Sessant’anni di collages e di avventure dell’artista Gianni Valbonesi saranno raccontati nella mostra antologica “Dalle cose altri miraggi”, in programma dal 14 maggio al 19 giugno 2022 all’intero del Complesso di San Paolo, recentemente restaurato dal Comune di Modena per adibire l’Ex Chiesa e la Sala delle Monache, all’interno della quale sono stati riportati alla luce dipinti e decori del Seicento, a spazio d’arte e cultura.
L’esposizione sarà inaugurata sabato 14 maggio, alle ore 17.30, alla presenza dell’artista, dei rappresentanti delle Istituzioni e di Luciano Rivi e Mario Bertoni, autori dei testi critici pubblicati nel catalogo.
Con un anno di ritardo dovuto alla pandemia (il sessantesimo dell’attività artistica di Valbonesi ricorreva nel 2021), la mostra intende proporre una ricostruzione critica dell’intera carriera dell’artista, profondamente legato alla città di Modena, dove risiede da sempre e lavora ancora oggi, a pochi passi dal centro storico e dal Complesso stesso.
Il percorso espositivo comprende una novantina di opere, di cui venti inedite, altamente rappresentative di una ricerca che, nella tecnica del collage, ha trovato il suo linguaggio d’elezione, in un dialogo continuo tra materiali e supporti, tra evocazioni ed emozioni, tra fantasia e realtà. Frequenti, i riferimenti a Paul Klee per la capacità di conferire esistenza all’immagine, a Kurt Schwitters per la tecnica combinatoria degli assemblaggi fatti con i materiali più disparati, a Jean Dubuffet per la ritrovata gioia del fare, per l’esigenza vitalistica di cui l’opera deve connotarsi, e ad altri protagonisti della storia dell’arte internazionale.
Nelle opere di Gianni Valbonesi sono presenti carte di ogni tipo (spartiti, biglietti, etichette, strappi), accanto ad una miriade di oggetti che sembrano caduti inavvertitamente dalle tasche del tempo: tappi, brugole, bottoni. E ancora foglie d’acero, velluti, cordini, schegge di specchi e porcellane: il gesto artistico li salva, reintegrandoli in una nuova totalità dominata dalla meraviglia e dall’incanto del colore.
«Un giorno di novembre del 2021 – scrive Mario Bertoni – chiesi a Gianni Valbonesi come si comportava di fronte alla pagina, alla tela bianca, e lui mi replicò: “soffro di horror vacui, non sopporto quel momento, quando tutto è ancora da fare. Comincio a riempire la superficie di oggetti, di frammenti”. Innanzitutto, si è in presenza di un artista il quale, anziché fuggire presso l’ispirazione, trova nel fare concreto e nell’esperienza il modo per affrontare la sperimentazione. […] Effetto di superficie o senso del profondo? Entrambi, come tutti i sensi che le sue opere invocano, come avveniva negli interventi di arte totale».
«L’arte non si fa cercando – aggiunge Luciano Rivi – ma piuttosto direttamente trovando. Che vuol dire come siano direttamente le cose che circondano l’artista a guidarlo nella sua attività creativa, e non valga come per altri un significativo momento ideativo o progettuale preliminare a quel confronto. […] La scommessa sembra essere quella di una possibilità di riabilitazione anche per tutte quelle immagini che per buona parte della loro vita sono state chiamate a svolgere un ruolo da comparse nella condizione banale di una quotidianità più o meno segnata dalla società dei consumi. Non è che quella precedente vita, così artefatta, debba venire smentita: dovrà piuttosto essere rivitalizzata attraverso un processo che porti a ulteriore acquisizione di senso».
«Sono poche le persone – conclude Gianni Valbonesi – che hanno la fortuna di poter fare lo stesso lavoro per sessant’anni: sarà una gioia festeggiare questo traguardo nella mia città, con gli amici, la famiglia, i collezionisti e quanti hanno seguito nel tempo il mio lavoro. Esporremo opere attuali e opere del passato. Walter Guadagnini, diversi anni fa, diceva che i miei lavori sono sempre uguali, ma sempre diversi. Credo avesse ragione. Ci sono connessioni profonde, richiami, ritorni. Quando inizio un’opera non ho quasi mai idea di come andrà a finire. La composizione finale è frutto di scelte progressive, fino al momento in cui tutto trova un suo equilibrio».
Organizzata da Arci Modena e da Eros Valenti con il patrocinio di Regione Emilia-Romagna, Provincia di Modena e Comune di Modena, l’esposizione è realizzata con il contributo di Ing. Ferrari S.p.A. (main sponsor), BPER Banca (main sponsor), Assicoop UnipolSai, Camera di Commercio di Modena, Parmigiano Reggiano, Coop Alleanza 3.0. La mostra sarà accompagnata da un catalogo stampato da TEM Modena by Artestampa Fioranese con contributi critici di Mario Bertoni e Luciano Rivi e ricco apparato iconografico. Allestimento curato da Giorgio Tavernari (DaFsrls) con la consulenza di Fausto Ferri.
Il Complesso di San Paolo è aperto al pubblico nei seguenti giorni e orari: venerdì ore 16.00-20.00, sabato e domenica 10.00-13.00 e 16.00-20.00, 14 maggio e 18 giugno apertura prolungata fino alle 22.30. Ingresso gratuito, accessi regolati nel rispetto della normativa vigente. Per informazioni: T. +39 389 4441875 (in orario di mostra), valbogianni@gmail.com, www.instagram.com/giannivalbonesi.
Nel periodo espositivo, saranno organizzati incontri con l’artista, visite guidate, tavole rotonde ed iniziative dedicate agli studenti degli istituti d’arte.
Gianni Valbonesi nasce a Roma nel 1941 ma cresce a Modena, dove si diploma all’Istituto d’arte Venturi.
A Modena continua a vivere e lavorare, dipingendo i suoi quadri con tecnica quasi esclusivamente a collage. La scoperta di Jean Dubuffet (a Venezia nel 1960), la successiva conoscenza dell’opera di Kurt Schwitters e quindi della poetica e della lezione formale di Paul Klee sono state determinanti nelle scelte formative iniziali e riemergono più o meno costantemente fino alla produzione più recente, pur se attraversate da una narrazione autobiografica. Nel corso di oltre sessant’anni di carriera ha partecipato a decine di mostre collettive e tenuto ventisei mostre personali; sue opere sono apparse su copertine di libri, ha partecipato a rassegne internazionali di Mail Art e nel 1999 a “Gli artisti modenesi raccontano il Duomo”, contribuendo inoltre all’illustrazione dell’“Evangeliario” (2000). Nel 2002 ha realizzato un’opera monumentale per il Parco della Resistenza di Modena, collaborando a varie edizioni del festivalfilosofia di Modena.