In questo libro, Davide Uria si propone di rendere l’arte contemporanea accessibile a tutti, attraverso un linguaggio semplice e ironico. L'ispirazione per questo progetto nasce dall’esperienza di insegnamento all'Università della Terza Età di Trani, dove ha avuto l'opportunità di spiegare l'arte a un pubblico curioso e desideroso di comprendere. Utilizzando Lucio Fontana e i suoi celebri tagli sulla tela come punto di partenza, Uria ci invita a esplorare non solo le opere dell'artista argentino, ma anche quelle di altri creativi, rivelando così le innovazioni e le rivoluzioni dell'arte contemporanea.
Davide Uria, nato nel 1987 a Trani, è un illustratore, poeta e autore laureato in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Bari. Ha esordito nel 2017 con la silloge Trame d'assenza e ha collaborato nel 2020 con Mariateresa Quercia al progetto Panacea. Al di là dell’abisso, segnalato da Artribune. Dopo, ha pubblicato Non mi vedi (2023) e Oltre Tempo (2024). Le sue poesie sono apparse su diverse riviste, tra cui Rai Poesia e Il Visionario, e sono state tradotte in spagnolo per la rivista peruviana Kametsa. Oltre alla scrittura, Uria insegna disegno e storia dell'arte presso l'Università della Terza Età di Trani, ha collaborato con il MART di Rovereto e ha ricoperto il ruolo di cultore della materia presso l'Accademia di Belle Arti di Bari. La sua prima pubblicazione artistica è Lucio Fontana spiegato a mia nonna: Perché i tagli sono opere d’arte.
Abbiamo fatto alcune domande a Davide per approfondire il suo libro e il suo approccio all’arte contemporanea.
D: Davide, com’è nata l’idea di questo libro? C’è stato un momento preciso che ha acceso questa ispirazione?
Davide Uria: L’idea si è evoluta con il tempo, ma un momento preciso c’è stato. Durante le mie lezioni all’Università della Terza Età, mi sono reso conto di come certe opere contemporanee potessero sembrare lontane e incomprensibili ai miei studenti. A volte spiegavo concetti a mia nonna, e osservando le sue reazioni e le sue domande, mi sono reso conto che un approccio ironico e familiare poteva davvero fare la differenza. L’idea di un dialogo immaginario con lei mi è sembrata un modo perfetto per avvicinare chiunque a questo mondo.
D: Perché hai scelto proprio Lucio Fontana come figura centrale del tuo libro? Cosa rappresenta per te e per il lettore?
Davide Uria: Fontana è un punto di partenza ideale perché i suoi “tagli” sono opere iconiche che incarnano il concetto di apertura verso nuove dimensioni. Sono semplici all’apparenza, ma nascondono un universo di interpretazioni. Molti li vedono come semplici squarci, quasi dei gesti casuali, e proprio per questo volevo far comprendere il loro valore. Fontana ci invita a vedere oltre, a esplorare mondi oltre la tela. Per me, lui rappresenta un simbolo dell’arte contemporanea stessa: all’inizio può sembrare difficile da comprendere, ma una volta che si coglie la sua essenza, si apre a mille possibilità.
D: Il libro esplora anche temi come i colori monocromatici e la ricerca dello spazio. Cosa pensi possa incuriosire maggiormente i lettori su questi aspetti?
Davide Uria: Credo che i lettori possano essere sorpresi dal concetto di monocromia, ad esempio. Un’opera monocromatica sembra semplice, quasi banale, eppure in quell’apparente semplicità si cela una riflessione sulla purezza, sull’essenzialità. Stesso discorso per lo spazio: non è solo il “vuoto”, ma uno spazio carico di significato. Questo è un concetto che spiego cercando sempre di riportarlo a qualcosa di tangibile e quotidiano. Mi auguro che il lettore veda come l’arte non sia solo una questione di tecniche, ma di sensazioni e pensieri che ci accompagnano nella vita.
D: C’è un capitolo o un episodio del libro a cui sei particolarmente affezionato?
Davide Uria: Certamente, sono molto legato al capitolo in cui esploro il “taglio” di Fontana, intrecciandolo con le influenze culturali argentine. Senza anticipare troppo, posso dire che questa interpretazione aggiunge uno strato inaspettato di significato all’opera di Fontana. Mi piace lasciare che sia il libro a svelare il legame, invitando i lettori a scoprire come un simbolo così semplice possa racchiudere riflessioni profonde su cultura, storia e identità.
D: Come descriveresti il tuo approccio all’arte contemporanea? In che modo la tua esperienza di insegnante ha influenzato la tua scrittura?
Davide Uria: Il mio approccio è sicuramente informale e accessibile. Penso che l’arte non debba essere imposta o eccessivamente concettualizzata; credo molto nel dialogo. La mia esperienza di insegnante mi ha insegnato che una buona spiegazione si adatta a chi hai di fronte. Perciò, nel libro, adotto un tono diretto, senza complicazioni, per trasmettere la passione e il piacere di capire le opere, proprio come cerco di fare con i miei studenti. L’ironia è uno strumento potente: aiuta a rimuovere le barriere e a rendere tutto più umano e comprensibile.
D: A chi consiglieresti di leggere “Lucio Fontana spiegato a mia nonna”? C’è un tipo di lettore che pensi possa apprezzarlo particolarmente?
Davide Uria: Penso che il libro possa parlare a chiunque, indipendentemente dal grado di esperienza artistica. È ideale per chi ama l’arte e vuole riscoprirla da una nuova prospettiva, ma anche per chi si sente un po’ intimorito o scettico verso l’arte contemporanea. Voglio che sia un libro che abbatta muri, che permetta di avvicinarsi all’arte con una mente aperta e senza timori. È un testo per gli appassionati, ma anche per i curiosi e per quelli che si sono sentiti dire “questo potresti farlo anche tu”.
D: Se dovessi descrivere il messaggio principale del libro in una frase, quale sarebbe?
Davide Uria: L’arte è per tutti, e anche le opere più “strane” hanno un significato che possiamo comprendere – basta trovare il linguaggio giusto per farlo.
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