Cara Fabrizia, com'è nato il progetto BON- Brindisi Ostello Nautico? La storia del BON nasce nell'estate 2018 quando in agosto mi reco a un cineforum allestito nella piazza di
Sant'Elia. E' una novità di cui sono molto felice, è un segno importante della nuova Amministrazione che
vuole dare ossigeno alle periferie portando la cultura, che è il primo elemento per rigenerare il tessuto
urbano. Così noto che molte persone sono a seguire il film e noto i ragazzini di 7-8 anni che si aggirano
irrequieti mentre gli altri tacciono attenti a seguire il film e penso...quanta educazione impone il cinema...
stare seduti, calmi, ascoltare, non parlare, se lo si fa poco e sottovoce.... quanto è importante questa
educazione alla visione attenta dell'altro... e penso quanto farà bene ai ragazzini doversi confrontare con
questo scenario nuovo.... La serata mi piace. Al ritorno verso casa DM, il mio amico, che lì mi ha condotto,
mi dice... ma tu... che sai progettare... visto che c'è una grande speranza con questa nuova
Amministrazione, perché non ti fai venire un'idea per Brindisi??!! E così...... come sempre mi succede, la
responsabilità mi si appiccica addosso. E oggi si chiama BON.
Come hai cercato di conquistare le vette più alte con questo progetto?
Comunicando il più possibile, ho parlato con centinaia di persone pur stando a Firenze, perché lì vivevo,
eppoi via via dal dicembre 2019, quando è stato presentato pubblicamente il progetto in Palazzo Guerrieri,
e mi sono traferita a mia stessa insaputa, con tantissime realtà giovanili e non di Brindisi. Infatti la
presentazione ha visto la sala pienissima, e tantissimi media sono arrivati a intervistare. Tutto è sul sito
www.olomanager.it. Ma ho coinvolto anche tantissime associazioni del porto di Brindisi. Associazioni di
vario genere, oltre che ambientaliste, hanno aderito a livello nazionale trovando punti di intersecazione con
il progetto che è olistico, quindi ha una visione e azione molto ampia, circolare, a 360 gradi e affronta 12
obiettivi dei 17 dell’Agenda Onu 2030. Così arrivano anche le menzioni importanti…
Cosa ti ha colpito dell'Isola di Sant'Andrea?
E’ una terra magica, dai colori forti, dai profumi intensi, con una fioritura straordinaria e io, che amo fare i
mazzolini di fiori, mi sono veramente incantata. I cormorani appollaiati sugli scogli a volte sembrano terra
aguzza, statue naturali, le pietre laviche foche spiaggiate, e spero che non scompaiano… Questa terra nel
mare interno ed esterno del Porto di Brindisi ha come una miscellanea dimensionale, quasi quasi fa
trascendere, aiuta a far levitare l’anima se sta oppressa, a far respirare il corpo che è contratto. Gli occhi si
nutrono di bellezza e si aprono nel cuore, il naso accoglie essenze che inala nell’intelletto. Bisogna
rigenerare l’Isola perché permette di rigenerarci. Glielo dobbiamo!
Descrivici il progetto pilota integrato ideato da Olomanager.
Il Bon è un progetto registrato al MISE, molto complesso con approccio olistico. E’ il futuro più immediato
per Brindisi. Mira a un segmento peculiare di turismo, quello scientifico. E’ un laboratorio a cielo aperto di
tutta l’innovazione sull’energia cinetica e le altre rinnovabili. E’ immerso in ambiente con manufatti di alto
pregio della Prima Guerra Mondiale di cui vogliamo occuparci. E’ un grande, verdissimo parco di
divertimenti cinetico per adulti e bambini. E’ un ostello nautico con tutti i servizi annessi e quelli culturali
realizzati in economia circolare. E’ un centro di formazione laboratoriale permanente su 12 obiettivi dei 17
dell’Agenda Onu 2030. Ha un Fablab produttivo e formativo sulla diportistica e sui bisogni di ricambistica
delle imprese brindisine. E’ fuori dalla logica stagionale, attrae su Brindisi il circuito internazionale
scientifico dei ricercatori e offre i pacchetti per studenti e universitari di ogni livello. Vuole riconsegnare in
sicurezza, bellezza, fruibilità e sviluppo responsabile l'area abbandonata dell'isola di Sant'Andrea. Il BON -
APS è un’associazione di promozione sociale che si muove per il bene della Comunità Brindisina.
Quanti traguardi ha raggiunto il progetto BON?
Il traguardo maggiore è essere diventato un progetto che riecheggia su Brindisi, che sia nata l’Aps grazie a
brindisine e brindisini che son voluti entrare in campo, e quindi non sono più sola. Che se sono per strada
vengo fermata per conoscere gli aggiornamenti da molte persone. Questo è già tantissimo. Comunque il 2
settembre il 30 ottobre del 2020 il BON vince la presenza nell’osservatorio delle Buone Pratiche
Territorialiste della rivista Scienza del Territorio e riceve la menzione nella sezione Challenge del Forum PA
(importante momento di confronto sulle buone pratiche) e le testate giornalistiche del territorio rilanciano
molto la notizia. Inoltre ho ricevuto personalmente le congratulazioni per l’innovazione e la coerenza del
progetto dalla sede centrale di Fincantieri.
Come mai hai deciso di crearne un libro?
L’operazione era quella di recuperare un pezzo di antropologia, di comunità vissuta in terra di Brindisi di cui
non si aveva una traccia. Abbiamo così consegnato con questo “Quaderno del Bon n.1” un pezzo di storia
umana assai significativa che non si poteva condividere con altri, questo il potere dei libri. Così abbiamo
reso eterni anche foto e disegni bellissimi dell’Isola di Sant’Andrea di Brindisi. Una terra che è stata in grado
di far sentire molto uniti i residenti e chi prestava servizi per i militari, generando un meticciato assai
fruttuoso: amicizie, innamoramenti, figli e tanta musica. Sono le storie di questi incroci umani fra militari e
brindisini, che lì andavano a svolgere tutta una serie di servizi come a esempio i fanalisti, ma anche gli
approvvigionatori di diversi materiali. Questa sfida della raccolta e libro è dentro una delle costole del Bon
che si chiama “Azioni del Bon sulla Città (ABC)” e sono numerate progressivamente … dalla ABC 1/2021
siamo arrivati all’ABC 11/2022 con “Una rotonda sul mare…” la festa da ballo con i lenti citati e suonati dagli
isolani.
Cosa narra il libro?
Il libro racconta i pezzi di vita vissuta sull’Isola di Sant’Andrea di Brindisi. Il mio ruolo è stato quello di essere
ideatrice e curatrice di un’opera corale, più che un mio libro. Ho attivato un processo di cui ho curato il
tutto, cioè ho ideato un appello alla città per raccogliere i racconti, la campagna di comunicazione per far
arrivare la notizia insieme ai volontari, abbiamo affisso anche le locandine per la città e la cosa ha
funzionato. La gente ha risposto, la notizia ha circolato oltre la città, perché gli isolani spesso provenivano
da altre città, anche del Nord. Per esempio ho ricevuto telefonate piene di commozione. Fra queste una
signora anziana che era felice di scrivere la sua vita sull’Isola, che era stata indimenticabile…, si è messa a
piangere ringraziandomi della bella idea che la stava facendo risentire con persone di quei tempi. Mi sono
commossa molto anche io…. Insomma questo libro è stato un processo più che solo un libro, un
laboratorio, un insieme di azioni per ottenere più risultati. Fra l’atro ho ideato anche la discografia presente
nei racconti che è anche diventata la “Sant’Andrea Compilation”, ovvero la play list della discografia, grazie
a una idea di chi con me ha collaborato al libro. (non la cito perché non vuole). Il Quaderno racconta il
progetto sinteticamente e anche le ABC del 2021 sopra citate.
Cos'è per Fabrizia un progetto sostenibile? A cosa dovrebbe realmente puntare?
La sostenibilità di cui tanto si parla per me è l’agire secondo un’ottica di Qualità Olistica dello Sviluppo
(Quos) di un progetto, di un prodotto, di un servizio. Di questo ho scritto abbondantemente i due libri, i
miei due saggi del 2011 e del 2019, “Fabrica Ethica, una utopia applicata…” e “Una vita non violenta,
innovare con coerenza … ecc.” Significa che ogni volta che compiamo un’azione, dobbiamo verificarne
l’impatto ambientale, sociale, culturale, territoriale, energetico, dimensionale, umano. Se verificando
l’impatto si colgono elementi di violenza, di ingiustizia, di spreco verso una delle dimensioni sopra citate, è
proprio lì che bisogna progettare il cambiamento. Quindi stare molto attenti gestionalmente alla realtà che
cambia e come l’impatto negativo vada indirizzato alla creazione di valore in ottica olistica, valore per la
gente, per il territorio, per l’ambiente e quindi concorrere alla generazione di un mercato virtuoso e non
offensivo per progredire nella qualità olistica dello sviluppo a partire, ovviamente, dal lavoro dignitoso e
gratificante. Grazie Silvana!