Sono trascorsi 44 anni da quando Dick Hebdige, nel suo «Subculture: The Meaning of Style», iniziava un percorso di analisi e studio delle “sottoculture” giovanili, delle mode, gli stili, gli stilemi e le appartenenze dei giovani attraverso la musica, affermandosi come punto di riferimento per lo studio delle subculture musicali. Nel 1996, in Italia, un esperimento simile è stato condotto da Francesco Donadio e Marcello Giannotti con il loro «Teddy-boys, rockettari e cyberpunk. Tipi, mode e manie del teenager italiano dagli anni Cinquanta a oggi» focalizzando lo studio proprio sulla situazione delle sottoculture in Italia. Sia nel 1979, anno di pubblicazione del libro di Hebdige, sia nel 1996 la società era ancora caratterizzata da quella che gli studiosi identificano come «epoca delle ideologie» del Secolo Breve che, sfociando nel XXI secolo, ha iniziato progressivamente a perdere aderenza con la collettività delle idee, confluendo sempre più nell’individualismo in seno alla globalizzazione ed al capitalismo fagocitante. È in questo ambiente che si posiziona «Il mutamento delle subculture. Dai teddy boys alla scena trap», saggio di Francesco Caroli edito da Meltemi. Dopo un breve excursus storico delle subculture, il saggio approda agli anni ’80 del secolo scorso e si concentra sulla cultura hip-hop e la sua evoluzione nel rap e nel gangsta rap, per arrivare alle “scene” della contemporaneità, ossia i nuovi movimenti giovanili che hanno poco, quasi nulla, di simile a quanto accaduto nel - recente - passato e che si manifestano con la nascita della trap.
Il saggio di Caroli ci accompagna, con un’attenzione storica e storico-musicale fortemente legata a un’analisi sociologica appassionata, attraverso le sottoculture giovanili che hanno affascinato milioni di giovani e intimorito generazioni di adulti, affrontando la rivoluzione odierna che non vede «più movimenti collettivi derivanti dalle ideologie condivise, ma l’unicità del singolo nel paradosso della globalizzazione», come racconta l’autore. Con i suoi 26 anni, Caroli cresce nella Taranto di fine millennio e si avvicina, come quasi tutti i suoi coetanei, alla musica rap e al movimento hip-hop con l’orecchio ancora rivolto al “vecchio stile”, quello dei Run DMC e degli N.W.A., ma già proteso verso le mutazioni di genere che, da lì a poco meno di dieci anni, sfoceranno nella trap, la trappola, in cui milioni di giovani, oggi, si riconoscono nonostante il movimento, o meglio, la scena, non sia né condivisa, né condivisibile perché figlia dell’individualismo collettivo, dell’ossimoro della contemporaneità, del “ricco disagio” in cui navigano a gonfie vele gli adolescenti di oggi. Proprio la scena trap e la sua attuale golden age sono il cuore del saggio di Caroli; che ci impone di guardare a questi nuovi movimenti scenici se non con occhi interessati, quantomeno con uno sguardo rispettoso, perché fotografa con una visione molto nitida l’ambiente circostante contemporaneo con cui dobbiamo, oggettivamente, confrontarci.