Per la neonata casa editrice Gialli.it, La muffa di Anita Curci è una sorta di diario in cui si alternano ombre e bombe, e poca luce in quel settembre del 1943 in cui è ambientato il romanzo. Tutto ruota attorno al mistero di una sparizione, mentre dal cielo di Napoli si susseguono i bombardamenti degli americani. Ninetta corre nei rifugi stringendo tra le braccia il bambino morto appena partorito, all’alba però, quando tutto si calma, né la puerpera né il morticino fanno rientro a casa. Scomparsi nel nulla assoluto, avvolti dalla nebbia muffosa di quel periodo di morte, diventano il tormento di Lucia Salvi, che farà l’impossibile per venire a capo di una verità contorta e raccapricciante.
“La storia in queste pagine prende spunto dal mio primo libro che ripercorre le vicende vissute, a grandi linee, dai nonni, staffette partigiane, durante il settembre del 1943 a Napoli”, spiega l’autrice nell’introduzione. “Alfonso Ciuccio, genitore di mio padre Vincenzo, e figlio di Elvira Salvi; sua moglie, Raffaella Forte, figlia di Pietro, detto don Limone; assieme ad altri personaggi di famiglia, sono stati gli ispiratori assoluti di questo racconto. Tutta la parte legata alla trama crime, se così si può definire, è tratta da un fatto di cronaca avvenuto a Verona il 16 gennaio del 1900”.
Il libro, 195 pagg. euro 15, è acquistabile sul canale Amazon di Gialli.it (https://amzn.eu/d/dQjk5Q4)
Uno stralcio
La casa di Lucia è diventata ormai una caverna coperta di muschio verde, dove il mito di Platone non ci azzecca niente. E se pure ci azzeccasse, a lei in questo momento non gliene fotterebbe.
Avete presente l’aria che si respira in un luogo avvolto dalla muffa? È questo che lei sente adesso, quando immette aria nei polmoni. Solo questo. Non esiste più l’odore dei fiori e della primavera, la nuance dei vapori estivi e la brezza che sale dal Mediterraneo fino al Petraio, nemmeno quella delle foglie d’autunno quando salutano il ramo che li ha sostenuti fino ad allora e finiscono a terra in un mare laminato di giallo e di rosso. È finita. Non c’è più vita, non c’è più uno spiraglio. Non ci sono più profumi, c’è soltanto il gelo dell’inverno, opaco, incolore e inodore.
Ridotta pelle e ossa, più pelle che ossa, se la racconta la favola di dover reagire per sostenere la famiglia. E che forse esiste una speranza per dimenticare e ripartire da zero. Ma oggi è difficile assimilarlo questo raccontino. Ci vuole tempo.
La penombra della stanza lascia appena intravedere i contorni delle cose. Tutto è ammutolito in questo basso verderame. Vincenzo, Luciano e Giuseppe sognano sogni inquieti. Si girano e rigirano su quelle brande scomode, piene di nodi di lana vecchia. Quella lana che dovrebbe rendere soffici i materassi, ormai intirizziti dall’umidità, e che invece è ridotta a bozzoli di pietra.
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