Come abbiamo potuto constatare tutti, veniamo da un periodo difficile, la pandemia da Covid19 ci ha colpito duramente e il settore della ristorazione e del turismo hanno subito perdite considerevoli.
Chiusure, lockdown e restrizioni non hanno di certo contribuito a migliorare la situazione, con il governo che ha promesso ristori e sostegni, ma purtroppo, non è riuscito a mantenere queste promesse lasciando soli milioni di lavoratori e imprenditori del settore. Inutile dire che moltissime persone hanno perso il loro lavoro.
Negli ultimi mesi si è registrata una crescita degli impieghi, in contemporanea all'eliminazione di green pass e restrizioni di vario tipo. Ma non è tutto oro quello che luccica.
Infatti molti di questi posti di lavoro sono a tempo determinato, quindi precari senza molte garanzie. In Italia, secondo le rilevazioni ISTAT, i precari sono circa 3 milioni (3.077.000) a dicembre 2021. A gennaio 2022, in base ai dati INPS, sono stati assunti con un contratto di lavoro precario o a tempo determinato 503.158 lavoratori.
In parole povere, questo significa che ci sono milioni di persone che non hanno garanzie di avere una retribuzione fissa e molte volte adeguata alle mansioni svolte.
Se andiamo ad analizzare nel dettaglio, ad esempio nel 2021 un adulto medio ha guadagnato 16.700€, che non consentono spesso e volentieri di avere un potere d'acquisto adeguato, rispetto agli anni passati. Se poi consideriamo che il 10% più ricco della popolazione detiene infatti il 52% del reddito globale, mentre alla metà più povera rimane l’8,5%, traspaiono ancora di più le disuguaglianze, con la metà più povera che possiede il 2% della ricchezza totale contro il 76% del 10% più ricco.
Se a tutto questo aggiungiamo anche che molte aziende sono sull'orlo del fallimento, abbiamo un quadro alquanto desolante. Da quanto emerge, questo default potrebbe riguardare circa 500 mila imprese, pari al 43% dei contribuenti, che non sono state in grado di pagare le rate delle imposte pregresse e sospese a seguito della normativa emergenziale.
Infatti il governo sta intimando a quest'ultimi il pagamento del residuo dovuto, comprensivo di sanzioni e interessi, per essere venuta meno la rottamazione. Tutto ciò con pochissimo preavviso e con molte aziende già precedentemente in difficoltà.
Dunque, la situazione è difficile per gli imprenditori. Purtroppo alcuni sono stati costretti a valutare opzioni come la rateizzazione tributaria e utilizzare metodi alternativi alla rottamazione per pagare a saldo e stralcio il debito residuo.
E per le attività che chiudono? Cosa ne sarà di tutti i lavoratori di queste imprese? Bella domanda!
Per molti lavoratori, come abbiamo visto in precedenza, si prospettano lavori a tempo determinato, senza garanzia di proroghe né tanto meno assunzioni dirette. Le agenzie interinali la fanno da padrone in questi casi, ma non sempre riescono a soddisfare le necessità dei lavoratori che impiegano e, quindi, parliamo anche del personale della ristorazione.
Molti finiscono per dover chiedere il reddito di cittadinanza per avere un sostentamento. Non tutti però possono accedere a questo aiuto. Ad esempio, gli imprenditori che falliscono o chiudono un'attività, avendo costoro debiti pregressi con l'INPS, non ne hanno diritto.
Oltre al danno la beffa. Non solo non hanno beneficiato di nessun tipo di ristoro nel periodo di lockdown, ma ora non hanno diritto neanche al reddito di cittadinanza.
Noi de LaVoceDellaRistorazione pensiamo che per risollevare questo paese ci vogliano delle linee guida da seguire pedissequamente. Azioni decise e perentorie, come combattere la precarietà, alleggerire la fiscalità, regolamentare i nuovi lavori e agevolare il dialogo tra domanda e offerta. Abbracciare una vera cultura d’impresa con una visione globale e a lungo termine, formare e specializzare le risorse umane e alzare i salari medi, ancora al di sotto rispetto al resto dell'Europa.
Fonte notizia
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