Il filosofo britannico Alan Wilson Watts scrisse che “la vita è un gioco, la cui prima regola è far finta che non lo sia”, e da questa visione dell’esistenza, la cui accezione ludica non collima con la superficialità, bensì con una leggerezza ed una letizia consapevoli, il cantautore e musicista torinese Claudio Rigo trae per regalarci un’estate all’insegna di tutte quelle sottili ma meravigliose sfumature che arricchiscono di incanto i colori del nostro esistere, e lo fa con il suo nuovo singolo, “Un grande gioco” (PaKo Music Records/Believe Digital).
Un brano intenso e spensierato al contempo, capace di avvolgere i pensieri in un delicato abbraccio melodico ove raffinate tinte vintage incontrano il ritmo del cuore per sbocciare in un arcobaleno evergreen di emozioni e sentimenti, in cui la magia che guida ed accompagna i ricordi – egregiamente rappresentata dai synth analogici dal forte richiamo anni ’80 -, si posa sulle corde di chitarre acustiche ed elettriche che, nel loro ondeggiare armonico ed elegante, ci ricordano di allentare e distendere le nostre, sempre più tese dalla frenesia, dai dubbi e dai timori sul domani.
«Siamo pezzi di un grande gioco in cerca di una soluzione» canta Claudio, mettendo a confronto la realtà che sottende il quotidiano con la fantasia e l’illusorietà che compenetrano i sogni, evidenziando, a partire dalla copertina della release che raffigura un puzzle incompleto, con un pezzo mancante, la continua ricerca di quella risposta, di quella soluzione che potrebbe risolvere ogni problema, ogni enigma, sciogliendo e dissolvendo incertezze e paure.
Ideale e concreto si scontrano per incontrarsi nell’animo umano, cessando di alternarsi ed iniziando a coesistere sul varco di un'unica giostra del luna park della vita, quella che lo percorre, lo attraversa e lo circonda senza delimitarlo mai, quella che parte dal cuore e dal cuore si irradia ad ogni altra attrazione: quella dei sentimenti, quella dell’amore.
Perché se è vero che «siamo tutti spacciatori di sogni» e proprio in quei sogni ci tuffiamo, ci immergiamo e spesso ci nascondiamo «per tirare avanti, per sopravvivere al successo o alle delusioni», è pur vero che «siamo parte di un universo», che anche se «spesso si mette di traverso», lascia a noi e a noi soltanto, la possibilità di «vivere ad altezza trentamila piedi», di edificare su una «spiaggia che non sarà l'ultima» la nostra «casa al mare, un posto dove piangere, dove ridere», consentendoci di continuare a perderci in una «goccia, ma non di una lacrima» che ci permetta di metabolizzare e superare il nostro dolore - «il tempo del tormento si dissolve in un bicchiere d'acqua» -, comprendendo così che «l'apparenza non fa differenza» e regalando a noi stessi l’«opportunità di imparare ad amare», per dire finalmente «basta con la solitudine».
Scritto dallo stesso artista, arrangiato e prodotto da Mauro Lamanna, il brano è un inno a non arrendersi, a lottare con resilienza per «vincere quando tutto sembra andato perso», un eccellente invito in musica a far sì che sia il «vento l'unico elemento a creare qualche turbolenza, oppure a fare chiarezza, spazzare via l'insicurezza», per poter andare «sempre fino in fondo» in “Un grande gioco” chiamato vita.