La disoccupazione è un tema che, purtroppo, riguarda il
nostro Paese fin troppo da vicino. Se per una persona “normodotata”, però,
trovare un’occupazione risulta quantomeno fattibile e più semplice, le persone
con disabilità sono ancora le grandi escluse dal mondo del lavoro.
I numeri, a riguardo, sono preoccupanti e indicano quanto, nonostante le
politiche attive volte a creare nuove offerte di lavoro
per persone con disabilità, queste ultime abbiano sempre più
difficoltà a trovare un’occupazione.
Il tasso di occupazione di persone tra i 15 e i 64 anni che, pur avendo
disabilità o limitazioni delle funzioni motorie o sensoriali sono comunque
abili a lavoro, arriva solo al 35,8%. Ciò significa che c’è un altro 64,2% di
persone abili al lavoro che però non riesce a trovare un’occupazione stabile e
duratura o che è ancora alla ricerca della prima occupazione.
A tal proposito il nostro Paese si piazza come fanalino di coda rispetto alla
Comunità Europea, come ha dichiarato a Il Fatto Quotidiano, Enrico Seta,
Presidente dell’Agenzia Nazionale Disabilità e Lavoro (ANDeL). L’UE, infatti,
viaggia con un tasso di occupazione al di sopra del 50% con numeri in costante
aumento, pandemia permettendo. In Italia, attualmente, ci sono più di 1 milione
di persone con disabilità disoccupate e alla ricerca del primo
impiego, con un sistema di collocamento che riesce a occupare circa 20/30 mila
persone l’anno, troppo poco per arginare questo impellente problema.
In più, come se non bastasse, le donne risultano in netto svantaggio rispetto
agli uomini nella ricerca del lavoro, come dichiara Seta. A quanto pare,
infatti, le donne occupate sarebbero solo il 40% sul totale con una
concentrazione di molto maggiore nel nord Italia. La sola Lombardia, in termini
di occupazione femminile, coprirebbe l’intero tasso di donne con
disabilità occupate del Sud Italia.
Si tratta di numeri sconcertanti se si tiene conto del grande numero di persone
con disabilità concentrate proprio in quella zona.
Il lavoro, un’occasione per sconfiggere la diversità
Come visto i numeri riguardo la ricerca del lavoro per le persone con
disabilità sono preoccupanti, e manifestano sempre di più quanto si sia
lontani dal contrastare una diversità che appare sempre più marcata.
Appare chiaro che quanto fatto non basta ancora e che, per assicurare a ogni
persona un posto di lavoro appagante e stimolante, la strada sia ancora lunga.
Bisogna tener conto però che avere un’occupazione, per persone con deficit
motori, fisici o sensoriali, è un’esigenza indispensabile che non può
assolutamente essere ignorata.
Da sempre il lavoro, a prescindere dalla persona, dall’estrazione sociale e
dall’istruzione, dà una dignità, un reddito e permette di sentirsi membri
attivi di una comunità. Lavorare, soprattutto per persone con disabilità,
rappresenta quindi anche un’occasione per sconfiggere la diversità, per
sentirsi
utili e più autonomi, per integrarsi al meglio in una comunità che, nonostante
i tempi moderni, è spesso ancora restia ad accoglierli come meriterebbero.
La maggior parte di queste persone, attualmente disoccupate, vive infatti con
piccoli sussidi statali che ne garantiscono il fabbisogno minimo, ma che non
assicurano un’indipendenza e una pianificazione a lungo termine.
Avere un lavoro e potersi occupare di qualcosa, inoltre, aiuta a contrastare
meglio il senso di alienazione e diversità che può colpire i soggetti più deboli.
Il lavoro diventa dunque un’occasione per vivere la società, intrecciare nuove
relazioni, socializzare, conseguire degli obbiettivi e integrarsi. Si capisce
di conseguenza quanto per una persona con disabilità avere un lavoro possa e
debba essere assolutamente una priorità per la quale è necessario agire.
Il principale problema tra lavoro e disabilità
Dopo aver letto dati e numeri viene naturale chiedersi come mai nel nostro
Paese ci sia una situazione così critica. In passato sono stati presi provvedimenti
affinché vi fosse una sorta di “corsia preferenziale” che permettesse alle
persone con disabilità, e quindi spesso escluse a priori dal mondo del lavoro,
di trovare un’occupazione.
Il collocamento mirato, ad esempio, è una di queste. Un collocamento
appositamente pensato per le persone con disabilità, e quindi staccato da
quello comune, che permettesse, una volta iscritti, di segnalare offerte e
colloqui di lavoro in linea con le competenze, le richieste e le attitudini
della persona. A quanto pare, però, tutto il sistema non ha funzionato e le
aziende non solo non assumono ma spesso nemmeno rispettano le disposizioni
dello Stato.
La Legge 68/99 che cita testualmente:
“La presente legge ha come finalità la promozione dell’inserimento e
dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro
attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato” non sempre è
rispettata, anche se non ci sono prove concrete di un’evasione da parte delle
aziende ai loro obblighi. Il problema, in tal senso, è alla radice e risiede
nel sistema di controllo messo in atto dall’Ispettorato del Lavoro.
Purtroppo non sempre questi controlli vengono eseguiti e, di conseguenza, le
aziende si sentono in diritto di non rispettare assolutamente la Legge.
Secondo quanto dichiarato sempre da Seta: “Quella delle aziende che
preferiscono pagare le multe anziché assumere un dipendente disabile è una
leggenda metropolitana, le aziende sanno benissimo che le multe non arriveranno
perché i controlli quasi non esistono”
Il risultato è un cane che si morde la coda, un circolo vizioso in cui una
Legge che dovrebbe tutelare e agevolare le persone con disabilità non
viene applicata, i controlli sono scarsi o assenti e nel frattempo a subirne le
conseguenze sono le tante persone in attesa di un’occupazione.
Formazione professionale e tirocini formativi
Il problema della ricerca di lavoro per persone con disabilità passa poi anche
per un altro problema: la formazione professionale e i tirocini formativi.
Queste sono formule che, in teoria, risultano indispensabili per avviare i
giovani al lavoro. Dopo aver terminato gli studi, infatti, i ragazzi
necessitano di una formazione specifica riguardo le mansioni e le professioni
che andranno a intraprendere. A tal proposito i centri di formazione accolgono
tantissimi ragazzi con disabilità. ma il rischio è che questo
meccanismo si trasformi in un loop che non porta mai realmente al conseguimento
di un risultato concreto.
I giovani, infatti, spesso vengono formati per anni, per poi intraprendere dei
tirocini, per poi tornare a formarsi, senza però mai riuscire a trovare
un’occupazione stabile. Questo non solo non crea nuovi posti di lavoro, ma
costringe tantissimi lavoratori in una sorta di “vicolo cieco professionale”
dal quale non è semplice uscire.
In questo modo i giovani non si approcciano mai al lavoro vero, non toccano mai
con mano cosa voglia dire avere delle responsabilità, un ruolo e delle mansioni
definitive. La ripercussione a livello sociale e umano può essere enorme,
soprattutto con il passare del tempo, facendo crescere giovani che, oltre a
dover far fronte alle difficoltà che la vita gli ha posto davanti, non hanno
nemmeno la possibilità di interfacciarsi con un’occupazione che li appaghi.
Anche da questo punto di vista il sistema burocratico deve cambiare. Le
aziende, gli enti e coloro che dovrebbero tutelare il funzionamento di questo
“ingranaggio”, sembrano spesso più interessati al semplice rispetto delle
pratiche, della burocrazia, che non a risolvere in maniera concreta un problema
che affligge purtroppo fin troppe persone.
Lavoro e disabilità: persone non numeri
In questo articolo abbiamo cercato per quanto possibile di focalizzare
l’attenzione su una problematica che non può e non deve più passare in secondo
piano. In Italia sono presenti attualmente circa 5 milioni di disabili, persone
con storie, volti, nomi e passioni diverse.
Ognuna di queste persone ha diritto a trovare un’occupazione che gli piaccia,
un lavoro che gli garantisca un sostentamento, un’autonomia e una speranza.
Avere un lavoro, soprattutto per chi presenta una disabilità, è l’opportunità
di progettare una vita che vada oltre le difficoltà che quotidianamente e con
coraggio sono costretti ad affrontare.
Proprio per questo è importante andare al di là dei semplici numeri e capire
che dietro ognuno di quei numeri c’è una persona che cerca semplicemente di
dare dignità e autonomia alla propria vita.
La speranza naturalmente è che in futuro non si debba più parlare di diversità
in questi termini, che non ci sia più bisogno di sollevare questioni di questo
tipo e che ogni persona, uomo o donna con disabilità possa avere un lavoro
che lo appaghi e gli restituisca la propria autonomia.
L’articolo 1 della Costituzione Italiana recita che l’Italia è una Repubblica
fondata sul lavoro, che lo sia finalmente in maniera equa anche per le persone
disabili.
Fonte notizia
it.jooble.org