Dopo i violenti scontri avvenuti domenica 8 gennaio sull'autogrill della A-1 di Arezzo, tra gli Ultras napoletani e romanisti, l'escalation di violenza è continuata domenica scorsa nei pressi dello stadio "Marcello Torre" di Pagani, tra ultras paganesi e casertani.
Nel primo caso la procura di Arezzo ha aperto il fascicolo per i reati di rissa aggravata, interruzione di pubblico servizio e attentato alla sicurezza dei trasporti per nove tifosi, tre sostenitori della Roma e sei del Napoli, con altrettanti Daspo emessi dal questore di Arezzo.
Anche nel secondo caso sono nove i tifosi finiti nei guai. Dopo le operazioni di identificazione, polizia e carabinieri hanno provveduto agli arresti per rissa e devastazione. Le persone coinvolte dovranno rispondere di possesso e lancio di oggetti contundenti e fumogeni, di resistenza a pubblico ufficiale, rissa e devastazione.
In particolare gli ultras della Paganese, secondo gli inquirenti avrebbero incendiato il pullman dei tifosi ospiti, con conseguente danneggiamento di un edificio e di diversi beni nell'area circostante. Nella dinamica degli scontri è stato ferito anche uno dei carabinieri intervenuti per placare la rissa.
Sulle vicende di violenza è intervenuto il sociologo e criminologo Luca Vincenti, che ha spiegato cosa si nasconde dietro agli scontri.
Episodi che hanno sicuramente una matrice pre-ordinata ed organizzata e, che per questo, meritano un approfondimento per capire la loro natura.
Ester Pizzo: "Quando ha iniziato ad approfondire questo tipo di tematiche?"
Luca Vincenti: "Anni fa ho avuto la possibilità di occuparmi di un’inchiesta socio-criminologica sulla morte di Vincenzo Spagnolo, un tifoso che ha perso la vita a seguito di un agguato preordinato molto simile a quello avvenuto sull’autogrill di Arezzo negli scontri tra napoletani e romanisti.
L’omicidio di Vincenzo Spagnolo è stato lo spunto per scrivere un libro che mettesse a nudo le dinamiche del tifo. Il mondo del tifo organizzato sappiamo essere non necessariamente violento, ma alcune volte ha la capacità di uscire fuori dalla propria dimensione ludica-associativa per poi trovare una canalizzazione in fenomeni esplosivi e oggettivamente violenti, che tornano alla cronaca indignando un po' tutti."
Ester Pizzo: "Qual è il collegamento tra il suo libro e i fatti avvenuti in questi giorni, con lo scontro prima tra i tifosi Ultras del Napoli e della Roma, e poi tra quelli della Paganese e Casertana?"
Luca Vincenti: "Le parola chiavi sono dislocazione dello scontro e la premeditazione dello scontro. Sono due situazioni che hanno riguardato i movimenti Ultras negli ultimi 20, 30 anni di storia del movimento. Ovvero gli scontri sono sempre più manifestati lontano dagli stadi, questo a seguito anche delle strategie di repressione attuate dallo Stato, che indubbiamente hanno avuto un ruolo importante.
Evidentemente l'aspetto legislativo e normativa, (come le “diffide”) hanno avuto un forte impatto nella parziale disgregazione del Movimento Ultras, anche se questi provvedimenti - come possiamo vedere - non sono bastati a demolire il movimento nelle sue fondamenta.
I provvedimenti hanno avuto un ruolo contenitivo, ovvero sono riusciti a contenere a singhiozzo il movimento che in modo carsico è riemerso improvvisamente, riaffermando con furibonda violenza la sua presenza, ma anche la sua “identità” di banda.
E’ anche vero che fenomeni violenti si sono manifestati in modo più sporadico, ma gli ultrà hanno comunque sempre dimostrato di avere sempre una grande capacità rigenerativa."
Ester Pizzo: "Secondo lei cosa contraddistingue realmente questi tifosi e cosa si nasconde dietro ai codici, alle regole e lo stile di vita dei principali gruppi Ultras?"
Luca Vincenti:"Vi sono anche persone che hanno il piacere di partecipare alla coralità del Movimento in modo pacifico, privilegiando l'aspetto ludico associativo, però - sappiamo dalle mie ricerche e anche da fatti di cronaca - che alle radici del Movimento Ultras vi sono potenti elementi di spicco della criminalità organizzata locale e nazionale, i quali hanno dei loro precisi e fortissimi interessi nell’entourage del calcio.
In realtà, il conflitto che avviene oggi tra i tifosi non è un conflitto spurio (privo di interessi economici), ma è determinato da regole del gioco di entità superiore, mosso dalla volontà di controllare un “territorio” redditizio, quello delle curve, ove affluisce un giro di denaro importante che ha destato l’attenzione e l’interesse delle mafie italiane.
Il conflitto di oggi tra tifosi (e tra società e tifosi si vedano le contestazioni) è profondamente diverso da quello che si poteva registrare negli anni 70-80, dove il movimento Ultras di allora aveva dinamiche notevolmente diverse, che possiamo definire come conflitto giovanile, talune volte estremamente “politicizzato” ed oppositivo al sistema e teso comunque all’autocelebrazione immediata della volontà di potenza della propria fazione o gruppo ultras contro un altro. Vincere e sconfiggere su un altro “campo” l’avversario era il motto degli ultrà di allora.
Negli anni però, dentro questo sistema ultras-calcio prendono vita una serie di interessi molto appetibili per coloro che si trovano in posizione di comando dei singoli gruppi ultras."
Ester Pizzo: "Chi sono i leader delle curve e come amplificano il loro consenso?"
Luca Vincenti: "In modo particolare essere leader di un movimento ultrà permette ai loro capi di scalare la mobilità sociale, uscendo dal ghetto della periferia per sedere nei salotti borghesi, interloquire con società sportive e dirigenti. Sui leader si concentra una forte attenzione mediatica, che rafforza la leadership degli stessi, e fa confluire ulteriore consenso dei già fedeli ultrà, disposti ad obbedire al proprio capo.
Questo strapotere non è per nulla virtuale, ne teorico e permetteva negli anni 80-90 di generare un business milionario: quello dei biglietti “omaggio”, quello del merchandaising, e poi del calcio scommesse (toto nero) con penetrazione e centralizzazione dei poteri mafiosi “tradizionali”. E ancora la droga dalle curve per galoppare nelle piazze.
Ben presto i leader, scontro dopo scontro, diventarono consapevoli del fatto che dovevano gestire al meglio il loro potere, la loro reputazione e la notorietà maturata negli anni nelle curve. Iniziavano così ad utilizzare la visibilità della “gang” come un jolly capace di coprire tutto il territorio, dallo stadio alla strada intessendo collaborazione con le criminalità organizzate.
Questa logica “coprente” ed ultra-territoriale ha permesso così ai leader la possibilità di avere un esercito di “soldati” (i fedeli ultrà del proprio gruppo) al proprio servizio, che spesso lavoravano “gratuitamente” per il leader nella buona causa delle “fede” calcistica.
Ma alla fine il potere è sempre nelle mani di pochi leader, i quali possono spenderlo dalle curve alle strade, stringendo alleanze con la mala locale, con le mafie del calcio scommesse, e poi con quelle legate al pilotaggio dei risultati di calcio, nell’intento di aumentare i profitti del toto-nero, fino ad arrivare a far vincere o perdere partite, o a ricattare i giocatori."
Ester Pizzo: "I gruppi ultras di oggi cosa sono e come si sono evoluti attraverso la memoria storica del conflitto?"
Luca Vincenti: "La prevaricazione di un gruppo su un altro ha creato attriti, profonde ruggini, fino ad arrivare a faide e vendette (con veri e propri omicidi), che altro non sono che la prova che la memoria storica dei gruppi ultras si inscrive in dinamiche precise di un conflitto teso ad ottenere controllo del “territorio” e profitto sugli affari legati al calcio. Questo conflitto si svolge secondo le “regole” dell’aggressione reciproca (tra ultras anche della stessa tifoseria) cadenzato da alternanze di un calendario calcistico. Un book programmato per compiere ritorsioni e vendette e preordinare degli "arrangiamenti" di conti, anche a distanza di anni, decenni, come abbiamo visto nella triste vicenda trattata nella mia inchiesta socio-criminologica di 'Diari di una domenica ultrà'. A distanza di 20 anni dalle ruggini maturate tra genoani e milanisti, Vincenzo Spagnolo perde la vita a seguito di un'aggressione preordinata, ovvero ove la vittima e l’aggressore non si conoscono ed entrano solo in quel momento in relazione diretta tra loro e dove l’accoltellatore è spinto dal suo leader a compiere quel gesto come vendetta, in un quadro che il PM Terrile definiva vero e proprio regolamento di conti voluto dai capi.
Il regolamento di conti non è un elemento proprio del movimento ultrà al momento della sua nascita. Negli anni 70 l’arrangiamento di conti, la vendetta così intesa non era presente e questa logica, viene assimilato dal movimento a seguito di uno svilupparsi di ripetuti conflitti e della relativa memoria storica, ma anche della penetrazione di codici mafiosi nel movimento stesso.
Negli anni ‘70 era presente una conflittualità compulsiva e tra i tifosi prevaleva l'elemento di sopraffazione immediata dell’avversario, solo dagli anni 80/90 si genera una fitta rete, un network di conflitti, di relazioni di amicizia e gemellaggi e di dissapori che animano le diverse tifoserie.
E’ da questa rete che nasce la memoria storica del movimento e il relativo conflitto sotteso. La memoria storica non è altro che la consapevolezza di un ultrà di andare in un territorio diverso dal proprio, e lì trovare qualcuno ad aspettarlo: amici o nemici, di essere con questi padroni di casa, gemellati oppure in conflitto aperto."
Ester Pizzo: "Quali sono invece gli elementi atti a garantire la longevità dei movimenti Ultras?"
Luca Vincenti: "Gli ultrà non si estinguono perché hanno dei veri e propri meccanismi di riproduzione e di celebrazione della propria cultura di banda che garantiscono - in modo più o meno importante - il ricambio generazionale e quindi la sopravvivenza del movimento alle crisi e alle potenti cariche istituzionali volte alla sua disgregazione. Leggi comprese.
Dall’altra parte gli ultras celebrano l’appartenenza al proprio Clan in modo rafforzativo e continuativo attraverso il tifo organizzato, le riunioni, le trasferte, i rituali di ingresso e l’appartenenza esclusiva al gruppo chiuso; ma soprattutto gli ultrà sopravvivono attraverso la pratica della violenza sia simbolica, sia rituale. La sopraffazione.
La vendetta, la caccia al nemico, la difesa del proprio territorio, l'invasione dell’altro territorio, la sopraffazione dell’altro “uguale, ma diverso” è un modo per ristabilire la fratellanza interna attraverso l'aggressione del nemico, e la ricerca del sangue (proprio del membro dello stesso gruppo di appartenenza o degli altri esterni).
Lo scontro viene ricercato come ritorno al momento fondativo, che definisce il ruolo storico dell’ultrà attraverso la vendetta, ma in modo più simbolico il sangue. Mediante la vendetta gli ultras si con-fondono uno con l’altro, ripercorrono le loro radici tribali. Attraverso la vendetta compiuta nei confronti del nemico il loro movimento sopravvive e diventa longevo."
Intervista a cura di Ester Pizzo
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