Benvenuto Procuratore Luigi Riello, parliamo del tema della criminalita’ organizzata presente nel Paese e nel territorio della Regione Campania. Come, secondo alcune sue attente considerazioni, potrebbe cambiare lo scenario in termini di Giustizia e rispetto per la Legge?
Parlando di criminalità organizzata che - nonostante i significativi successi dello Stato - continua ad esercitare il suo perverso potere e a condizionare la vita del Paese e della nostra regione, occorre ricordare che la Magistratura ha pagato un prezzo davvero alto di vite umane: pensiamo a ciò che è accaduto soprattutto in Sicilia. Falcone e Borsellino erano molto avanti rispetto agli altri, parlavano – già da anni - di “impoverire le mafie”. Le loro intuizioni sono state, pur tardivamente, seguite prima con il varo della Legge Rognoni - La Torre, nell’anno 1982 e, successivamente, attraverso una applicazione sempre più incisiva delle misure di prevenzione patrimoniale. Impoverire le mafie, “mettere le mani nelle tasche dei mafiosi”, questo è il primo obiettivo che dobbiamo perseguire, pur consapevoli delle enormi difficoltà’ che si incontrano lungo il percorso. Molto spesso si parla di mutazione genetica delle mafie. I mafiosi non sono più’, e già da tempo, solo dei delinquenti rozzi e sanguinari, con una vocazione parassitaria rispetto alle realtà produttive, a mezzo di estorsione ed usura, attività’ che purtroppo continuano ad essere fiorenti. Alcuni sodalizi criminosi sono diventati nel tempo dei veri e propri “cartelli”, con figure imprenditoriali, in qualche caso anche al vertice. In altri termini, c’è stato un enorme salto qualitativo che vede non di rado le cosche gestire affari in prima persona, entrare nel mondo politico, economico, finanziario. Lo Stato ha preso atto di questa realtà che ogni giorno rende sempre più’ difficile distinguere il mondo produttivo sano da quello marcio, gli imprenditori onesti da quelli mafiosi o collusi con la mafia. Ecco, qualcuno ha parlato efficacemente di “aristocrazia della mafia”, cioè di una forma raffinata di criminalità’ organizzata che esercita un controllo sovente asfissiante sul territorio in alcuni casi anche a mezzo di complici insospettabili, come professionisti, imprenditori, politici, ecc.
Procuratore, la mafia anche in politica?
Ci sono stati non pochi casi, ma attenti a non generalizzare poiché sarebbe ingeneroso parlare della classe politica in termini generali. Ci sono politici che svolgono il loro dovere con dignità, onore e coraggio; alcuni di costoro sono caduti sotto i colpi della mafia, pensiamo, per esempio, a Pio La Torre (autore della legge antimafia del 1982), al Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella e, purtroppo, a tanti altri. Sul tema del rapporto mafia-politica non ci può e non ci deve essere nessuna generalizzazione. Dobbiamo analizzare fatti concreti, senza mai diventare qualunquisti. Su questo piano, lo Stato si sta adoperando ed organizzando in modo sempre più moderno e adeguato, consapevole di dover districarsi tra famiglie mafiose che gestiscono veri e propri imperi, reti d’imprese, società di capitali, utilizzate per riciclare il denaro della droga, e non solo. Le mafie, in molti contesti, sono purtroppo diventate “un cliente affidabile”, questo è il punto dolente. Poi - soprattutto in zone povere e depresse dove lo Stato non è ancora adeguatamente presente - si è parlato di una sorta di “welfare” della camorra, della mafia e della “ndrangheta”, nel senso che molti giovani provenienti da quartieri-ghetto, da famiglie disastrate, che non vanno a scuola e che non vedono alternative, diventano facili prede dei criminali, richiamati dalle “sirene” del facile guadagno, del lusso, del posto di lavoro lucroso; in definitiva, questi giovani trovano nelle attività criminose anche una forma di rivalsa sociale assecondata e favorita da spregiudicati delinquenti alla ricerca di “soldati” da arruolare. Ritornando al tema della politica, già dicevo di non generalizzare: abbiamo sindaci bravissimi, amministratori capaci, anche in zone difficili. Questo bisogna dirlo e soprattutto occorre incoraggiare e sostenere chi opera in realtà così problematiche. Non dobbiamo, però, dimenticare lo scioglimento di non poche amministrazioni comunali. Un po’ in tutto il Sud ciò è accaduto; pensiamo, quanto alla Regione Campania, che abbiamo avuto in tempi recenti gli scioglimenti nelle amministrazioni comunali delle città di Torre Annunziata, Castellammare di Stabia, Marano di Napoli, e non solo. E’ il segno tangibile che la commissione tra mafia e politica, purtroppo, c’è.
E’ importante fare rete?
Bisogna fare sempre più rete, fra tutte le istituzioni; è vitale intensificare ciò che già avviene in maniera significativa. L’associazionismo virtuoso deve essere sempre più imponente; unitamente alla scuola in primis, alla Chiesa, e non solo, è necessario costruire un cordone culturale, economico, valoriale delle “forze sane”: non è facile, però già molto è stato fatto rispetto agli anni passati. Molto resta da fare e dobbiamo crederci: guai a non crederci. Solo così possiamo davvero farcela! La società è sempre più complessa, i problemi non vanno mai in letargo, il male è sempre in agguato, però è vitale organizzarsi. Mi piace dire che se c’è una criminalità’ organizzata, deve esserci una anti-criminalita’ altrettanto e più organizzata che riesca a contrastarla ed a fare da argine a queste forze negative che costituiscono un cappio per lo sviluppo autentico del Paese. L’obiettivo è certamente quello di reprimere i reati, ma sarebbe illusorio ritenere che questi problemi complicati si possano risolvere soltanto con i processi, con le manette, ecc. Certo, anche questi mezzi sono necessari, poiché bisogna far ben capire a chi infrange la legge, anche ai minorenni, il disvalore sociale delle proprie azioni, cercare di immetterli in un circuito virtuoso che sia l’esatto contrario di ciò che hanno imboccato. Dobbiamo bonificare sul piano sociale, economico e culturale. Se guardiamo alla realtà della citta’ di Napoli, ebbene esistono troppi “quartieri-ghetto” incubatori di devianza. Allora è imprescindibile puntare molto sulla scuola, sul lavoro, garantire vivibilità: ci sono zone dove ancora oggi non vi sono spazi di verde, di aggregazione, non c’è un minimo di attrezzatura sportiva. Insomma, è assolutamente necessario costruire alternative per questi giovani che spesso vivono in un ambiente molto difficile, in famiglie dove magari il padre è in carcere, la madre è una prostituta. Questi ragazzi senza guida – come già dicevamo - vengono spesso inevitabilmente attratti da modelli negativi, dal potere in quanto tale e dal potere ad ogni costo, dal fascino perverso degli “uomini di rispetto” che vengono temuti ed obbediti. Ritornando a quanto accennavamo, le forze sane ci sono, sono anche molte, ma bisogna coordinarsi più di quanto si è fatto fino ai giorni attuali. Vi sono dei germogli di rinascita: si è realizzato un polo universitario nel cuore di Scampia, si sta iniziando più intensamente ad operare sulle periferie finora abbandonate a se stesse. La Chiesa e le libere associazioni sono in campo. E’ ancora poco, ma dei passi in avanti sono stati realizzati. Dobbiamo crederci poiché questo non può essere un sogno, ma una realtà. La distanza tra sogni e realtà si chiama “azione”, come ha detto Nelson Mandela, aggiungendo che “un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso”. Per concludere sul punto, è indispensabile realizzare delle forme di coordinamento sempre più intense e strategiche, per far sì che tante forze sane che già operano efficacemente dialoghino tra di loro, nel senso che ciascuna deve sapere cosa sta facendo l’altra.
Ci affascina nel parlarci dello spaccato della sua carriera professionale?
La mia carriera professionale è stata lunga e ricca di soddisfazioni. Essere magistrato è stato da sempre il mio sogno fin da bambino, e così attraverso lo studio e il sacrificio – come tanti altri giovani di ieri e di oggi - sono riuscito a realizzarlo. Sono entrato in Magistratura da ragazzo, avevo meno di 25 anni, e ci così sono rimasto per più di 44 anni, fino a qualche mese fa. Dopo il tirocinio, sono stato destinato a Rogliano, in Calabria, come Pretore, figura oggi non più esistente nella Magistratura italiana e che, entro determinati limiti, si occupava di tutti i tipi di processi, sia civili che penali, era giudice tutelare etc.. Rogliano è un piccolo centro a sud della città di Cosenza e il territorio della Pretura era molto esteso, composto da ben 18 piccoli Comuni.
Procuratore, ci illustra questa figura di un tempo nella Magistratura del Pretore?
La figura del Pretore era il presidio dello Stato, della Giustizia: concretizzava la presenza dello Stato in zone spesso per altri versi abbandonate. A Rogliano, nel mio ufficio, quasi tutte le mattine trovavo molti cittadini del posto che mi aspettavano per denunciare presunte ingiustizie, chiedere di essere tutelati. Ecco perché l’importanza di questa figura in piccoli centri è stata, a mio giudizio, davvero molto importante. Mi recavo, anche molto spesso, sui vari luoghi delle contese, attraverso dei sopralluoghi. Sovente queste controversie erano intercorrenti tra stretti congiunti, non di rado tra fratelli, che si contenevano talora piccoli fazzoletti di terreno, litigavano per una servitù di passaggio e via di questo passo. E’ stato davvero molto affascinante riuscire in alcuni casi a far conciliare le parti in loco, ponendo fine ad annose diatribe che erano certamente enfatizzate, spesso drammatizzate in questi “piccoli mondi antichi”. Ed è a Rogliano che sono venuti al mondo i miei due figli, Alessandro e Valerio, i quali oggi sono entrambi Magistrati. Evidentemente la passione per questa professione difficile quanto affascinante è stata trasmessa anche ai miei ragazzi. Ciò è per me motivo di orgoglio.
Procuratore, che bello, avere due figli che hanno seguito le orme del papa’, una soddisfazione immensa?
Questo è vero. Il mio primo figlio è rimasto legato alla Regione Calabria, a Rogliano. Attualmente è sostituto Procuratore della Repubblica alla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Il mio secondo figlio è Giudice penale presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Anch’egli è animato da molta passione per la professione ed è molto impegnato. Mia moglie Donatella – con la quale sono sposato da ben 41 anni - invece è stata prima docente e poi Dirigente Scolastica. Ella ha condiviso con me questo amore per la Calabria e, specificamente, per Rogliano, dove abbiamo una casa, che è un po’ il nostro rifugio. Si tratta di un pezzo di Calabria sano e per nulla infestato dalla criminalità organizzata; lì troviamo persone ospitali, semplici, perbene, tanti veri amici.
Ritornando alla sua professione?
Sono stato volontariamente per circa nove anni in Calabria, scegliendo di prolungare l’esperienza che trovavo particolarmente edificante. Successivamente mi sono trasferito nella città’ di Napoli dove ho svolto le funzioni di Giudice penale presso il Tribunale, la Corte d’Assise, il Tribunale del riesame. Ho trascorso circa dieci anni presso il Tribunale di Napoli, con molta intensità ed impegno. Ho presieduto molti Collegi giudicanti per processi di criminalita’ organizzata. Sono stato Presidente del Tribunale del riesame nel procedimento relativo al “tesoro” di Duilio Poggiolini. (Molti ricorderanno il rinvenimento di banconote ed altri valori sequestrate all interno di un pouf, nonché di lingotti d oro ed altro per un valore stimabile di 200 miliardi di lire dell’epoca: n.d.r.). Successivamente ho lavorato per poco più’ di tre anni (1999-2002) in Corte d’Appello, dove ho prestato servizio prevalentemente presso la Sezione che si occupa di misure di prevenzione Antimafia, vivendo un’esperienza interessante e qualificante. Successivamente - nell’anno 2002 - ho avuto l’onore di essere eletto componente del Consiglio Superiore della Magistratura. E’ stata un’esperienza affascinante ed impegnativa che ha lasciato in me un segno profondamente significativo ed indimenticabile. Bello confrontarsi con tutti i Magistrati di tutta Italia, al pari dei componenti c.d. laici: il mio Vicepresidente era Virginio Rognoni che è deceduto poco tempo fa, c’erano avvocati e docenti universitari insigni. Una esperienza complessa, difficile, istituzionalmente rilevante. Poi il periodo successivo che va dal 2007 al 2015, sono stato Sostituto Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione dove mi sono occupato di processi anche molto rilevanti, come il processo a carico di Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher (un omicidio commesso a Perugia la sera del 1º novembre 2007; la studentessa inglese si trovava in Italia nell ambito del progetto Erasmus presso l Università di Perugia. Ella venne ritrovata priva di vita con la gola tagliata nella propria camera da letto, all interno della casa che condivideva con altri studenti: n.d.r.).
In quella occasione, la Corte di Cassazione annullò la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte di Assise di Appello di Perugia accogliendo le mie richieste. Poi, la vicenda si è sviluppata nei termini che molti ricorderanno. Un processo interessante, complesso, coinvolgente. Successivamente - dal 2015 fino al 2023 - sono stato Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli, un incarico prestigioso quanto oneroso, poiché il nostro è un territorio splendido e problematico al tempo stesso. Ricco di splendori e bellezze, di preziosità millenarie, ma afflitto da tante ferite profonde nella società, nel corpo sociale: oltre alla criminalita’ organizzata, la disoccupazione, la violenza, il disagio giovanile. La città’ di Napoli è’ una città’ straordinaria: unitamente al suo interland è un vero e proprio giacimento sotto il profilo storico, archeologico, artistico, culturale; abbiamo delle autentiche eccellenze in tutti i campi che ci vengono invidiate in tutto il mondo, eccellenze che bisogna porre nelle condizioni di lavorare bene. Dobbiamo tenercele strette. Si tratta di ricchezze di un territorio che va protetto, tutelato. Non possiamo consentire che queste risorse possano essere profanate da parte di delinquenti, speculatori, soggetti spregiudicati e faccendieri. Basta con lo stupro del territorio, al bando chi l’ha inquinato, avvelenato e continua a farlo. Non vi è solo la “terra dei fuochi”, pensiamo anche a chi ha speculato, a chi ha portato l’abusivismo edilizio nella Regione Campania alla spaventosa percentuale di oltre il 64%, che è enorme ed unica in Italia. Ho cercato di agire con determinazione in questo settore, intensificando le demolizioni dei manufatti abusivi e favorendo il coordinamento delle varie Forze di Polizia per intervenire con crescente efficacia in tale settore davvero vitale. La Magistratura ha un ruolo fondamentale, ma guai a ritenere che la essa possa essere l’unico baluardo contro l’illegalità. Deve essere presente, lo abbiamo fortemente ribadito, la sinergia da parte di tutte le istituzioni, della parte sana della societa’ che deve emergere ogni giorno di più.
Procuratore, secondo un il attento punto di vista, come la Magistratura italiana potrebbe migliorare in termini di tempo, qualita e correttezza. Anche i giudici possono sbagliare?
La Magistratura italiana opera in una società che è sempre più’ complessa. Il ruolo del Magistrato ad oggi è sicuramente molto più ampio e più’ arduo di quello di ieri. Credo che la Magistratura stia raccogliendo degnamente questa sfida. I compiti del Magistrato negli ultimi anni si sono anche moltiplicati e complicati ed è, quindi, è necessaria una preparazione sempre più adeguata, spesso una maggiore specializzazione. Certo, anche i magistrati possono sbagliare, sono uomini come gli altri, ma dobbiamo riflettere sul fatto che le conseguenze degli eventuali errori dei giudici possono anche essere molto dirompenti. Ecco perché bisogna essere cauti, responsabili ed equilibrati. Rigorosi, da parte dei titolari dell’azione disciplinare e del CSM, nei casi più gravi. Problema prioritario è senz’altro, a mio avviso, quello della limpidezza morale, della correttezza, poiché è in gioco la credibilità dell’intera istituzione.
Ci espone un pensiero sul caso del Giudice Palamara?
Con il caso Palamara è esplosa una questione morale che ha riguardato essenzialmente il CSM, ma ha investito l’intera Magistratura. Il CSM - l’organo di rilevanza costituzionale concepito per tutelare l’indipendenza e l’autonomia della Magistratura - ha finito paradossalmente con il minarla. Il peso crescente delle correnti o, se volete, delle cordate ha rappresentato o rischiato di rappresentare una pericolosa ipoteca sulla limpidezza delle nomine per importanti incarichi direttivi. Sono emersi rapporti tra alcuni componenti del CSM ed esponenti politici per influire appunto sulla nomina di dirigenti di Uffici giudiziari. Questo certamente ha minato profondamente la credibilità della Magistratura. Dobbiamo risalire la china. Ma non dobbiamo nemmeno illuderci che, dopo le dimissioni di alcuni Consiglieri del CSM e l’espulsione del dott. Palamara dalle fila della Magistratura tutti i problemi siano stati risolti. Credo che in Magistratura vi sia una stragrande maggioranza di persone perbene che lavorano spesso in silenzio, lontani dai riflettori, con grande professionalità, umiltà, efficacia, spirito di sacrificio. E’ su questa Magistratura che dobbiamo far leva. Non bastano declamazioni e buoni propositi, ma fatti concreti e buoni esempi, espressivi di una volontà di voltar pagina seriamente. Il problema – io credo - è essenzialmente quello di fissare delle regole puntuali, specifiche per le scelte consiliari, per le nomine dei dirigenti degli Uffici giudiziari, limitando la discrezionalità del CSM, per evitare che essa trasmodi nell’arbitrio. Insomma, ci si deve ispirare a criteri costanti e non diversi e, come tali, non previsti o non prevedibili. Sarebbe necessaria una maggiore celerità nelle nomine dei Capi degli uffici: vediamo molti uffici, anche molto importanti, restare privi di titolare per molti mesi, qualche volta anche per anni, e questo certamente non costituisce un beneficio per la loro funzionalita’.
Cosa si puo’ fare, Procuratore, per migliorare la qualita’, i tempi della giurisdizione, ma soprattutto il funzionamento degli uffici?
I tempi e la qualità della Giustizia ad oggi non sono, purtroppo, sempre adeguati alle esigenze reali dei cittadini. Certo, ci vogliono più uomini, più mezzi, più modernizzazione, digitalizzazione, “smaterializzazione” del processo. Ritengo tuttavia che sia assolutamente vitale razionalizzare il sistema: una maggiore lucidità strategica nelle riforme, poiché negli ultimi decenni sono state varate troppe leggi, molto spesso tra loro contraddittorie, non di rado partorite sotto la spinta dell’emotività dei vari momenti. Se pensiamo soltanto ad un dato, la disciplina della prescrizione dei reati - che è un aspetto non certamente secondario, ma strutturale – ebbene, in meno di 20 anni, esso è cambiato tre volte e si parla, come è noto, di una ulteriore modifica. Questo tipo di oscillazione, di “pendolarismo” non giova alla Giustizia. Certo, le leggi devono cambiare, adeguarsi ai tempi ed alle mutevoli esigenze concrete della società, ma ritengo che bisogna essere cauti e razionali, dare delle certezze. Occorre rigorosamente selezionare i Capi degli uffici poiché abbiamo bisogno sempre più di capacità organizzative effettive, di magistrati che siano in grado di dare efficienza alla macchina della Giustizia, di individuare tempestivamente le criticità dell’ufficio che dirigono, di vigilare sulla vita dell’ufficio medesimo, di stimolare gli entusiasmi e le capacità, di avere attenzione e rispetto del ruolo non solo dei Magistrati, ma anche dei Dirigenti e del personale amministrativo degli Uffici. I mezzi di cui disponiamo non sono sufficienti, ma dobbiamo utilizzarli tutti e al massimo per determinare quotidianamente le condizioni poiché gli uffici giudiziari funzionino al passo con i tempi ed in modo razionale.