12 Aprile 2021 - La pandemia da Covid-19 non deve fare dimenticare l’esistenza di
malattie croniche come il diabete il cui impatto sulla salute del paziente e sul piano
sociale è devastante. Il paziente con diabete è un paziente ad altissimo rischio. E i
dati parlano chiaro.
Ogni 7 minuti una persona con diabete ha un attacco cardiaco, ogni 30 minuti
una persona con diabete ha un ictus, ogni 90 minuti una persona subisce una
mutazione a causa del diabete, ogni 3 ore una persona con diabete entra in
dialisi, il 15% delle persone con diabete ha coronaropatia, il 38% delle persone
con diabete ha insufficienza renale (può portare alla dialisi), il 22% delle persone
con diabete ha retinopatia, il 3% delle persone con diabete ha problemi agli arti
inferiori e piedi.
Altri dati che fanno riflettere. Il 50% di pazienti con diabete di Tipo 2 viene vista
quasi esclusivamente dai Centri specialisti, un altro 50% non viene seguito mai
dallo specialista. E’ di 7-8 anni la riduzione di aspettativa di vita nella persona
con diabete non in controllo glicemico, il 60% almeno della mortalità per malattie
cardiovascolari è associata al diabete.
Se i farmaci SGLT2, secondo lo studio EMPAREG condotto su 7.020 pazienti ad elevato
rischio cardiovascolare con diabete di Tipo 2, ha mostrato una riduzione del 38% della
mortalità cardiovascolare, del 32% della mortalità per tutte le cause, del 35% le
ospedalizzazioni per scompenso (Repor Arno 2019), a fronte di queste evidenze, al
medico di medicina generale non viene data la possibilità di prescrivere queste
terapie e anche rapidamente. L’impatto è devastante considerando che la diagnosi
arriva quando ormai il 50% delle batacellule è già danneggiata e che dal momento
della diagnosi all’utilizzo delle prime terapie, all’utilizzo delle sulfaniluree e quando il
paziente viene inviato allo specialista passano degli anni e la malattia progredisce e
subentrano le complicanze.
Per fare il punto sul tema, DIABETE ITALIA ONLUS e MOTORE SANITÀ hanno
organizzato il Webinar ‘CURA DEL DIABETE E MMG: un attore chiave del
processo di cura con le armi spuntate’, realizzato grazie al contributo
incondizionato di AstraZeneca e Boehringer Ingelheim
Il covid-19 ha mostrato la necessità di dare accesso da parte della medicina
territoriale all'innovazione terapeutica. Lo scenario attuale però priva la medicina
di famiglia di questo diritto creando un disallineamento chiaro rispetto alle
evidenze scientifiche e alle indicazioni delle linee guida, nonché provocando un
sottoutilizzo dei farmaci SGLT2, DDP4 eGLP1 per il diabete, molti dei quali in
commercio da oltre un decennio e oramai prossimi alla scadenza brevettuale.
Le conseguenze sono evidenti e drammatiche: un rallentamento nei benefici di
salute, potenziale rischio sui pazienti, derivante aumento dei costi
socio-assistenziali. I benefici di questo cambiamento si traducono in ridotti tempi
di adesione alle indicazioni delle linee guida, presa in carico efficace e tempestiva
con cure adeguate, inutili e gravosi tour dei pazienti per ottenere le terapie o
semplicemente il rinnovo e rendere efficiente il territorio nella gestione della
cronicità diabete.
“Oggi ci siamo dimenticati che anche il diabete è una pandemia – si è appallata
Rita Lidia Stara, Membro del Comitato Direttivo Diabete Italia e Presidente
Fe.D.E.R Federazione Diabete Emilia-Romagna -. I numeri del diabete sono stati
messi da parte ma sono enormi. Non dobbiamo dimenticarci della storia dei
pazienti, dei loro bisogni di cura e di salute e non fanno bene né ai pazienti né al
Sistema la contrapposizione che esiste tra il ruolo del medico di medicina generale
e dello specialista nel percorso di cura e assistenziale del paziente. Chiediamo che
venga dato al medico di medicina generale il diritto di prescrivere i nuovi farmaci e
che il paziente sia in grado di accedervi in maniera semplice. Nella vita quotidiana il
paziente è penalizzato perché non ha accesso a queste cure se non in maniera
parziale. Vogliamo delle risposte ora, subito perché non possiamo più aspettare”.
“Il medico di medicina generale deve entrare sempre di più nella gestione di questi
pazienti che hanno il diritto di essere seguiti da un team di esperti che possano
anche assicurare nel luogo di cura lo screening delle diverse complicanze, ma se
poi è trattato in maniera adeguata può essere seguito prevalentemente dal suo
medico di medicina generale – ha spiegato Agostino Consoli, Presidente SID
Professore ordinario di Endocrinologia, Università ‘G. d’Annunzio’ di Chieti e
Responsabile della Uoc Territoriale di Endocrinologia e Malattie Metaboliche della
Ausl di Pescara -. Oggi assistiamo ad un fenomeno che è poco virtuoso: il 50% di
pazienti con diabete di Tipo 2 viene visto quasi esclusivamente dai Centri
specialisti e questo non va bene perché non è un uso razionale delle risorse, un
altro 50% non viene seguito mai dallo specialista e questo non va bene perché
probabilmente perdono qualcosa del percorso che deve portare a curarsi nella
maniera migliore. Questo riguarda l’organizzazione della care che deve essere
assolutamente razionalizzata e sulla quale stiamo facendo una serie di discorsi,
anche con la diabetologia, che deve essere riformata al suo interno, e la stessa
medicina generale con la quale dobbiamo aprire e sviluppare un discorso molto più
franco e collaborativo. E’ assurdo in questo scenario che il medico di medicina
generale non viene considerato capace di giudicare se un trattamento è efficace
o meno perché, a prescindere dal grado di controllo del paziente, è costretto ad
inviarlo dallo specialista per avere la vidimazione di un piano terapeutico. E’
fondamentale assicurare alla persone con diabete più anni di vita a livello
qualitativo e quantitativo e che contemporaneamente non abbiano effetti collaterali
gravi o fastidiosi. Sta per essere conclusa la redazione delle linee guida ISS per la
terapia del Diabete di tipo 2”. E ancora.
“Le società scientifiche e la stessa SID sostengono che nel momento in cui il
paziente ha un rischio cardiovascolare altissimo (70-80%) o se il paziente ha già
una patologia cardiovascolare (25%) deve essere trattato con un farmaco della
classe innovativo, in caso contrario il MMG commette una violazione della legge.
Non è questa la sola cosa che riuscirà a risolvere una necessaria integrazione
della Specialistica e la Medicina generale nell’assistenza alla persona con diabete,
e c’è tutta la volontà degli specialisti e della medicina generale a farlo. Il CTS
dell’AIFA è estremamente disposto a venire incontro a questo, è verosimile che
tra il convincimento culturale e la effettiva capacità di deliberare ci sono degli
ostacoli nel mezzo e c’è a qualche livello una forma di scarsa competenza. E’
auspicabile la realizzazione di una piattaforma nazionale per il tracciamento
protetto dei dati del paziente e della prescrizione dei farmaci, che
risulterebbe essere anche una importantissima fonte di cultura scientifica.
Abbiamo tutta la tecnologia necessaria per fare questo. Lo stiamo proponendo
all’AIFA da un anno e mezzo”.
“L’interlocuzione con AIFA è costante e tentiamo di sollecitarla il più
frequentemente possibile per ottenere un riscontro circa l’allargamento della
prescrizione dei farmaci per la Medicina generale e, ove possibile, l’abolizione
di alcuni piani terapeutici – ha spiegato Paolo Di Bartolo, Presidente AMD -. E’
un tema all’ordine del giorno in ogni riunione ma che sistematicamente la
situazione emergenziale sanitaria posticipa per lasciare spazio alla campagna
vaccinale. E’ indubbio che ci si deve muovere. Sono molto fiducioso e spero a
giugno che si possa iniziare questa nuova avventura.
Credo fortemente che la rete di assistenza clinica al paziente con diabete,
costituita da nodi quali le Diabetologie, i grandi Centri iperspecialistici, i piccoli
Centri e la Medicina generale, deve essere tenuta unita dalla digitalizzazione e
dalla possibilità di poter prescrivere e avere pari dignità di prescrizione. Il
diabetologo stesso ovviamente darà il suo contributo per prescrivere nel
paziente giusto ma anche per aiutare il medico di medicina generale a
sviluppare velocemente le competenze e le conoscenze per ben prescrivere”.
“Considerare il medico di medicina generale un professionista non competente
a prescrivere tali farmaci e considerare che i farmaci costosi sono farmaci il cui
costo non dipende dall’efficacia e dal beneficio è il vero limite culturale di
quello che sta accadendo. Se non rimoviamo questo limite non potremo
neanche parlare di silos e altro – ha sentenziato Claudio Cricelli, Presidente
SIMG -. Alcuni processi sono stati avviati da molto tempo, abbiamo perfezionato
dei meccanismi software e le nostre cartelle cliniche sono pronte a rendere conto
di tutto quello che facciamo. Sono convinto che questa trasformazione di cultura
oggi sia pronta. Io spero che questa volta la situazione si risolva perché la nostra
pazienza è definitamente conclusa e se non avviene qualcosa oggi dovremo
pensare a smuovere questo sistema non soltanto per i farmaci per il diabete,
perché ci sono due note che sono in attesa (sui farmaci per la BPCO e altri), ma
perché è arrivato il momento di dire che questo gioco è concluso e che lo
sostituiamo con un altro gioco, quello della verità scientifica, delle evidenze,
del conteggio dei benefici di salute e dei “malefici di salute” cioè della negazione
dei benefici di salute che questi atteggiamenti e questi comportamenti stanno
determinando”.
Secondo Federico Gelli, Responsabile del rischio in sanità di Federsanità
ANCI, Roma “E’ disarmante apprendere che non sia cambiato nulla rispetto al
passato, di fatto il problema non è mai stato risolto. La legge Gelli 24 ha aperto
culturalmente alcuni principi innovativi e l’attualità della legge 24 è
estremamente forte”.
“L’aspetto farmaci e prescrizione è un aspetto fondamentale e riusciremo a
risolverlo grazie alle intese tra specialisti e medici di medicina generale già
avviate – ha rassicurato Paola Pisanti, Consulente esperto malattie croniche,
Ministero della Salute -. Si risolverà facendo attenzione alle esigenze delle
persone con diabete, grazie al contributo stesso delle associazioni di pazienti
che quotidianamente raccolgono i loro bisogni; grazie al lavoro dei
professionisti che non devono creare confusione tra i ruoli e quindi nei
confronti del paziente stesso, e grazie all’organizzazione che sicuramente
deve adattarsi a questo ruolo di integrazione specialista-ospedale-
territorio-
strutture intermedie. La gestione integrata del malato deve infatti prevedere
l’intervento del medico di medicina generale e dello specialista a seconda
della condizione clinica del paziente, in un percorso sempre integrato in cui
entra anche un altro attore, il farmacista che può lavorare molto sull’aderenza
terapeutica, vale a dire può aiutare il medico di medicina generale e lo
specialista nel favorire l’aderenza terapeutica di quelle persone in gestione
integrata tra medico di medicina generale-specialista-
farmacista. Ricordo che
abbiamo avviato in sette regioni italiane una sperimentazione sul ruolo del
farmacista di comunità nella gestione della malattia cronica”.
Secondo Paolo Di Bartolo, Presidente AMD “l’assistenza a favore della
persona con diabete non è solo prescrizione di farmaco, ma uno degli
elementi che maggiormente condizionerà l’esito dell’assistenza è la capacità
e la possibilità di portare il paziente al self management, il paziente deve
diventare cioè il proprio caregiver, sapere esattamente interpretare e leggere
quali bisogni ha in un determinato momento della sua vita, in questo momento
però la medicina territoriale non è attrezzata per questo, fino a quando la
medicina territoriale nelle aggregazione funzionali territoriali (AFT) non avrà
delle figure specifiche che sono educatori specializzati e specialisti in
diabetologia, ogni paziente che riceve la diagnosi di diabete deve essere
indirizzato, al di là di una corretta diagnosi che può avvenire anche dalla
medicina territoriale, alle diabetologie per iniziare il percorso di educazione
terapeutica strutturata. Dopodiché si aprono le mille possibilità di spostamento
del paziente all’interno della rete di diabetologia a seconda del bisogno e
negli anni che seguiranno”.