16 settembre 2021 - Il carcinoma mammario triplo-negativo riguarda il 15% dei tumori mammari e ha esito spesso negativo, ma con le nuove terapie target (PDL 1) la sopravvivenza è significativamente cambiata. I companion test sono sottoposti a regolamentazione europea ma manca un indirizzo nazionale e non sono inseriti nei Livelli essenziali di assistenza (LEA). Una situazione che preoccupa i cittadini/pazienti. “La disponibilità dei test è un diritto che va sancito e bisogna riportare i loro costi a quelli che sono i valori di mercato – ha spiegato Lorenzo Latella, Segretario Cittadinanzattiva Campania -. Bisogna lavorare tanto su questo fronte e risolvere le criticità della nostra sanità”.
Questo tema è stato discusso nella seconda sessione “Il carcinoma della mammella triplo negativo: dal companion test alla terapia immunoncologica” della SUMMER SCHOOL 2021, evento organizzato da Motore Sanità.
Secondo i dati, il carcinoma mammario triplo-negativo ha una sopravvivenza mediadalla diagnosi nettamente inferiore rispetto alle altre forme, è particolarmente diffuso sotto ai 50 anni e nelle donne con mutazioni del gene onco-soppressore BRCA1 e in fase avanzata o metastatica conta circa 1.500 pazienti in Italia. Per questo tipo di tumore si aprono importanti prospettive di cura. Nell’agosto 2020 l’AIFA ha approvato l’utilizzo di un anticorpo monoclonale (Atezolizumab), associato a chemioterapia, nei pazienti affetti da carcinoma mammario triplo negativo in fase avanzata, che risulta positivo (≥ 1%) per la molecola PD-L1 a livello delle cellule immunitarie associate al tumore.
“Molti passi avanti sono stati fatti anche per il carcinoma mammario triplo negativo, patologia poco responsiva e facilmente resistente alla chemioterapia, e senza dubbio le due strade al momento più significative ed interessanti sono quella della immunoterapia con gli antiPDL-1 nei pazienti con elevata positività al PDL-1 e quella con gli inibitori di PARP nei pazienti con BRCA 1 o 2 mutati. Di contro però ancora molto va studiato e tentato per la identificazione di un robusto biomarcatore con sicure capacità predittive per questi di trattamenti già disponibili e attivi” ha spiegato Vincenzo Adamo, Direttore Oncologia Medica A.O. Papardo-Messina e Coordinatore Rete Oncologica Siciliana (Re.O.S.).
La UOC di Anatomia Patologica dell’Azienda ospedaliera “Ospedali Riuniti Marche Nord”, diretta dal Professor Alfredo Santinelli, è uno dei 6 centri di riferimento (Hub) e, ad oggi, ha determinato circa 60 casi di PD-L1, con richieste provenienti da differenti centri di oncologia italiani, riscontrando una positività per PD-L1 in circa il 52% dei carcinomi analizzati.
“La terapia sistemica si basa essenzialmente su chemioterapici, non essendo presenti molecole bersaglio da colpire con farmaci mirati di nuova generazione. L’anatomopatologo ha la fondamentale “mission” di determinare la molecola PD-L1 mediante una metodica immunoistochimica, che prevede uno specifico allestimento automatizzato e standardizzato del preparato da valutare, e con un metodo di valutazione semiquantitativa che segue regole ben precise. Per un’ottimale determinazione del PD-L1, indispensabile per ottenere la desiderata risposta terapeutica ai farmaci, è indispensabile seguire tale ben preciso iter diagnostico sia come allestimento, sia come valutazione dei preparati immunoistochimici per PD-L1 ed attivare un controllo di qualità. Per i servizi di anatomia patologica che non avessero la possibilità di fare ciò, è possibile avvalersi della consulenza di 6 centri di anatomia patologica di riferimento per tale metodica, con un sistema “Hub & Spoke”” ha spiegato Alfredo Santinelli.
Oltre alla sanità e alla salute, la pandemia ha messo in evidenza l’importanza del mondo dei dispostivi medici (che coinvolge la diagnostica preventiva, fino alla chirurgia e riabilitazione). Sul tema dellaloro governance è intervenuta Confindustria Dispositivi Medici,illustrando il ruolo strategico dell’industria in questo settore, “ma risulta urgente un coinvolgimento nella discussione sulla governance dei dispositivi”.
“L’industria sta investendo molto in termini di risorse umane ed economiche in seguito all’introduzione del Nuovo Regolamento Dispositivi Medici (MDR) e in vista dell’arrivo a regime del Regolamento sui dispositivi diagnostici in vitro (IVDR) nel 2022 – ha spiegato Fernanda Gellona, Direttore Generale di Confindustria Dispositivi Medici -. La procedura, infatti, prevede un percorso con maggiori step di controllo e di certificazione. Il rischio è, dal lato dei sistemi sanitari, di un generalizzato aumento dei conti, dal lato delle imprese, di una maggiore difficoltà a sostenere i costi onerosi per restare sul mercato. Ciò è valido soprattutto in Italia, dove i costi derivanti dai nuovi Regolamenti si sommano alle politiche di acquisto incentrate sul prezzo più basso, alle tasse specifiche per il settore, ai tempi di pagamento e, da ultimo ma non meno rilevante, ai costi della burocrazia collegati al sistema degli acquisti. Per questi motivi auspichiamo di essere coinvolti quanto prima nella discussione sulla governance del settore dei dispositivi medici, che è uno dei temi di grande rilevanza previsti dal Patto per la salute”.
“Si sta cercando di far ripartire la macchina delle valutazioni sul valore dei dispositivi e di implementare il percorso HTA per una valutazione puntuale dei vantaggi economici che possa dare una valutazione dell’appropriatezza dell’intero percorso di cura. Per fare questo occorre avere dati real world al fine di creare una tracciatura dei dispostivi medici e del loro impiego” ha concluso Francesco Saverio Mennini, Presidente SIHTA.
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