In occasione dell’80ennale, giovedì 7 e venerdì 8 settembre, alle ore 21.05, Focus propone lo speciale in due parti «1943 - L’anno che...».A cura di Carlo Gorla, con la regia di Roberto Burchielli e la produzione esecutiva di Paola Tancioni, il programma è condotto da Tommaso Cerno.
Nelle due puntate si ricostruiscono gli avvenimenti storici, militari, politici, economici e sociali che hanno caratterizzato il 1943: eventi che hanno segnato radicalmente la storia del Paese, i cui effetti e conseguenze ancora oggi ne incidono la cultura politica e ne condizionano il dibattito pubblico.
Il percorso di «1943 - L’anno che...» si dipana quindi in un on the road, che porta il pubblico nei luoghi simbolo del ’43 e lo racconta attraverso rarissimi materiali d’epoca, oggetti-simbolo, testimonianze dirette e le interpretazione di autorevoli storici, psicologi ed esperti di storia militare.
Tra gli interventi raccolti spiccano quelli di Fausto Bertinotti, Giordano Bruno Guerri, Vittorio Sgarbi, Gianni Vattimo, Renzo Arbore, Pupi Avati, Pippo Baudo e Achille Occhetto. «1943 - L’anno che...» è realizzato con filmati e materiale di archivio provenienti da Istituto Luce, Cineteca Milano, Getty Images, e con il repertorio storico free di fondazioni e archivi Mediaset. Ed è scritto da, tra gli altri, Enzo Cicchino, Beba Slijepcevic, Tommaso Cerno e Roberto Burchielli (gruppo di autori che ha già firmato gli speciali «Il sogno di una Cosa», 2021, e «Marcia su Roma - Nella mente del Duce», 2022).
«1943 - L’anno che...» | 1a puntata
La prima puntata muove dalla cronaca dell’armistizio, la cui notizia, comunicata l’8 settembre 1943, scatena il caos nel Paese e lascia i militari italiani, impegnati sul fronte slavo, nelle isole greche e in quello che rimaneva del fronte africano, alla completa mercé dell’ex-alleato tedesco.
Con un movimento retrogrado, il programma ricostruisce gli avvenimenti che portarono al crollo del fascismo (25 luglio): dalla rotta dell’ARMIR (Armata italiana in Russia) allo sbarco anglo-americano in Sicilia, dalla pressione dei bombardamenti a tappeto degli Alleati alle drammatiche condizioni economiche e sociali del popolo italiano.
Nel corso della puntata emergono le divisioni e le rivalità tra gerarchi (fin dall’epoca dell’alleanza con la Germania, osannata da Starace e contrastata da Ciano, Grandi, Bottai e altri), la venerazione, non ricambiata, di Hitler per Mussolini e il disprezzo di Hitler per gli italiani.
Dopo il ’43, si diceva che il solo fascista rimasto in Italia fosse Mussolini, peraltro messo agli arresti, ma si trattava di una boutade nata in seno all’Uomo Qualunque, nel Dopoguerra.
Lo speciale pone una serie di domande: quando, e perché, il Ventennio esaurisce la propria carica persuasiva? Quando, e perché, gli italiani smettono di essere fascisti (o succubi del fascismo)? Quali diffidenze e ostilità, interne ai gerarchi, tra Corona e Mussolini, tra milizia fascista ed esercito, hanno reso - fin dal ‘22 - particolarmente complesso il governo del Paese, pur essendo il fascismo un regime? Per quali motivi, una dittatura ha mantenuto strumenti di argine e controllo come il Gran Consiglio del Fascismo? Destituzione e arresto di Mussolini, da parte di Badoglio, sono stati legali?
«1943 - L’anno che...» | 2a puntata
La seconda puntata muove ancora dall’armistizio, dichiarato mentre Mussolini è già agli arresti e Hitler lo sta facendo cercare per liberarlo, testimoniargli la propria amicizia e forzarlo a governare uno staterello collaborazionista, non riconosciuto dagli Alleati ma considerato belligerante e, come tale, sottoposto a feroci attacchi aerei.
L’Operazione Quercia viene ricostruita in ogni particolare, come l’umore di Mussolini, ormai ridotto alla condizione di borghese e desideroso di finire presto i propri giorni.
Si parla quindi della legittimità della RSI (Repubblica Sociale Italiana), di quanto siano fondate le accuse di «tradimento» da sempre rivolte all’Italia dalla Germania e dei tanti tradimenti subiti dall’Italia da parte dell’alleato tedesco, prima del 1943.
Vengono poi ricostruiti i prodromi della Guerra Civile, mettendo a confronto le motivazioni dei volontari di Salò e quelle dei partigiani antifascisti.
Si ragiona sui meccanismi culturali e psicologici che, nel giro di pochi anni, hanno portato una generazione nata e cresciuta nel fascismo, e fortemente militarizzata, a divenire antifascista, spesso anche convintamente comunista.
Si descrivono le condizioni detentive degli IMI, gli Internati Militari Italiani, il cui sacrificio è stato riconosciuto tardivamente nella sua valenza non collaborazionista, e dunque antifascista, tanto dagli storici quanto dalle istituzioni.
Si ricostruiscono le rimozioni e le distorsioni propagandistiche che hanno generato «leggende nere» ancora perduranti (il «tradimento» degli ammiragli; la «vigliaccheria» degli IMI; l’idealismo dei «ragazzi di Salò»; il «banditismo» praticato dai partigiani, anche nei confronti dei civili) ed errate convinzioni (come, ad esempio che a bombardare il Nord fossero i tedeschi), quali la ritrosia nel parlare dei crimini di guerra dei liberatori anglo-americani.