora, perché senza la
telemedicina e soprattutto la possibilità di vedere gli andamenti delle glicemie dei nostri pazienti non
siamo riusciti ad arrivare dove veramente siamo arrivati”.
“Stiamo utilizzando tutti gli strumenti a disposizione per fare in modo che i nostri piccoli ammalati
tornino a vivere al meglio la loro vita e per questo l’appello è a chi gli strumenti li ha di metterli a
disposizione: non perdiamo di vista l'importanza di continuare a seguire anche a distanza i nostri
bambini che sono diventati giovani adulti e che dovranno avere una vecchiaia il più possibile
serena” ha spiegato Pietro Buono, Direttore Attività Consultoriali e Assistenza Materno Infantile
Referente Telemedicina della Regione Campania -. Durante la pandemia abbiamo attivato il
sistema di televisita che pediatri di libera scelta e medici di medicina general possono richiedere
ai due centri di riferimento attraverso una ricetta dematerializzata”.
“Una delle cose importanti che si è realizzato grazie a questo lungo percorso con Motore Sanità e
Diabete Italia – ha concluso Rita Lidia Stara, Presidente Fe.D.ER Federazione Diabete
Emilia-Romagna - è che si è discusso spesso di diabete pediatrico affrontando quelle tematiche
che anche durante la giornata mondiale del diabete spesso vengono schiacciate dalle tematiche del
diabete dell'adulto. E’ un grande risultato e porteremo avanti questo bellissimo e virtuoso progetto”.