Nella prestigiosa sede del Palazzo Reale situato in Piazza del Plebiscito nel cuore della citta’ di Napoli, presso la sede della Fondazione Premio Napoli.
L’autore Massimo De Carolis spiega il suo libro aprendo uno scenario di internazionalizzazione, dove evoca alcune tematiche interessanti, aprendo un dibattito tra autore e pubblico presente, in sinergia con gli interventi della professoressa Laura Bazzicalupo dell’Universita’ degli Studi di Salerno, con l’attenta introduzione del Dott. Alfredo Guardiano Magistrato di Cassazione
L’autore illuminato dal pensiero del Filosofo Gramsci in un’affermazione: “il vecchio muore e il nuovo non può nascere” ci illumina attraverso le pagine del libro, dove evoca un’espressione gramsciana che non indica un semplice stato di crisi ma la generazione continua e instabile di una diversa normalità.
Il secondo chiama in causa l’intervento di patti, norme, promesse in senso lato che ne indirizzino forme di espressione e direzioni di sviluppo.
Sullo sfondo della contrapposizione emerge una delle tesi principali del testo. Il secolo dell’interregno, i cento anni che dagli anni venti del Novecento arriva ai nostri giorni, si caratterizza per un movimento che si potrebbe definire con due espressioni chiave: cronicizzazione esasperata dell’insicurezza e tentativo d’organizzazione diretta delle convenzioni.
Fino a un secolo fa, la dinamica sociale sembrava saldamente vincolata alle norme istituite dagli Stati e agli obblighi contrattuali che garantivano il funzionamento dei mercati. Eppure già allora, al di sotto dei meccanismi normativi dello Stato e del mercato, la vita collettiva era consegnata a un genere di accordi molto più informali, esenti da obblighi e promesse, che David Hume designava col termine di convenzioni, paragonandoli all’intesa spontanea che nasce tra due rematori sulla stessa barca, portati a imitare ciascuno il ritmo dell’altro. A lungo trascurate dai grandi meccanismi istituzionali, le dinamiche emulative che danno forma alle convenzioni sono gradualmente divenute, negli ultimi cento anni, il bersaglio principale di tecniche sempre più sofisticate di manipolazione e controllo, seduzione e governo, che hanno finito per creare una rete di legami sempre più fitti e opachi tra la politica e l’economia. Norme e contratti, in questa zona grigia, perdono la loro forza vincolante, lasciando trapelare una specie di normalità senza norme. Mentre le grandi istituzioni diventano così sempre più fragili. Al loro interno ha preso corpo un ordine sostitutivo, alimentato dal continuo scambio tra potere e valore. La difficoltà è che le convenzioni sono intrinsecamente ambivalenti: sempre in bilico tra la festa e la guerra, possono veicolare tanto l’accordo quanto il conflitto, tanto la stabilità quanto la crisi. Nell’universo della convenzionalità domina perciò l’insicurezza, non c’è limite al possibile e la normalità convive con lo spettro del tracollo di ogni ordine civile. Su un terreno così insidioso, le forze che aspirano a un nuovo equilibrio globale devono misurarsi con una rete di centri di dominio cresciuti alla frontiera tra politica ed economia, pronti a rendere cronica l’insicurezza pur di mantenere intatta la propria egemonia. La posta in palio, nello scontro, è il governo del mondo. E l’esito non è mai stato tanto incerto.