16 novembre 2020: Il periodo di quarantena per le persone entrate in contatto con soggetti positivi al Covid-19 è passato da 14 a 10 giorni trascorsi i quali in assenza di sintomi si è autorizzati a lasciare l’isolamento domiciliare e riprendere la vita di tutti i giorni ma non tutti sanno che per gli operatori sanitari questa quarantena è solo part-time. Il responsabile per la politica interna del movimento Italia dei Diritti Carlo Spinelli ci introduce in quello che lui stesso definisce come un’assurdità che potrebbe mettere in pericolo la vita di molti italiani:” In questi giorni sta facendo discutere una circolare emessa dalla regione Lombardia che permette agli operatori sanitari, quindi medici ed infermieri, di prestare la proprio opera lavorativa presso gli ospedali anche in regime di quarantena un provvedimento che ha fatto infuriare i sindacati di categoria alcuni dei quali hanno accusato le istituzioni, in questo caso la regione lombarda, di trattare medici ed infermieri come carne da macello – inizia così il suo intervento Carlo Spinelli esponente di spicco del movimento fondato e presieduto dal giornalista Antonello De Pierro – infatti questa situazione lavorativa mette ancora di più in pericolo gli operatori sanitari costretti già ad operare in condizioni limite; naturalmente gli stessi medici ed infermieri una volta terminato il proprio turno lavorativo devono rispettare il regime di quarantena, quindi niente spesa, niente passeggiate e nessun contatto diretto col mondo esterno. Quanto però permesso dalla regione Lombardia segue un articolo del DL 14/2020 del 9 marzo e precisamente il numero 7 che prevede per gli operatori sanitari la possibilità di lavorare anche in regime di quarantena purché costantemente monitorati questo per far fronte alla carenza di personale medico ed infermieristico; ma se questo valeva per un periodo dove la pandemia ci aveva colti di sorpresa, non doveva assolutamente rendersi necessario adesso e la mancanza degli operatori sanitari doveva essere sopperita in estate quando il virus ci aveva dato una tregua soprattutto perché da molte parti si prevedeva una seconda ondata addirittura più violenta della prima. Purtroppo questo non è avvenuto ed ecco quindi che gli ospedali stanno ricorrendo al personale in quarantena per far fronte alle necessità che questa nuova ondata comporta. L’art.7 del DL 14/2020 comunque era stato anticipato già dal governatore della regione Lazio Zingaretti che nell’ordinanza 3652 del 6 marzo 2020 al punto 22 invitava il personale sanitario in quarantena a proseguire la propria opera professionale previa osservanza delle adeguate misure di contenimento del contagio, cosa che comunque tutti siamo tenuti a rispettare, sottoponendosi a costante sorveglianza sanitaria. Questa ordinanza – prosegue Spinelli – aveva spinto il governatore della regione Veneto Zaia a chiedere al governo una misura in favore di quanto disposto dall’ordinanza di Zingaretti e di fatto è stato accontentato. Questo articolo di legge smentisce quanto espresso nell’ordinanza ministeriale del 21 febbraio 2020 dove all’art.1 si permetteva agli operatori sanitari di continuare a lavorare solo se entrati in contatto con persone positive essendo dotati dei dispositivi di protezione individuale idonei al contenimento del contagio quindi si evince che questa regola valeva solo quando si era entrati in contatto con pazienti positivi sul luogo di lavoro definendo questi contatti a basso rischio sottoponendosi comunque a sorveglianza sanitaria mentre laddove il contatto era a rischio medio o elevato ( quindi al di fuori del luogo di lavoro con dispositivi di uso comune o in assenza degli stessi quando era permesso ) anche per medici ed infermieri valeva la quarantena obbligatoria. Con questa quarantena part-time invece ci troviamo di fronte a persone che invece di curare rischiano di infettare pazienti che si trovano in ospedale per altre patologie che, se entrati in contatto con il Covid-19, possono addirittura provocarne la morte e questo provvedimento che permette a medici ed infermieri di lavorare seppur in regime di quarantena è una follia vera e propria che non si discosta da coloro che violano l’isolamento cosiddetto fiduciario e che vengono denunciati per dolo eventuale. E’ sufficiente quindi, secondo il decreto, la sorveglianza sanitaria per poter continuare ad operare anche durante la quarantena part-time che consiste nel misurare la temperatura tutti i giorni, cosa alla quale ci siamo tutti abituati perché la temperatura ci viene presa anche quando andiamo a fare la spesa, ed eseguire il tampone al 1°, 5°, e 10° giorno dell’isolamento; e se un infermiere o medico si positivizza il secondo o il sesto giorno? Per quattro giorni si recherà al lavoro in uno stato di positività asintomatica che, come accertato, non ne limita le potenzialità di contagio e quindi ecco che mette a repentaglio la salute dei propri colleghi e dei pazienti. Così gli ospedali che, come detto prima, dovrebbero essere luogo di cura, diventano potenzialmente veicoli di contagio molto più pericolosi dei teatri, dei cinema, dei ristoranti e di tutti quei luoghi chiusi dai vari DPCM perché negli ospedali sono ricoverati pazienti con patologie anche gravi; immaginate un oncologo positivo cosa può provocare ad un paziente oncologico o un infermiere asintomatico di terapia intensiva a che rischio metterebbe un infartuato. Mi rivolgo quindi al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ed al Ministro della Salute Roberto Speranza ( ai quali invierò anche una mail ) affinché anche gli operatori sanitari che hanno avuto contatti definiti a medio e alto rischio vengano sottoposti a regime di quarantena come qualsiasi altro cittadino e non venga permesso loro di prestare la propria opera professionale in modo da rendere gli ospedali, almeno quelli, posti sicuri dove curare e non dove si mette a rischio la vita dei pazienti, di sopperire alla carenza di personale con assunzioni anche a tempo determinato e di ricorrere se è il caso al personale in pensione che è in grado di operare. In caso contrario – conclude Spinelli – li riterremo politicamente responsabili dei possibili contagi e delle eventuali conseguenze, anche mortali, che i pazienti dovessero subire in caso di contagio all’interno dei luoghi di cura”.
Ufficio stampa politica interna Italia dei Diritti
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