“Durante l’emergenza COVID-19, come molti reparti a prevalente attività ambulatoriale, la medicina nucleare ha subito una riduzione dell’attività diagnostica convenzionale e di terapia pari a circa il 51%, come emerge da una recente survey effettuata dal Gruppo di Studio dei Giovani dell’Associazione Italiana di Medicina Nucleare (AIMN) e pubblicata recentemente su una delle maggiori riviste del settore scientifico medico-nucleare. La maggiore riduzione è stata registrata nella diagnostica tradizionale, in particolare per l’imaging scintigrafico cardiologico (fino al 70% dei centri intervistati) e nella terapia medico nucleare, specie per la patologia benigna e maligna della tiroide (fino al 40% dei centri intervistati). Inoltre, come emerge dalla survey, in alcuni centri italiani ed esteri, la medicina nucleare è stata di supporto nella diagnostica della patologia polmonare infettiva da COVID-19. Si auspica una rapida ripresa dell’attività medico nucleare, come già registrato negli ultimi mesi dall’inizio della fase 2, in modo da garantire in maniera ottimale i percorsi diagnostico-terapeutici, in cui la medicina nucleare ne è parte attiva”, queste le parole di Orazio Schillaci, Rettore Università “Tor Vergata”, Roma e Presidente AIMN (Associazione Italiana Medicina Nucleare) e Laura Evangelista, Medico Medicina Nucleare Padova
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