Giampiero Catone torna ad analizzare i problemi che affliggono i lavoratori italiani: questa volta si concentra sul fenomeno della fuga dal lavoro e sulle motivazioni che spingono sempre più persone a fare questa scelta, proponendo alcune soluzioni.
Giampiero Catone: la fuga dal lavoro
Sono quasi due milioni gli italiani che nel 2021 hanno presentato le dimissioni. I dati, che provengono dal Ministero del Lavoro, confermano una tendenza in forte crescita. I numeri registrati nello scorso anno superano in effetti del 33% quelli risalenti al 2020 e del 12% quelli del 2019. Un aspetto rilevante riguarda il fatto che tale fenomeno non interessi solo una piccola fetta di lavoratori, bensì tocchi tutte le fasce di età: dai più ai meno giovani. Quali sono le motivazioni che spingono le persone ad abbandonare la propria occupazione? La risposta, ovviamente, non può essere univoca, sebbene celi comunque una condivisa intolleranza verso la precarietà. "C'è chi cerca quel maggior equilibrio tra vita privata e lavoro. Chi non crede più alle ambizioni legate ad un lavoro gerarchizzato basato su impegno e produttività, e soprattutto c'è chi lascia perché l'occupazione non concede più possibilità di crescita economica, di soddisfazione professionale e di carriera", spiega Giampiero Catone. Il modello occupazionale basato sulla prospettiva di fare carriera, che ha retto il sistema dagli anni '50 agli anni 2000, risulta ormai superato, sotterrato dall'infinità di lavori a tempo determinato e "lavoretti" che da tempo costringono milioni di persone a rinunciare a prospettive future quantomeno decenti. Quell'idea che una maggiore produttività porti a una più alta remunerazione e a una crescita professionale oggi fa acqua da tutte le parti. Gli italiani non credono più nel sistema e pertanto preferiscono dimettersi.
La proposta di Giampiero Catone
Dal momento in cui si è già in una situazione di emergenza, che non può far altro che peggiorare, è imperativo intervenire al più presto. Prima di tutto, propone Giampiero Catone, "servono contratti stabili, così come è necessario investire economicamente sui lavoratori e la loro formazione", recuperando "fondi dai troppi incentivi al non fare nulla che vengono sottratti alle politiche attive del lavoro", come il Reddito di cittadinanza. Serve inoltre "più welfare aziendale", magari aumentando "le imprese che puntano sugli strumenti del welfare aziendale". Sono necessari anche maggiori "aiuti in situazioni di vita difficili" e "più servizi per rispondere alle necessità dei lavoratori". Potrebbero tornare utili in tal senso "programmi di welfare 'su misura' fatti di servizi e supporti personalizzati che sappiano cogliere i bisogni del singolo lavoratore". Invece di continuare a sostenere misure come il Reddito di cittadinanza, che anziché promuovere il lavoro sembra incentivare alla poltrona, Giampiero Catone spinge verso una svolta radicale incentrata principalmente su riforma del lavoro e previdenza, due temi fermi da fin troppo tempo.