26 marzo 2021 – Questo l’argomento discusso al Tavolo di lavoro ‘Oncologia e territorio:
gestione della cronicizzazione della patologia tumorale e indicatori di valore delle reti
oncologiche’, durante la Winter School “CALL TO ACTION PER UN SSN INNOVATIVO E
RESILIENTE... SE CORRETTAMENTE FINANZIATO”, Motore Sanità, che vede per 2 giorni
confrontarsi i massimi esperti della Sanità italiana.
“I bisogni dei pazienti vanno più verso la socialità che non verso la medicina. Lunghi sono i
periodi a domicilio, dove mancano controlli importanti durante la fase a casa. Ci vuole stretta
collaborazione tra oncologo ospedaliero e medicina generale. Riscrivere i PDTA, con più
appropriati setting correlati ai diversi bisogni. Alcune attività trovano migliore collocazione nel
territorio come la riabilitazione, il supporto nutrizionale e gli screening e la iniziale presa in
carico appropriata, che a questo livello sono poi fondamentali. Il tema dell’introduzione della
telemedicina è indispensabile, così come quello del caregiver dedicato e formato; non meno
importante partire da dati concreti raccolti nel Real World. Attenzione non andiamo a
prefigurare 2 oncologie: questa differenza non esiste perché il percorso deve essere lo stesso.
Ci vogliono setting assistenziali ospedalieri e territoriali con uno stesso Governo. Credo che se
si faccia un’accurata ricerca dei costi, il calcolo economico sarebbe vantaggioso, ma è
impensabile che le risorse ad oggi disponibili bastino a dare efficacia a questi cambiamenti”, ha
raccontato Gianni Amunni, Direttore Generale ISPRO e Responsabile Rete Oncologica Toscana
“Si può parlare di oncologia territoriale solo se ci sono competenze importanti. È necessario
prevedere ruoli di oncologici medici nel territorio che devono dipendere dagli stessi oncologi
ospedalieri che garantiscano continuità con la struttura ospedaliera. Con la telemedicina è
possibile condividere referti e discutere casi clinici. Telemedicina e oncologi ospedalieri sono i 2
pilastri dell’oncologia territoriale. In Veneto sono esaurite le graduatorie per l’oncologia medica:
così oggi stiamo affrontando la pandemia dopo anni di elementi confondenti sulle scelte politiche
effettuate a livello nazionale negli anni”, ha dichiarato Pierfranco Conte, Direttore SC Oncologia
Medica 2 Istituto Oncologico Veneto - Coordinatore della Rete Oncologica Veneta
“Non dobbiamo più parlare di oncologia ospedaliera e territoriale ma solo di oncologia: da molte
parti però abbiamo Aziende ospedaliere e territoriali che possono creare difficoltà. Non esiste una
oncologia di serie A e una di serie B. Le prestazioni devono essere di qualità e possono essere
erogate da un’unica oncologia che risponde a quell’area territoriale. Non si può far accedere
all’ospedale un paziente solo per avere una semplice terapia orale. Occorre che ci sia un’oncologia
che possa lavorare in più sedi e ci vuole la possibilità di avere una cartella unica che possa essere
visibile da tutti i Centri e PDTA condivisi. In Emilia-Romagna abbiano fatto da un anno e mezzo un
Progetto pilota, abbiamo creato l’oncologia provinciale coordinata dall’ IRCCS di Reggio, con un
unico Direttore ma con punti di somministrazione farmaci in tutta una serie di laboratori sparsi che
fanno capo all’oncologia centrale”, ha tenuto a precisare Carmine Pinto, Direttore Dipartimento
Oncologico e Tecnologie Avanzate, IRCCS Istituto in Tecnologie Avanzate e Modelli Assistenziali in
Oncologia, Reggio Emilia
“Bisogna essere realisti: ci siamo accorti che c’è stato un fallimento della Sanità in alcune Regioni
che nessuno avrebbe mai immaginato. Mancano e sono mancate risorse per mantenere efficienti i
servizi e questo è oramai apparso inaccettabile con la lezione della pandemia. Non ci sono
Regioni italiane dove non siano stati attivati GOM. Noi in Sicilia siamo già dei GOM multidisciplinari
e organizzati. Dobbiamo puntare sui giovani e smuovere le stanze del potere istituzionale sulle
risorse tecnologiche ed umane da mettere in campo, perché molti dei ragazzi formati dalle nostre
scuole di specializzazione vanno all’estero, ricevendo i complimenti per la loro formazione; questo
accade quasi al 30% dei nostri specializzandi, che noi formiamo a nostre spese per poi regalarli
a Nazioni dove vengono ‘trattati’ meglio”, ha detto Vincenzo Adamo, Direttore Oncologia Medica AO
Papardo-Messina e Coordinatore Rete Oncologica Siciliana
“Con l’oncologia territoriale non dobbiamo creare nuovi silos; il problema è che oggi esistono tanti
servizi diversi, ma non esiste alcuna comunicazione tra le varie strutture. È indispensabile evitare di
creare una ulteriore gerarchia all’interno di questi stessi sistemi. Lavorare sulla cultura della
multidisciplinarietà è il futuro. Sono stati creati gruppi oncologici con i quali ci confrontiamo
settimanalmente, identificando così il setting di cura, passando dall’ospedale al territorio in modo
molto più semplice. Con il Covid abbiamo imparato a interagire virtualmente e possiamo discutere
in una piattaforma, garantendo alcune attività di prossimità, evitando di far muovere pazienti solo
per farci vedere un semplice emocromo. Credo molto nell’interazione strutturata, ma noi medici
dobbiamo convincerci che dobbiamo collaborare maggiormente tra noi, condividendo le nostre
storie, così possiamo crescere definitivamente”, ha spiegato Sandro Pignata, Coordinatore Rete
Oncologica Campana
“Il pensiero degli oncologi è lo stesso, la declinazione dei principi cambia da Regione a Regione.
Bisogna fare chiarezza nei termini, territorio non è ospedale. Nella mia Regione abbiamo
ottenuto una rete di erogazione di servizi attraverso un’unità di oncologia medica unica deputata
a gestire le terapie. L’oncologia territoriale si fa con specialisti oncologi ed infermieri dedicati, ma
in alcune (forse molte) Regioni non ci sono. Alcune attività come il follow-up potrebbero esser fatte
ad esempio in collaborazione con la medicina di base, ma vedo complessa una gestione della
terapia (anche semplicemente quella orale) a livello di territorio. Non è possibile che ci sia ancora
nei territori, diversità nell’assistenza specialistica oncologica all’interno del percorso di cura, con
un lungo periodo di difficoltà fino al momento peggiore che vede il coinvolgimento dell’oncologo
oltre che del palliativista”, ha aggiunto Paolo Pronzato, Direttore Oncologia Medica IRCCS San
Martino, Genova - Coordinatore DIAR Oncoematologia Regione Liguria
“Delocalizzare la diagnostica è molto difficile perché deve essere fatta una riorganizzazione della
chirurgia, perché il trasporto del materiale deve essere garantito a tutti gli effetti. La Rete di
tecnologie avanzate deve avere competenze e strutture adeguate. Durante il COVID molti malati
non potevano muoversi e quindi è entrata in gioco la telepatologia che diventa indispensabile a
tutti i livelli anche in futuro. Con questo scenario la futura rete diagnostica efficiente dovrà avere
nuove risorse umane e strutturali da affiancare all’oncologia”, ha aggiunto Anna Sapino, Direttore
Scientifico IRCCS Candiolo