La Russia nell’Europa delle culture e delle filosofie con Pierfranco Bruni tra mediterraneo e mondo asiatico
Vivere la letteratura russa e amarla in tempi, giustamente, non opportuni. Abbattere il pregiudizio e l'ottusità di chi avrebbe voluto rimuovere Dostoevskij dalle aule universitarie e abbatterne le strade, riflettere e chiedersi se davvero la cultura possa salvare. Questo e altro in Il tragico e la bellezza, il saggio sulla letteratura russa dello scrittore, due volte nominato al Nobel Pierfranco Bruni, nato in Calabria e profondamente legato alla sua terra e residente fra essa e la Puglia.
La Russia? È anacronistico parlare della Russia. Della letteratura che salva? Bisogna cercare la bellezza sempre. Sostiene Pierfranco Bruni nel suo importante saggio tra letteratura e filosofia dedicato proprio alla letteratura russa edito da Solfanelli: “Il tragico e la bellezza”, prefazione di Rosaria Scialpi.
Pierfranco Bruni sottolinea che è necessario penetrare la filosofia per entrare nelle stanze di quella letteratura che va dal primo Ottocento a tutto il Novecento e oltre. Gli scrittori del Novecento hanno sempre legato una cultura comparata che scava nella centralità della religiosità dell’uomo.
La cultura russa ha sempre guardato con attenzione all’Europa sia filosofica che poetica e narrativa. Anche il teatro italiano ha avuto la sua importanza. Tra Russia ed Europa. La Cultura Salva.
Pierfranco Bruni dialoga con gli scrittori russi. È un dialogo senza l’intolleranza “idiota” di “culture” che emarginano Dostoevskij e le arti o gli scrittori formatisi sulla cultura russa. La letteratura russa ha il realismo nell’inquieto esistere, una inquietudine che travolge tra la storia e la contemplazione.
Bisogna amare la Russia pur nella felicità plurinfelice da Evtushenko a Tolstoj, tra la luce e la tragica notte. In letteratura non può esserci “conservazione”, la creazione è sempre “rivoluzione”, ovvero innovazione nella forma e nella lingua.
Dalle civiltà moderne, ovvero da Dante all’epoca di Achmatova, l’errore è stato quello di confondere la “conservazione” con la “tradizione”. Nella Russia della civiltà letteraria il passaggio tra tradizione e conservazione è contradditorio.
Dostoevskij non amò mai la conservazione, da scrittore fu dentro la Tradizione, ma fu un rivoluzionario, perché fu un uomo libero. La sua filosofia ha la cromaticità dell’esistenzialismo, sul solco della tradizione ontologica che va da Socrate a Masullo. È questo l’itinerario del libro: un viaggio tra tradizione e rivoluzione che va da Dostoevskij a Rozanov, da Acmadulina a Brodski.
Qui si intreccia quella poesia che riguarda anche la linea di Esenin. Dostoevskij e Brodski sono in due contesti diversi ma lo spirito tra salvezza e bellezza la letteratura si veste anche di antropologia. Pierfranco Bruni focalizza l’attenzione su questi elementi in cui il senso drammatico diventa consapevolezza di una confessione storica, esistenziale e religiosa tra tragico e bellezza.