23 Marzo 2021 - Il tema dell’oncologia territoriale è cresciuto molto negli ultimi mesi
ed è all’ordine del giorno quando si parla del futuro dell’organizzazione dell’oncologia
italiana.
Oggi in Italia ci sono oltre 3.600.000 casi prevalenti oncologici e si tratta di pazienti
in trattamento attivo o che da poco l’hanno finito, di persone guarite o in follow up. Un
mondo così ampio che manifesta bisogni molto articolati che vanno da bisogni di alta
specializzazione (Molecular Tumor Board) a bisogni di bassa intensità assistenziale e
addirittura bisogni più sociali che sanitari, che chiedono una risposta puntuale dal
territorio.
La stessa pandemia ha mostrato questa necessità che oggi è sempre più impellente:
alcune cure possono essere fornite dal territorio, rappresentando un punto
riferimento strategico per il paziente oncologico, come lo è attualmente l’ospedale. In
questa ottica diventa centrale ridisegnare la presa in carico del paziente oncologico
a partire da una più forte integrazione tra strutture ospedaliere e strutture territoriali.
Per fare il punto sul tema, Motore Sanità ha creato ‘ONCOnnection’, serie di webinar
incentrati sul mondo dell'oncologia, che hanno preso il via con ‘L’ONCOLOGIA
TERRITORIALE TRA NUOVE TECNOLOGIE E NUOVI SCENARI ASSISTENZIALI’,
realizzato grazie al contributo incondizionato di Pfizer, Amgen, Boston Scientific, Nestlé
Health Science, Takeda, Kite a Gilead Company e Kyowa Kirin
In Regione Toscana la delibera che avvia la sperimentazione dell’oncologia territoriale
è una prima risposta.
“Partiranno 3 studi di fattibilità, che verranno fatti su tre Studi Associati di Medicina Generale
(AFT) – ha spiegato Gianni Amunni, Associazione Periplo, Responsabile Rete Oncologica
Toscana e Direttore Generale ISPRO, Regione Toscana -. La rete oncologica regionale
assumerà un oncologo e un infermiere da collocare in ciascuna AFT e in maniera
metodologicamente molto precisa si farà un vero e proprio studio di fattibilità cercando di
monitorare, anche con il supporto del Mes del Sant’Anna di Pisa, cosa è giusto delocalizzare,
che tipo di vantaggi produrrà tale delocalizzazione, per dare alla fine della sperimentazione,
che durerà un anno, le indicazioni precise in termini di modificazioni organizzative, di
gradimento da parte del paziente e di costi. Ormai c’è bisogno di individuare sul territorio
anche dei punti di riferimento per il paziente oncologico. Sia come Rete oncologica della
toscana sia come Periplo, con il progetto Smart Care, sentiamo la necessità di condividere
queste proposte: bisogna incominciare a prevedere competenze specialistiche oncologiche
territoriali che lavorano in stretta collaborazione con il MMG e l’oncologo ospedaliero;
bisogna incominciare a utilizzare una serie di opportunità territoriali in termini di setting
assistenziali fino ad oggi inibiti al paziente, come il tema delle articolazioni del Chronic care
model, i letti di cura intermedie, che in Toscana sono stati aperti al paziente oncologico, e il
tema del domicilio assistito. Se ragioniamo in questa maniera è evidente che dobbiamo
incominciare a pensare di riscrivere i nostri PDTA con una opportunità di setting assistenziali
maggiori rispetto a quelle attuali”.
Un’operazione di questo genere ha necessità di creare una infrastruttura telematica ad hoc.
“Vale a dire, insieme ad una cartella unica di percorso che consenta azioni reali di integrazione,
di monitoraggio e di nuove forme di multidisciplinarietà, che vanno dalle attività di psiconcologia,
al tema della riabilitazione oncologica, al tema del supporto nutrizionale del paziente oncologico”
ha sottolineato il Professor Amunni. “Non pensiamo a costruire una oncologia territoriale e una
oncologia ospedaliera, ma pensiamo a riformare l’oncologia nel suo insieme in maniera tale
che si possa distendere meglio tra strutture ospedaliere e strutture territoriali. Periplo ha affrontato
fortemente questo tema, l’ha fatto con una progettualità a livello nazionale con il progetto Smart
Care che tende a diffondere a livello nazionale esperienze in questo senso”.
Esperienze di oncologia territoriale sono presenti da molto tempo per esempio presso l’azienda
provinciale di Palermo che vede la forte collaborazione degli oncologi territoriali che si sono messi
a disposizione per questa nuova sfida.
“Questa azienda ha oncologi territoriali strutturati da anni, dal 1992, e grazie a questa realtà ci
potrebbe essere un grande vantaggio anche per altre Asl provinciali della nostra regione – ha
spiegato Livio Blasi, Presidente CIPOMO -. Ricordo che all’ospedale Garibaldi di Catania è
partito anche un progetto di territorialità oncologica. Questo dimostra che l’esigenza
dell’oncologia territoriale è forte, il Covid ha accelerato processi che vanno presi in
considerazione e devono essere portati avanti da nord a sud per dare equità di accoglienza ed
equità terapeutica. In tutto questo l’innovazione tecnologica ci può dare un grande aiuto per
realizzare il processo di integrazione tra ospedale e territorio in campo oncologico: possiamo
pensare ad una unica piattaforma e che sia condivisa. Presso l’Ordine dei Medici di Palermo si
sta già lavorando su questo tema e si spera di arrivare a un punto in cui si possa interagire in
modo fluido attraverso la piattaforma della medicina generale. Questo dimostra la necessità di
lavorare insieme per garantire una buona governance anche in questo campo, Il progetto di
integrazione deve essere fatto attorno ad un tavolo, tutti insieme”.
Una oncologia territoriale può mostrare però delle complessità, secondo Saverio Cinieri,
Director Medical Oncology Division & Breast Unit ASL Brindisi e Presidente Eletto AIOM.
“Vedo sul territorio follow up, diagnostica, approcci, gestione degli effetti collaterali delle terapie,
non la possibilità di dare approcci terapeutici innovativi in ambiente territoriali anche per la
complicanza burocratica che esiste. Ci sono molte esperienze in corso e vedremo quali saranno
i risultati, al momento però vedo complicato gestire terapie complesse sul territorio ma stiamo
imparando anche dagli insegnamenti che ci sta dando la pandemia. Sono convinto, infine, che
alcune problematiche che interessano l’oncologia nazionale, dalla comunicazione oncologica con
il paziente, all’organizzazione in senso stretto, potranno essere affrontate se uniformiamo il sistema
sanitario nazionale”.