Le avrei dovuto dire che era arrivata nella terra di tutti e di nessuno. Una terra dove tanti arrivano ma pochi riescono a sopravvivere.
Oltre il fascino dirompente della natura
selvaggia e a tratti incontaminata, quel lembo di Turchia stillava il freddo sudore della morte, che ogni giorno sfidavamo per liberarci dal giogo della schiavitù.
‘Mai più schiave’. Era il nostro slogan. Avevamo conosciuto diversi tipi di oppressione.
Quella psicologica era la più violenta.
Rigettare la propria identità, negare la femminilità e silenziare i pensieri, celando le emozioni. Cosa può esserci di peggio?
Un bavaglio sulla bocca e un corpo di tutti e di nessuno. Corpo e terra simbiotici: l’uno e l’altra, vituperati da aberranti crimini, chiedevano pietà, gridavano al mondo gli abusi subìti, eppure mai condannati. Chi ci avrebbe aiutato? Nessuno. Tutti sordi ai nostri richiami, semplicemente perché donne.
‘Sono donne, così devono vivere. Cosa vogliono? Cosa si aspettano?’. Ci gridano da ogni dove.
Eppure, noi chiediamo semplicemente di vivere con dignità e rispetto, ci aspettiamo pace e serenità.
Chi annienta una donna, calpesta la vita. Non lo sapete? Sì, perché noi possiamo essere aspre come la neve, passionali come il fuoco del meriggio o tenere come l’edera fresca,
avvinghiata, voluttuosamente, al tronco antico, sagomato dal tempo. Siamo un effluvio di passioni come la vita. Siamo la vostra vita. Vi diamo la vita. Non potete negarcela!
Descrizione
Accadde per la prima volta il giorno del suo quindicesimo compleanno: la sensazione di uscire dal proprio corpo e di guardarsi dal di fuori, quasi l'anima avesse preso una pausa per volgersi verso un altrove popolato di altre anime, che hanno ormai perso per sempre la propria dimensione corporea. È qui che Elena trova conferma a un sentimento che già da tempo albergava nel suo cuore: poco o niente della vita che ha condotto fino ad ora le appartiene, non il suo nome né il suolo che calpesta ogni giorno, perfino l'amore della donna che l'ha cresciuta come una figlia non è sufficiente a sopire quella sensazione di essere venuta al mondo per fare altro, qualcosa di più importante. Poche parole lasciate su un foglio - "devo tornare nella mia terra" - e poi l'inizio del lungo viaggio verso Mus, una delle zone della Turchia a prevalenza curda, alla riscoperta del proprio passato per dare un significato al proprio futuro... Intenso e coinvolgente fin dalle prime pagine, Mala Jin narra con grande lucidità il dramma quotidiano delle donne curde, bambine cresciute troppo in fretta, giovani guerrigliere pronte a imbracciare il Kalashnikov per difendere il proprio diritto alla vita, anche a costo di sopprimere per sempre ogni naturale istinto femminile. Qui giunge a compimento la parabola di formazione della protagonista e, tra le asperità delle montagne dell'Anatolia e il cemento di città fatiscenti, sboccia alla fine un nuovo tulipano.
Fonte notizia
www.ibs.it mala-jin-tulipani-nel-cemento-libro-anna-d-auria e 9788830646094
