All’interno del Tecnopolo di Reggio Emilia, che ha sede nel Capannone 19 delle storiche Officine Meccaniche Reggiane, sarà allestita “RES Derelictae. La fabbrica produce ancora?”, mostra dei giovani artisti Dario Tarasconi e Andrea Scazza che si propone di portare all’attenzione del pubblico l’estrema contemporaneità di quella che è stata una delle realtà industriali più importanti in Italia. Luogo di produzione e di socialità, di degrado e di abbandono, di innovazione e cultura, la fabbrica è ancora oggi capace di arricchire l’immaginario di una città che osserva se stessa in divenire, riconoscendo la bellezza nell’imperfezione.
Curata da Francesca Baboni e Stefano Taddei, l’esposizione sarà inaugurata sabato 10 settembre, alle ore 17.30, nella Sala conferenze del Tecnopolo di Reggio Emilia. Saranno presenti gli artisti, i curatori, i rappresentanti delle Istituzioni e Paolo Cianconi (psichiatra, ASL Roma1) che proporrà una riflessione sul tema “L’interstizio Reggiane: una città dentro la città?”.
La mostra – evento collaterale a “Un tocco di classe. L’occupazione delle Reggiane 1950-51” nel Capannone 18 – è realizzata in collaborazione con CGIL Camera del Lavoro Territoriale di Reggio Emilia, STU Reggiane Spa e Parco Innovazione Reggiane, con il patrocinio del Comune e della Provincia di Reggio Emilia e della Regione Emilia-Romagna.
Il progetto di Dario Tarasconi e Andrea Scazza nasce da un ritrovamento fortuito avvenuto nel 2019 in uno dei capannoni abbandonati di via Agosti: 180 fotografie recuperate da un seminterrato normalmente non agibile a causa delle infiltrazioni d’acqua. Riproduzioni fotografiche delle Officine Reggiane e delle attività che si svolgevano al loro interno e nei cantieri esterni, sottoposte dall’umidità ad un processo di deterioramento che le ha trasformate in composizioni astratte. Nella quasi totalità delle immagini si sono sorprendentemente salvate le figure umane, come se il tempo non riuscisse a scalfirne la presenza.
«Numerosi gli interrogativi che si vogliono sollevare con l’esposizione delle immagini ritrovate e consunte dal tempo – spiegano Tarasconi e Scazza. Primo tra tutti: la fabbrica ha veramente smesso di produrre? E di conseguenza, quali sono i prodotti attuali? Cosa li identifica come belli/desiderabili? E ancora, può esistere un capitale (fotografico, artistico, umano) da scoprire in un luogo abbandonato che ha smesso di produrre “utili” d’impresa? Cos’è che vediamo/trascuriamo quando oggi sentiamo parlare di Reggiane negli episodi di cronaca? Cosa si cela sotto al senso comune del “degrado” che ricopre le molteplici narrazioni possibili come uno strato d’acqua stagnante che impedisce di vedere oltre? Esistono forse altre narrazioni possibili? Questa inedita iconografia fotografica Jolie Laide (marcia e sublime), sospesa tra l’onirico ed il surreale, è capace di strappare all’oblio i frammenti della memoria di un luogo simbolo della storia del ‘900 e di restituirceli con una potenza estetica e visiva sconvolgente. La fabbrica ha permesso l’incontro di due anime artistiche apparentemente lontane, ma entrambe accomunate dall'interesse di “scavare sul fondo” e arrivare alla radice delle cose».
«Questi oggetti ritrovati – scrive Stefano Taddei – hanno avuto una fase di ancoraggio al presente grazie all’operare degli autori che li hanno preservati dall’oblio. Tali immagini brulicano di vitalità, paiono in continua metamorfosi e movimento. In alcune immagini si trovano anche il nome dell’operatore che ha compiuto gli scatti e le referenze scritte dei soggetti immortalati. Il tempo ha trasformato queste immagini e le ha riportate nella contemporaneità in modo peculiare».
«La casualità penetra dunque nell’immagine – aggiunge Francesca Baboni – divenendo essa stessa metodo e procedimento artistico, mentre l’acqua e il tempo agiscono sugli sfondi ambientali esattamente come il pennello di un pittore. Poiché è questo che si è voluto azzardare: esporre fotografie come fossero quadri di astrazione con il paradosso di non avere eseguito alcun intervento pittorico. Nel momento in cui si riconoscono i soggetti umani e le cose presenti attorno a loro, il movimento magmatico delle muffe e delle escoriazioni s’insinua nel contesto capovolgendone il significato e invadendo la raffigurazione, sia d’interno che di esterno, come se agisse con la stessa gestualità espressiva insita nella realizzazione di un’opera astratta».
Il titolo della mostra – “Res Derelictae” – allude all’istituto giuridico del diritto romano secondo il quale la proprietà dei beni abbandonati si acquisisce con la loro occupazione. Le fotografie delle Officine Reggiane sono state recuperate da Dario Tarasconi e Andrea Scazza e riportate a nuova vita, così come i capannoni abbandonati hanno avuto una nuova fase di vita nel periodo in cui sono stati occupati da persone senza dimora.
L’esposizione si compone di una cinquantina di fotografie, accuratamente selezionate e stampate su forex, posizionate lungo il perimetro del capannone secondo un percorso che valorizza il capitale estetico che il luogo ha prodotto. Nella parte interna sarà, inoltre, installato un apparato video e audio per riprodurre alcuni contenuti multimediali relativi alla realizzazione del progetto e al taglio interpretativo dato alle immagini.
La mostra sarà visitabile fino al 16 ottobre 2022, da lunedì a venerdì con orario 8.30-17.30, sabato 15.00-19.30, domenica 15.00-19.30. Ingresso libero; visite guidate su appuntamento (contact@dariotarasconi.com).
Nel corso dell’esposizione saranno organizzati diversi eventi collaterali: domenica 18 settembre, Sala conferenze del Tecnopolo, ore 17.30, incontro sul tema “Migrazioni, diritto di asilo, frontiere” con Gianfranco Schiavone (ASGI, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), Chiara Marchetti (CIAC Onlus) Duccio Facchini (AltrEconomia) e Federica Zambelli (Città Migrante); sabato 24 settembre, Sala conferenze del Tecnopolo, ore 17.30, incontro sul tema “Lo sfruttamento nel piatto” con Antonello Mangano (Terrelibere.org), Umberto Franciosi (Cgil Emilia Romagna), Cesare Trabace (CRID - Unimore); domenica 25 settembre, Sottopasso della Stazione Centrale (Piazzale Europa), ore 10.30-18.00, “Under the Skin”, jam session di graffiti; domenica 9 ottobre, Sala conferenze del Tecnopolo, ore 17.30, incontro sul tema “Dipendenze, detenzione, identità migranti” con Sara Manzoli (scrittrice), Mohamed Sabri (mediatore linguistico-culturale) e Luca Magnavacchi (educatore di Riduzione del Danno); domenica 16 ottobre, Sala conferenze del Tecnopolo, ore 17.30, incontro sul tema “Lo sguardo avanti” con Ahmed Abdullahi (scrittore), in dialogo con Dario Tarasconi e Andrea Scazza. È gradita la prenotazione (ascazza@gmail.com). Per approfondimenti: www.res-derelictae.com.
Dario Tarasconi (Montecchio Emilia, 1988) frequenta il Liceo delle Scienze Sociali presso l’Istituto “Matilde di Canossa” di Reggio Emilia, successivamente la Facoltà di Scienze della Cultura ed Epistemologia delle Scienze Umane presso il dipartimento di Studi Linguistici e Culturali dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Il suo percorso artistico comincia nella seconda metà degli anni 2000. Espone presso diversi spazi della sua città e nel 2017 partecipa ad una collettiva nel Palazzo Bentivoglio di Gualtieri (RE), insieme ad altri artisti e a Mario Pavesi. Nel 2019 viene scelto tra gli artisti emergenti italiani dalla galleria Orler per il progetto Affordable Art Point. Vive e lavora a Reggio Emilia.
Andrea Scazza (Reggio Emilia, 1985), laureato in Scienze Politiche all’ateneo felsineo, si specializza in Conflict Resolution presso il dipartimento di Peace Studies alla Bradford University. Dai primi anni 2000 inizia a dipingere come writer, lavorando dal 2012 alle ex Officine Reggiane insieme ad altri writers e artisti di strada. Partecipa all’organizzazione di jam pittoriche in luoghi vari della città di Reggio Emilia e presso le ex Officine Reggiane, tra cui la “Jam R60” in occasione dell’anniversario dell’occupazione della fabbrica. Collabora all’ideazione e alla realizzazione di progetti educativi mediante l’uso di pittura e graffiti. Vive e lavora a Reggio Emilia.