Nel 2022 il 61,7% di infermieri e altri operatori sanitari è fuggita dalle RSA verso strutture ospedaliere o servizi territoriali, mentre aumenta in modo esponenziale il numero dei pazienti anziani e dei soggetti fragili. E' quanto emerge dal drammatico report dell’Osservatorio Long Term Care del Cergas di Sda Bocconi (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale, in collaborazione con Essity Italia), che nel suo quinto rapporto.
Liberare “seriamente” gli infermieri e i professionisti sanitari del comparto della sanità pubblica dal vincolo di esclusività può diventare leva importante per dare ossigeno ad una sanità privata che rischia di affondare».
ROMA 17 FEBB 2023 - «La sanità privata continua ad annaspare, è sempre più con l’acqua alla gola, vive una situazione a dir poco drammatica, confermata da una crisi che sembra senza via di uscita e che si consuma, tragicamente, su due fronti.
Il primo è quello della voragine di personale, che continua letteralmente a fuggire verso le strutture ospedaliere e verso altri servizi territoriali, che certo non rappresentano isole felici, a dimostrazione che nelle Rsa i nostri infermieri vivono, da tempo, disagi insostenibili.
Il secondo aspetto, non meno grave, è rappresentato dall’aumento esponenziale di pazienti, di soggetti fragili, di anziani, destinati alle strutture private, bisognosi di cure sempre più specifiche e di assistenza continua, a causa dell’inesorabile invecchiamento della popolazione nel nostro Paese.
Tutto questo viene confermato dall’ultimo report dell’Osservatorio Long Term Care del Cergas di Sda Bocconi (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale, in collaborazione con Essity Italia), che nel suo quinto rapporto ha lanciato un rassegnato allarme: nel 2022 il 61,7% di infermieri e altri operatori sanitari è fuggita dalle RSA verso strutture ospedaliere o servizi territoriali.
Nei servizi socio-sanitari destinati agli anziani, infatti, i dati relativi allo scorso anno sono impietosi: la carenza media degli infermieri è del 21,7%, quella dei medici è del 13% e quella degli operatori socio sanitari del 10,8%. E i dati peggiorano se ci si concentra solo sul terzo settore: la carenza sfiora il 23,9% per gli infermieri, il 14,6% per i medici e il 12.6% per gli Oss.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Inevitabilmente, il rinnovato fabbisogno della fetta di popolazione più debole, cozza contro un muro di cemento armato, quello rappresentato da strutture che vanno viste come aziende e che pagano anche lo scotto del mutato costo della vita e dei rincari energetici, e che alla base, naturalmente, sono prive di un numero sufficiente di quegli uomini e quelle donne, quei professionisti, che rappresentano anche il fondamento di quella sanità di prossimità che necessita di essere rilanciata e che viene indicata, anche dalla Missione 6 del Pnrr, come il percorso strategico da percorrere, di corsa, per snellire la congestionata sanità pubblica.
Ma se il futuro della sanità è rappresentato dai luoghi di cura dove si concretizza il rapporto infermiere-paziente fragile al di fuori delle corsie degli ospedali, dove sono gli operatori sanitari per attuare tutto questo? Dove reperirli se non dalle stesse strutture pubbliche?
La soluzione, lo ripetiamo da anni, è una equilibrata interazione tra sanità pubblica e sanità privata, e tutto questo può avvenire solo "con un serio sblocco" del vincolo di esclusività a favore degli infermieri e di tutti gli altri professionisti della salute.
La libera professione, vogliamo ricordarlo, è una nostra battaglia, visto che la invocammo a gran voce già nel 2020 durante la manifestazione al Circo Massimo, e il 29 dicembre abbiamo messo nelle mani del Ministro della Salute, Prof. Orazio Schlllaci, una richiesta specifica in merito alla quale non erano assolutamente previsti limiti.
Siamo di fronte, invece, ai non pochi limiti e vincoli inseriti nel Milleproroghe, un progetto che peraltro è “pro tempore” , sullo sblocco del vincolo di esclusività.
Insomma, siamo davanti ad una timida risposta in merito all’allargamento della libera professione per gli infermieri e gli altri professionisti del comparto non medico, visto che il tutto è ridotto ad un arco tempo di pochi mesi (scadenza 31 dicembre 2023) ed è legato all'onnipresente diritto di veto delle aziende sanitarie.
Pur non negando, continua De Palma, che qualcosa di certo si è mosso, non possiamo mostrare tutto l’entusiasmo che arriva da altri fronti, che ci sentiamo di non poter condividere.
Ribadiamo che occorreva e occorre maggiore coraggio, maggiore intraprendenza: invitiamo per tanto le forze politiche lungimiranti a prendere coscienza del fatto che solo l’allargamento della libera professione agli infermieri attraverso un progetto scevro da lacci e lacciuoli, al pari di quanto accade da una vita con i medici, può rappresentare una svolta epocale per un sistema sanitario che vive una crisi tanto profonda.
Occorre attivare finalmente un nuovo percorso, che conduca ad una eliminazione di questi vincoli che così come sono non consentiranno quella interazione fondamentale tra sanità pubblica e sanità privata che rappresenta la spinta in grado di essere garantita solo attraverso la libera professione degli infermieri.
Dal buio tunnel in cui siamo prigionieri, si può uscire solo se tutte le parti in causa, nessuno escluso, si rimboccheranno le maniche, prendendo coscienza che occorre un rinnovamento radicale, un piano di azione che valorizzi finalmente le enormi potenzialità di cui disponiamo, e ci riferiamo naturalmente agli operatori sanitari, agli infermieri, alle ostetriche ed agli altri professionisti sanitari, perno da cui ripartire, certezza da cui ricostruire, giorno dopo giorno», chiosa De Palma.