Natale Mirafiori, un autore calabrese di nascita ma genovese di adozione e una vita dedicata professionalmente all’edilizia fino all’esordio, dieci anni fa, nel panorama editoriale con la pubblicazione del suo primo romanzo.
Da allora, la produzione letteraria è stata senza sosta, tanto che pubblica un secondo romanzo nel 2014 dal titolo “La correttrice” e un terzo nel 2016, “La vita non aspetta” edito da Armando Siciliano Editore. Nel 2018 esce “Sguardo al passato” con la Santelli Editore e di recente l’ultima sua opera dal titolo “Estremo coraggio”, sempre edita da Santelli Editore.
Potrebbe immaginare una vita senza la scrittura? La ritiene in un certo qual modo terapeutica?
No, non credo di riuscire a immaginarmi senza la scrittura. Alcuni anni fa ho già dovuto rinunciare ad un progetto per i troppi costi della ricerca, ma non posso vedermi fermo senza realizzare qualcosa perché sono sempre stato un creativo, come del resto ho sempre amato viaggiare e, anche se l’ho fatto essenzialmente per lavoro, ho avuto modo di conoscere molte cose. Adesso viaggio con la scrittura, che è ugualmente bello.
Come vengono scelti i titoli delle sue opere?
Non parto mai con un titolo già preconfezionato, diciamo piuttosto che nella fase iniziale penso ad un titolo che man mano che la trama del libro prende forma viene cambiato diverse volte. Il titolo definitivo può avvenire per caso, magari mentre sono a camminare nei sentieri fra le colline sopra Genova dove vivo, o mentre ripasso mentalmente la parte appena scritta, può capitare che arrivi vedendo due persone che discutono e udendo delle parole che mi fan riflettere. Diciamo, quindi, che può avvenire, se vogliamo, anche in modo banale.
Ci sono delle analogie o collegamenti tra i libri che ha scritto?
No, fino adesso no, ma questo non vuol dire che in seguito non potrebbero esserci.
Si è mai identificato in un suo personaggio? O, magari, ha provato maggiore simpatia per uno di loro?
No, non mi sono mai identificato in nessuno dei miei personaggi. Ogni personaggio viene creato dalla fantasia o rifacendomi a persone conosciute, ma non è come me. Certo, su ogni cosa che noi diciamo o facciamo immancabilmente c’è qualcosa di noi e del nostro vissuto, delle nostre esperienze. Tutti i personaggi sono miei e voglio loro bene in egual misura. Diversamente, sarebbe come avere tanti figli e trattarli in modo differente, con una inevitabile discordia come conseguenza.
Che cosa prova nel momento in cui mette la parola “fine” a un suo romanzo?
Non ho tempo di pensare alla parola fine del romanzo appena terminato, poiché ce n’è già un altro che chiede tutta la mia attenzione. Spesso ne ho due contemporaneamente e non vedo l’ora di scrivere la parola fine a quello in fase di ultimazione.
Pensa di scrivere in futuro anche altri generi letterari?
Sì, ci sto pensando seriamente, ma ci devo riflettere per rendermi conto se ne sono capace, anche se in qualche modo lo faccio già lasciandoli però ben conservati nel cassetto. Qualcuno che mi conosce da tanto mi consiglia di scrivere poesie tralasciando la prosa. Amo la poesia, ma le dedico la mia attenzione solo quando non riesco ad andare avanti con un il libro, la poesia mi distrae e mi aiuta a continuare la prosa.
“Estremo coraggio” racconta la storia di due destini che si incrociano fin da bambini, due vite parallele che cercano di riscattarsi dalle loro origini. È successo anche a lei in un certo senso doversi riscattare da qualcuno o da qualcosa nel corso della vita?
Be’, io ho dovuto e continuo a riscattami da una vita certamente non facile per una persona che non ha potuto frequentare la scuola, sia primaria che secondaria. Tutto quello che ho fatto e faccio è da autodidatta; la cosa che mi ha pesato di più e mi pesa è stato ed è il confronto tra un alunno e un professore per riuscire a capire un argomento, perché non si hanno riprove per verificare la veridicità di quello che ci viene insegnato, restando così sospesi a metà.
Le altre sue opere, invece, di cosa parlano?
Le altre opere inneggiano alla vita, al rispetto verso gli altri, specialmente verso chi ci sopporta ogni giorno.
La vita ci insegna ogni giorno qualcosa… ciò che lei ha imparato lo riporta nelle sue opere per trasmettere dei messaggi a chi la legge?
Sì, tutto quello che ho imparato nella vita in qualche modo viene riportato nelle mie opere. Come spesso accade, tuttavia, ci sono persone più attente che apprendono qualcosa dal mio messaggio, mentre altre credono che le mie parole non servano e non trasmettano nulla, ma a me basta che anche solo una si soffermi a riflettere sul quel che ho scritto.