29 settembre 2021 - Una malattia si definisce rara quando la sua prevalenza non supera i 5 casi su 10.000 persone, se ne conoscono e se ne diagnosticano tra le 7.000 e le 8.000, interessando quindi milioni di persone. I dati del registro nazionale malattie rare dell’Istituto Superiore di Sanità, stimano in Italia 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti: il 20% delle patologie riguarda pazienti in età pediatrica. Per i pazienti in età adulta, invece, le più frequenti sono le malattie del sistema nervoso e degli organi di senso (29%) e quelle del sangue e degli organi ematopoietici (18%) - [Fonte: ISS 2015]. Ma ancora oggi, ad esempio, gli screening neonatali ed il ritardo diagnostico fanno in modo che i SSR debbano migliorare i propri modelli assistenziali. Con lo scopo di condividere a livello regionale i bisogni irrisolti dei pazienti e le criticità nei percorsi di presa in carico per poter valutare quale programmazione debba essere fatta, Motore Sanità ha organizzato il Webinar ‘MALATTIE RARE. FOCUS EMILIA-ROMAGNA/TRIVENETO’, quarto di 6 appuntamenti, realizzato grazie al contributo incondizionato di Alexion, Takeda, Biogen e Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson.
“Contrastare le malattie rare è complesso perché ai professionisti è chiesto di affrontare situazioni in apparente contrasto fra loro. Devono essere preparati senza poter contare su una casistica ampia in grado di far acquisire e mantenere nel tempo competenze necessarie. È richiesta massima specializzazione per diagnosticare e trattare la malattia, in una visione olistica del paziente. Le patologie richiedono quasi sempre integrazione di più specialisti, che è molto difficile avere a disposizione in un determinato contesto lavorativo e, pertanto, devono essere trovati altrove attraverso un’integrazione multicentrica. I pazienti bisognano di alta specializzazione e contestualmente di integrazione sociosanitaria, simile a quella delle malattie croniche ad ampia diffusione per le quali ci sono interlocutori diversi, specificatamente preparati a questo. Se per i professionisti è difficile, per i pazienti e i loro familiari lo è ancor di più. Si susseguono speranze e delusioni. Spesso devono essere affrontati lunghi spostamenti per ricevere una diagnosi e impostare un trattamento. Quasi sempre la qualità della vita di tutto il nucleo familiare è compromessa. C’è bisogno di essere aiutati e spesso ci si può sentire soli. Affrontare una malattia è dura per tutti, quando questa è una malattia rara è ancora più difficile. C’è bisogno di competenza, organizzazione, integrazione, umanità, equità, efficacia, costanza, disponibilità e tanto altro”, ha spiegato Giuseppe Tonutti, Direttore Generale Azienda Regionale Coordinamento per la salute ARCS, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
“Le malattie rare (MR) neuromuscolari sono rappresentate da un rilevante numero di patologie molto eterogenee fra loro, sia dal punto di vista clinico che patogenetico, acute e croniche, genetiche e acquisite, per definizione tutte genericamente caratterizzate da una bassa incidenza (5 casi/10.000 abitanti/anno). Tuttavia, la prevalenza assoluta delle singole patologie appartenenti a questo gruppo può variare anche in maniera sensibile. Così, accanto a condizioni meno rare, si riconoscono forme molto rare o rarissime. Anche all’interno di uno stesso gruppo di malattie, come ad esempio le amiotrofie spinali (SMA), che hanno una incidenza complessiva di 1 su 6.000 - 11.000 nati vivi, la prevalenza è variabile a seconda del tipo specifico. Così, ad esempio, la prevalenza della SMA I è stimata attorno a 1/80.000, mentre quella delle forme tipo II e III è stimata essere compresa tra 1 e 9 /100.000. Più spesso, anche in relazione alla bassa incidenza, la diagnostica delle MR è difficile, richiedendo l’impiego di metodiche strumentali ed esami laboratoristici specifici, talvolta complessi e, per lo più, di esecuzione non comune. La prognosi dei singoli tipi di MR neuromuscolari è estremamente variabile, spesso non buona (“quoad vitam” e “quoad valetudinem”) e, anche a causa delle scarse conoscenze dei meccanismi patogenetici che sottendono alcune di queste patologie, a volte poco influenzabile dalle terapie farmacologiche disponibili. Questi aspetti portano, in maniera purtroppo non trascurabile, a formulare la diagnosi tardivamente e, di conseguenza, a ritardare gli interventi terapeutici apportabili, la cui efficacia è dimostrata essere maggiore quando applicati nelle prime fasi di malattia. A tale proposito si consideri ad esempio in caso di SMA l’importanza di un intervento terapeutico il più precoce possibile. Considerando questi aspetti, risulta evidente che l’istituzione di percorsi diagnostico- terapeutico-assistenziali (PDTA) dedicati alle MR neuromuscolari rappresenti un importante, se non fondamentale, punto di partenza per affrontare queste problematiche in maniera adeguata. A tale proposito va detto che in diverse Regioni sono stati attivati PDTA specifici per questo tipo di patologie, i quali, tuttavia, oltre a presentare una distribuzione territoriale molto eterogenea, risultano essere poco omogenei tra loro sia a livello intra che inter-regionali. Inoltre, considerato che il processo diagnostico può richiedere il coinvolgimento di strutture finalizzate non necessariamente disponibili sul territorio si dovrebbe prevedere l’attivazione dei centri hub specifici per patologia a cui inviare i casi più complessi per la diagnostica precoce e l’indirizzo terapeutico. Aggiuntivamente va tenuta in considerazione per patologie rare specifiche l’opportunità di potere disporre di un coordinamento di livello nazionale. Tale coordinamento, che potrebbe avvalersi ad esempio degli Istituti Virtuali Nazionali costituiti nello specifico in seno alla Rete IRCCS delle Neuroscienze e del Neuroriabilitazione, è indispensabile per armonizzare in maniera univoca i percorsi dei vari centri locali/regionali, raggruppare i pazienti con una stessa malattia in coorti più vaste, nonché per razionalizzare in maniera più mirata investimenti e risorse”, ha dichiarato Rocco Liguori, Professore Ordinario Dipartimento Scienze Biomediche e Neuromotorie Università di Bologna