MILANO - Ore 16.30. La Bce è pronta ad aumentare le dimensioni del PEPP, il programma di acquisti di titoli in risposta alla pandemia, già a partire dalla riunione di giugno del consiglio direttivo nel caso le dimensioni dello stimolo risultassero inferiori a quanto necessario. E' quanto emerge dai resoconti dell'ultima riunione del board della Bce, il 30 aprile. Il Consiglio direttivo della Bce - si legge nei verbali - si dice pronto ad adeguare tutte le misure messe in campo in base alle necessità e in particolare "a incrementare le dimensioni del programma pandemico di acquisti di asset Pepp a ad adeguare la sua composizione, e potenzialmente gli altri strumenti se, alla luce delle informazioni che diventeranno disponibili prima del vertice di giugno, stabilisse che le dimensioni dello stimolo si stessero rivelando inferiori al necessario".
Già a fine aprile, nella conferenza successiva al Consiglio, la presidente Christine Lagarde aveva scandito: "Siamo assolutamente pronti a incrementare l’entità del PEPP e ad adeguarne la composizione, nella misura necessaria e finché le circostanze lo richiederanno. In ogni caso, il Consiglio direttivo è pronto ad adeguare tutti i suoi strumenti, ove opportuno, per assicurare che l’inflazione si avvicini stabilmente al livello perseguito, in linea il suo impegno alla simmetria". Il riferimento a giugno è legato al fatto che soltanto il prossimo mese saranno diffuse le proiezioni macroeconomiche della Bce e sarà quindi possibile capire se sarà necessario rafforzare lo stimolo.
Le indicazioni arrivate da Francoforte contribuiscono comunque a sostenere i listini europei nel pomeriggio, dopo una partenza in segno negativo sulla scia delle tensioni sul fronte asiatico. Nel Vecchio Contiente Milano è la più decisa, grazie alla buona verve delle banche, e verso la chiusura si porta in rialzo dell'1,41%. I titoli finanziari italiani beneficiano del calo dello spread sotto 210 punti base, con il rendimento sotto l'1,6 per cento. In ordine sparso le altre: Francoforte aggiunge 0,04%, Parigi lo 0,05% mentre Londra resta la più attardata a -0,67%.
Le tensioni geopolitiche che ruotano intorno alla Cina tornano come detto a pesare sui mercati finanziari, mentre si manifesta con sempre maggior chiarezza - si pensi ai dati sul lavoro negli Usa o in Italia - la devastazione della pandemia sul tessuto produttivo. Tanto da portare Pechino a non fissarsi obiettivi di crescita per l'anno in corso, come non accadeva dal 1990.
Procede in calo Wall Street, che oggi chiuderà un'ora prima, in vista del lungo weekend del Memorial Day. Il Dow Jones cede lo 0,36%, l'S&P500 lo 0,3% e il Nasdaq è piatto.
Parlando ai giornalisti, il presidente Trump ha confermato che Washington abbandonerà il trattato Open Skies a causa di presunte violazioni da parte di Mosca e ha minacciato una dura reazione se Pechino dovesse imporre una nuova legislazione sulla sicurezza nazionale ad Hong Kong, nel tentativo di spegnere le proteste pro-democrazia nell'ex colonia britannica. Una evenienza che ha portato la Borsa di Hong Kong a crollare del 5,5% finale per il timore delle annunciate "misure legali forti" per la sicurezza dell'ex colonia britannica. Tokyo ha perso invece lo 0,8%.
Il discorso annuale del premier cinese Li Keqiang ha provato a gettare acqua sul fuoco, confermando l'impegno a lavorare con gli Usa per dar seguito agli accordi sul commercio di Fase 1, che rischiano di esser spazzati via dal coronavirus.
Al di là delle tensioni politiche, resta aperta la ferita economica della pandemia. Come detto, per la prima volta dal 1990 Pechino ha deciso di non porsi obiettivi annui di crescita del Pil alimentando le incertezze. Sugli investitori ha pesato anche il dato che ha evidenziato come la scorsa settimana altre 2,43 milioni di persone hanno fatto richiesta per i sussidi di disoccupazione portando il numero totale di coloro che sono rimasti senza lavoro dall'inizio dell'emergenza da coronavirus negli Stati Uniti a quasi 39 milioni. L'incertezza sul futuro dell'economia cinese ha spinto in basso il petrolio: per il Wti un ribasso del 6,3% a 31,79 dollari al barile. Anche il Brent ha registrato un netto calo del 5%, portandosi a 34,27 dollari. A beneficiare del quadro instabile è piuttosto l'oro che si è stabilizzato, dopo i recenti cali, a 1.727,39 dollari l'oncia.
L'euro è in lieve calo sul dollaro in avvio delle contrattazioni: la moneta unica europea passa di mano a 1,0929 a contro 1,0949 di ieri sera dopo la chiusura di Wall Street. Sullo yen la moneta unica è in leggero rialzo a 117,41.
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