È in radio e in digitale, su tutte le piattaforme, “Bella Ciao” nella versione del tenore pop italo-americano Jonathan Cilia Faro che, in occasione del lancio, dichiara: “Bella Ciao non è una canzone politica. Basta bugie”
Una canzone può essere strumentalizzata? Può dividere? Può ridurre la libertà di chi la canta? È con queste domande e provocazioni che il tenore pop Jonathan Cilia Faro ripropone una nuova versione del brano “Bella Ciao”, in uscita contemporanea mondiale il 20 aprile. Una canzone che in Italia, nei mesi passati, ha suscitato molte polemiche e che il Maestro ha deciso di interpretare proprio per far capire che la musica deve rappresentare e poter esprimere, a maggior ragione oggi, libertà, bellezza e soprattutto condivisione.
Con una voce incisiva iniziale che va diritta al cuore e una tensione emotiva crescente Jonathan Cilia Faro rivendica il valore universale della libertà, la determinazione a lottare per essa a qualunque costo. Questa intensità di sentimenti passa attraverso la collettività che nel brano viene espressa magistralmente dalla componente orchestrale che enfatizza e rafforza la potenza di questo messaggio.
“Ho deciso di far uscire questo brano non a caso - spiega il tenore pop - e vorrei liberare il campo da ogni fraintendimento o strumentalizzazione che possa nascere da questa mia iniziativa. Cantare questa canzone significa rendere omaggio a tutti coloro che hanno creduto e credono ancora oggi all’importanza della libertà in ogni campo. I miei nonni, i miei zii hanno combattuto e hanno sacrificato la loro giovane vita per proteggere la Libertà”.
A proposito delle polemiche nate in questi mesi sul testo sottolinea: “Negli ultimi 40 anni hanno voluto farci credere che si trattava di una canzone politica e che quindi era meglio se noi artisti non la cantassimo. Non è così. Leggete le parole del testo, cantatele a squarciagola. In questa canzone c'è il nostro passato, vi sono racchiusi la nostra gioia e il nostro dolore. Chi afferma che “Bella Ciao” è una canzone politica distrugge la storia e la memoria di chi questa Italia l'ha protetta con il proprio sangue”.
“Bella Ciao” rappresenta contemporaneamente un “grido di dolore” e un “grido di speranza” di quel “fiore della libertà” che un giorno si sveglia “minacciato dall’invasor”. Questo brano appartiene pertanto a qualunque uomo, donna, gruppo, popolo e nazione ritenga che la Libertà sia un “bene supremo” da conquistare e proteggere “sempre e comunque”.
“I tempi sono cambiati è vero - sottolinea Jonathan Cilia Faro - non abbiamo più giovani che vogliano difendere la libertà con la propria vita. L’Italia ha un esercito fatto soprattutto di persone che, non avendo altri sbocchi professionali, hanno giurato fedeltà non al Popolo italiano ma ai governanti italiani che in cambio di uno stipendio hanno firmato la loro sudditanza”.
Pensando al suo passato il tenore afferma: “Cantavo questa canzone da bambino con i miei amici scalzi per le campagne ragusane. Trascorrevamo i pomeriggi delle vacanze estive raccontandoci gli atti eroici dei nostri nonni. Poi crescendo ho fatto parte dell’esercito, mi sono arruolato, nel 1999, nell’undicesimo scaglione genio guastatore e pionieri. Seppur giovane, credevo veramente che fosse doveroso servire la mia Patria, volevo lottare per la libertà, volevo essere un servitore del Popolo italiano. Oggi voglio riproporre “Bella Ciao” a tutti coloro che, come me, vedono il patriottismo, come qualcosa di ormai sbiadito e mi chiedo: “Chi difenderà i figli che abbiamo viziato e coccolato? Chi proteggerà le radici storiche e culturali italiane dei futuri nipoti? Io sono erede di tutti quei Partigiani che sono morti per la mia Libertà. E voi?”.