Quanto tempo passiamo pensando a come dovremmo o potremmo essere? Spesso troppo. Cosi tanto che spesso ciò che siamo rimane offuscato dalle nostre paranoie, che finiscono per impedirci di rimanere coinvolti appieno dai momenti e dalle esperienze che viviamo.
E tutto ciò ci rende insoddisfatti, appiattisce il mondo sulla dimensione delle nostre aspettative e ci impedisce di cogliere le sfumature che rendono tridimensionale la nostra esperienza umana. Tutto risulta più piatto e insapore.
Di questo parla il brano, e nello specifico, di quanto siano preziosi quei momenti in cui le nostre paranoie si mettono in pausa e possiamo tornare a tenere il nostro ritmo su una pista da ballo di nuovo piena di musica.
Il nome è come una targa, spesso indelebile, per una band. Qualcosa di immediato.
D\istinto è il nome di questa, formata da quattro musicisti veronesi: Leonardo Miglioranzi (voce), Fiorenzo Melotti (chitarra), Damiano Hinegk (batteria) e Matteo Signorato (basso).
D\istinto è energia, é bisogno di respirare a pieni polmoni e di battere a tempo con sé stessi e gli altri.
Questa è l’anima del nostro progetto formato dalle storie e dai pensieri che compongono le nostre vite. Dietro ogni canzone ritroviamo le piccole grandi storie di ogni giorno, riflessioni sul come ci si pone con noi stessi e con gli altri. È la nostra ricerca del modo più sincero di riconoscerci in ciò che ci circonda, andando oltre gli ostacoli e gli schemi che ci frenano e che spesso ci imponiamo. Questa è la ragione della nostra musica.
E con questa vogliamo entrare in comunicazione con le persone, avvolgerli, farli ballare stabilendo una connessione con le parole delle canzoni. Allora possiamo raccontare davvero delle storie. E poi ti capita che un amico, con gli occhi lucidi, si riconosca in quello che scrivi. Allora lì capisci che hai centrato perfettamente il tuo scopo. La sincerità è l’arma che la band preferisce, il colore che da alle parole e alla musica la giusta connotazione. La musica, per i D\istinto, è importante quanto le parole, alle quali Leonardo dedica molta cura.
Fedeli al nome non c’è un vero e proprio genere di riferimento. Come se Bob Marley avesse invitato a cena i 21 pilots in un ristorante italiano gestito da Salmo. E... combinazione! Quella sera c’è pure Daniele Silvestri che suona. Un gran casino. Quello è il mondo in cui questi quattro musicisti si sentono a casa. Dove non manca l’energia del rock, ma anche il movimento dell’hip hop o il colore del reggae e del soul, il tutto su di una solida base ritmica di basso e batteria.
Hanno passato questi tempi di clausura forzata mettendo a fuoco il loro progetto musicale e preparando i futuri live. Ed è nei live che ci mostreranno il meglio, dove daranno spazio alle emozioni senza pensare ad altro che raccontare le proprie storie. Non sono una band da guardare seduti.
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