Buon pomeriggio a tutti e benvenuti in una nuova intervista firmata SELFestival,
Oggi abbiamo come ospite un'autrice SELF a tutto tondo, Simonetta Corrado.
A Simonetta offrirei un bel caffè freddo macchiato con ghiaccio, proprio come quello che prendemmo in una torrida giornata di agosto.
Sperando sia di tuo gradimento, iniziamo la nostra intervista!
Simonetta Corrado Copywriter, lettrice curiosa, autrice. Facciamo un passo indietro. Com'era Simonetta da bambina, quali erano le sue ambizioni?
Non ero affatto ambiziosa, da quello che ricordo. Una grande sognatrice, quello sì. Quando non giocavo all’aria aperta, amavo leggere fiabe, fumetti, classici per ragazzi. E i libri che vedevo nella libreria di casa mia o di chiunque. Mi piaceva molto la compagnia ma avevo bisogno anche di appartarmi per osservare e stare con i miei pensieri. Se vado a ritroso, mi sembra di non essere poi tanto cambiata. Adoravo e adoro “le cose che fanno ridere”, inventando con le mie tre sorelle storie, sketch e nonsense divertenti. Questa vena umoristica e creativa scorre da sempre fra "i Corrado". Come pure l’amore per l’arte e i libri. L’infanzia a contatto con la natura ha nutrito la mia immaginazione; molte delle mie narrazioni, più o meno inconsapevolmente hanno origine da lì. La contaminazione fra poesia e humor è un po’ la mia cifra e non posso che essere grata alla piccola me e alla mia talentuosa e amorevole famiglia.
Nella tua biografia hai dichiarato che essere una self publisher è una continua scoperta. Come mai hai scelto questa strada anziché la strada ortodossa delle Case editrici?
Parto da un paio di aneddoti. Dopo l’invio a una CE interessante, l‘editore mi chiama e mi dice: “sto leggendo Donne private e mi interessa pubblicarti”. Perfetto. Non ci siamo più sentiti per oltre un anno. Mi ha ricontattato lui chiedendomi se avessi già un altro editore. Io però avevo già pubblicato da sola. E venduto parecchie copie. Lui mi ha risposto: “Mi dispiace per me. Ma hai fatto bene”. Vi risparmio le amare considerazioni più o meno economiche che ha condiviso con me. Anche per il mio secondo libro c’era una editrice interessata, non avevo neppure concluso la prima stesura. Ha voluto leggere la sinossi e le prime cartelle, curiosa ed entusiasta. Ne abbiamo parlato. Aveva coinvolto l’editor. Sembrava cosa fatta Poi è sparita. Senza nessuna motivazione. Magari mi richiama anche lei, anche se ho già pubblicato!
All’inizio, pubblicare da sola più che una scelta sembrava un ripiego. Forse non ho saputo valutare le CE giuste a cui inviare i miei manoscritti. Forse non ho saputo attendere i necessari tempi di lettura che possono anche superare l’anno. Di sicuro non ho accettato proposte di CE a pagamento, non ritenendole etiche. Fatto sta che con grande coscienza e autocritica ho cominciato a valutare la possibilità di pubblicarmi da sola. Questo mi ha imposto un grande rigore per ottenere qualità, sia nel testo in sé che in ogni aspetto della pubblicazione. Ho fatto molti errori e imparato da essi. Il più bel complimento, che nasce comunque da un pregiudizio è quando alcuni lettori mi dicono: “Ma davvero non hai l’editore?”. Oggi per me il self publishing continua a essere un grande banco di prova, con l’asticella che si alza sempre un po’ di più. Come dico spesso, “io non ho niente contro gli editori. E spero sia reciproco!”. Ogni tanto accarezzo l’idea di diventare editore a tutti gli effetti, ma per ora l’accarezzo e basta!
Osservando come si stanno muovendo sopratutto le realtà più piccole e indipendenti, non si può più tracciare una linea di demarcazione così netta. Credo che sia limitativo partire ancora dallo stigma che in Italia riveste i selfpublisher, purtroppo penalizzati in alcune circostanze, ma con risorse e strumenti interessanti, anche nella comunicazione, su cui l’editoria mainstream o cosiddetta tradizionale un po’ arranca. C’è qualcosa da apprendere gli uni dagli altri, secondo me. Un confronto spregiudicato e immune da partigianerie gioverebbe a tutti.
"Se dovessi usare una sola parola per presentarmi sarebbe pioniera”, perché?
5 anni fa, quando ho iniziato a pubblicare con amazon, mi sono resa conto che, almeno in Italia, eravamo agli albori. Lo dico perché, sperimentando e sbagliando, ho toccato con mano anche alcune necessità non ancora sviluppate. Dialogando spesso con i lettori in primo luogo, come pure con i tecnici della piattaforma di selfpublishing, mi rendo conto che quelle mie idee di distribuzione e pubblicazione, da semplici consigli sono diventati altrettanti aggiornamenti e hanno permesso di evolvere questa realtà.
Faccio un paio di esempi. Quando ho pubblicato mi sono sempre chiesta come mai in Italia (all’estero non è così)le librerie non distribuissero anche questi libri. L’adagio “Amazon uccide l’editoria e i librai” l’ho sentito non so quante volte. Altro pregiudizio. Ebbene da circa un paio di anni e l’ho saputo dai miei lettori, è possibile ordinare i miei (come anche gli altri pubblicati con amazon) anche in libreria. È bastato chiedere, rompere, essere curiosa. Prima o poi le cose cambiano.
Altro aneddoto, le collane. Non esistevano. Quando ho pubblicato la mia trilogia invece era diventato possibile raggruppare le serie.
E poi, un capitolo a parte meriterebbero gli audiolibri. Pochi sanno quanto sia complicato e quasi impossibile pubblicarli da indipendenti in Italia. Ma tutte le “impossibilità” e difficoltà per me sono altrettante possibilità di scoperta ed evoluzione. Ho toccato con mano alcune limitazioni. Ma continuo nella mia ricerca di soluzioni per pubblicare e distribuire nel modo più democratico e libero possibile.
Per quanto riguarda le mie storie, sia “DONNE PRIVATE” che la trilogia “PRESENTE” affrontano con lievità e senza facili sentimentalismi temi importanti quali la condizione delle donne, la violenza domestica e di genere, la malattia, la morte. Per questi motivi sono letti da gruppi di supporto psicologico per le donne vittime di violenza. Immaginate lo stupore e la soddisfazione quando ho saputo che le mie parole possono anche curare.
La scrittura e la pubblicazione sono, per te, laboratorio e avventura, in cui esigi da te stessa a da chi collabora con te grande qualità. Seconto te, avresti trovato lo stesso con le Case editrici di oggi?
Non so, posso parlare solo per esperienza indiretta in base a quanto mi raccontano scrittrici e scrittori, editor, ghostwriter che collaborano con svariate realtà di varie dimensioni. Posso dire che 5 anni fa avrei dato meno importanza a molti dettagli e mi sarei affidata completamente. Oggi, credo proprio di no. Pretenderei moltissimo. Ma ciò non toglie che se un editore volesse pubblicarmi ne sarei felice, mi risparmierei forse molte fasi impegnative e faticose. Ce ne sono alcune più giovani che lavorano con una filosofia più affine alla mia. Del resto, ci vuole onestà intellettuale verso i lettori. Io stessa scegli di scrivere e pubblicare storie che mi piacerebbe leggere. Si deve partire da lì. Altrimenti, se è un mero esercizio di vanità, sempre con la stessa onestà si può fare a meno.
Il bello di essere selfpublisher è che non è mica una condizione immutabile. E vale anche all’inverso, vedendo quanti autori alla scadenza del contratto con la CE poi decidono di pubblicarsi da soli.
Essendo editore di te stessa hai allacciato collaborazioni preziose con beta reader, editor, graphic designer e narratori, tutti professionisti. E con giornalisti, gruppi di lettori e recensori sui social e dal vivo. Quanto puo' essere onoreso per un autore Self la ricerca di una buona equipe di lavoro?
Essendo nell’altra parte della mia vita una libera professionista ho in mente un mantra prezioso: le professionalità si pagano. Quindi, per me è un investimento. Abbondantemente ripagato dal risultato finale innanzitutto, e dalle vendite, le recensioni, le good vibes che arrivano senza che io chieda nulla. Ci sono anche persone e professionisti che mi sostengono con passione ed entusiasmo senza pretendere alcun riconoscimento economico, io però ci tengo a ringraziarle e citarle nei miei libri. Non pagherei mai per pubblicare un libro con una CE, lo ribadisco, ma chi contribuisce con il suo tempo e i suoi talenti va sempre riconosciuto e per quanto possibile gratificato. Io cerco di non dimenticare nessuno, anche a distanza di tempo. C’è persino un team di mie fan, entusiaste traduttrici che porteranno alla luce i miei libri anche in inglese…non vedo l’ora. E poi, i legami di stima e fiducia che si costruiscono sono una forma di scambio che esula da un modo convenzionale di fare cultura. Un aspetto umano che parte dalla scrittura, dai contenuti. E che si propaga creando legami autentici, disinteressati, paritari, progettuali, in continuo divenire. Credo che il self-publishing sia una piccola grande rivoluzione editoriale anche solo in termini puramente economici: forse è questa disobbedienza che più di altre fa un po’ “arrabbiare” qualcuno...
"Ho una relazione che definirei osmotica con le lettrici e i lettori. Impossibile e offensivo classificarli: fra loro ci sono persone di ogni età e livello culturale. Come piace a me." E tu che lettrice sei? Quali generi letterari ti piace leggere?
Intanto approfitto sempre per ringraziare chi mi segue e legge. Non è mai scontato ed è davvero importante per un autore sentirsi riconosciuto. La cosa è reciproca, VI AMO!.
Per quanto mi riguarda, sono una lettrice molto vorace. E libera. Per riallacciarmi al discorso sull’onestà intellettuale, non si può scrivere senza leggere. Oltre che la miglior palestra per la lingua e lo stile, come ci raccomandavano gli insegnanti, è un buon modo per confrontarsi, per apprendere. Non si può pretendere di essere originali senza conoscere come e cosa scrivono gli altri autori. Leggere è un buon esercizio di umiltà per la propria scrittura. Oltre che un grande piacere di per sé.
In generale amo la narrativa pura, senza generi e classificazioni. Un libro cult per me è FOLLIA di McGrath. Letto, riletto, sempre sul comodino. Ogni libro mi insegna qualcosa. Chi mi ispira o ha ispirato? Difficile scegliere chi lasciare fuori… Calvino, Buzzati, Pirandello, Merini, Bronte, Alan Bennett, Marcelo Marchesi, Austen e Auster, Carver, Hoellbecq, Ferrante, Munro, Queneau, McEwan, Carrisi, Stephen King e anche Khrishamurti… e chissà chi ho tralasciato…poi ci sono i libri indimenticabili (per me) come Il Giardino di Cemento, Alta Fedeltà, Le memorie di Adriano, Stoner, I nove racconti di Salinger, Trilogia della Città di K, Middlesex, Tre Piani, IT di King, la Divina Commedia… Leggo molto, a volte sono un po’ bulimica, “smozzico” e divoro libri, talvolta in contemporanea, sparsi un po’ dappertutto. Alcuni lasciati a metà, non perdo tempo con letture che non mi convincono o mi annoiano. Sto leggendo anche autori emergenti e autrici dimenticate o poco ricordate. E visti i recenti scambi con altri autori, leggo e recensisco proposte più inusuali, in base ai miei gusti e umori.
Di lavoro scrivi, sei una copywriter, e hai lavorato per brand molto importanti che hanno vinto prestigiosi premi in Italia e all’estero. Parliamo del tuo lato umano, le tue emozioni nel ricevere questi riconoscimenti.
L’esperienza nella sede romana di Saatchi e Saatchi è stato un capitolo umano e professionale della mia vita che meriterebbe un libro. E magari arriverà. Un gruppo di creativi dai 25 ai 35 anni, tutti di talento e easy. La prima cosa che ho appreso è che le persone davvero dotate sono anche quelle che se la tirano meno. E purtroppo, l’esperienza mio ha dimostrato facilmente anche il contrario. Eravamo una squadra di allegri matti, indisciplinati ma estremamente esigenti e concentrati. E non c’era nessuna competizione anzi ci aiutavamo fra di noi. Quanto mi ha fatto crescere questo clima! Oltre che su clienti quali Nokia, Ferrarelle, Pampers, Enel, ho lavorato che per campagne no profit, quali Medici Senza Frontiere, Greenpeace. Ricordo quando con i miei adorati amici/colleghi andavamo a ritirare i premi, spesso a Milano. Tipo gita scolastica. Era palese la differenza con gli esponentii delle più patinate agenzie meneghine, molto più identificati con i ruoli. Noi al confronto sembravamo i cugini di campagna, così naturali, spontanei, anche impacciati. Anche se in più di un’occasione abbiamo fatto jackpot di premi. Ma quanto ci siamo divertiti! Io ricordo con maggiore emozione la prima volta che sono salita sul palco, per ritirare con un unica campagna ben tre riconoscimenti, per il copywriting, laffisione, la stampa quotidiana. Per un copywriter non c’è gioia più grande. La campagna in questione era per una marca di jeans e aveva già ricevuto una scomunica per la sua trasgressività e il riferimento alla religione. Nell’immagine c’era Naomi Campbell che indossava solo i jeans, io avevo scritto: Lavare in acquasanta. Amen.
"Non ho tempo di partecipare a concorsi letterari ma su 3 volte che l’ho fatto, 2 mi sono classificata al primo posto." Cosa ti piace e cosa no nei concorsi letterari? Da Self publisher quali limiti hai riscontrato?
I due concorsi in cui ho ricevuto un premio e menzioni speciali sono dei contest online dedicati a un genere che amo moltissimo e sento nelle mie corde, il racconto breve. Segnalo Breve Storia Felice, redazione straordinaria molto attiva sui social. Ho poco tempo e oltre a concentrarmi sulla scrittura dei miei prossimi libri, lo dedico alla mia famiglia, alla professione, alla promozione dei titoli già pubblicati. I premi letterari classici implicano molte condizioni per me difficili da onorare con i miei libri. Spesso privilegiano gli autori con Casa Editrice, anche se non esplicitamente espresso. Mi è capitato di sbirciare i finalisti e senza nessun giudizio di merito resto un po’ basita quando vedo copertine brutte, temi triti ma magari loghi di editori più o meno noti. Non contesto decisioni e scelte delle giurie, di certo però evito di perdere tempo con trafile ed eventi che mi sembrano un po’ troppo nei canoni per il mio modo di stare nella letteratura. Non è detto che non parteciperò, ma anche in base a i miei esperimenti e allo scambio con altri autori sicuramente sarò più oculata nello scegliere dove impiegare queste energie che per me sono preziose. Io stessa sono stata giurata per premi letterari su componimenti singoli e so quanto il gusto e l’impostazione del singolo giurato possano fare la differenza.
Altri piccoli grandi muri per un selfpublisher sono le fiere e le manifestazioni dedicate all’editoria: vorrei farvi leggere le risposte, anche di piccole kermesse in cui ribadiscono che la domanda deve essere presentata da un editore. Mi domando anche se chi organizza legga i libri. Forse potrebbero cambiare idea su alcuni. So che ci sono alcuni gruppi letterari che aggirano questo ostacolo, personalmente sto valutando se aggregarmi. In Italia questa è la situazione,anche se il Salone del Libro di Torino di recente ha aperto timidamente le porte anche a chi si pubblica da solo. Differente all’estero dove numeri e possibilità sono ben diversi. Credo che la differenza la faccia sia la mentalità più aperta sia nel mondo editoriale che da parte dei lettori. Penso alla Fiera di Francoforte, dove i selfpublisher anche come spazi espositivi non sono ghetto e dove ci sono ampi spazi dedicati agli audiolibri, di cui sono appassionata e produttrice. Stesso discorso per alcune librerie, più di una volta mi sono sentita guardata dall’alto in basso, hanno molte riserve nel presentare libri “senza CE”. In tutti questi casi, sono un po’ tranchant ma credo che ci sia una strana superstizione alimentata proprio da ignoranza, cioè non conoscenza di come stiano davvero le cose. Oltre alla mancanza di rispetto verso un autrice/autore che si sobbarca una reale e imponente "fatica letteraria”.
Ma credo che con il tempo ci arriveremo anche in Italia. Ecco perché mi definisco pioniera, e insieme a me gli altri autori che si pubblicano da soli.
A fronte di questo, sono felice invece di tutte le occasioni in cui ho potuto presentare dal vivo e con numerosi e interessati partecipanti, sempre più di quelli che mi aspettavo. Amo il contatto con le persone, faccio di ogni incontro un prezioso momento di scambio.
Il 50% del ricavato di tutti i tuoi libri venduti nel periodo natalizio lo devolverai alla Lega del filo d’oro. Cosa ti spinge a fare della beneficenza e cosa consiglieresti ai tuoi colleghi scrittori a spingerli a fare altrettanto?
Sì, nello specifico devolverò il 50% del ricavato alla Lega del Filo d’oro, onlus che si occupa di persone e bambini sordociechi. Loro non lo sanno, come è già capitato in altre occasioni in cui solo dopo ho reso noto ad associazione e lettori questa mia iniziativa. Una mia scelta personale di cui renderò conto a chi ha acquistato i miei titoli.
Preferisco così, se il sostegno deve esserci deve essere solo da parte mia, non una collaborazione che magari potrebbe avvantaggiarmi ma dal mio punto di vista sminuirebbe i miei intenti. Io facevo questo anche prima di pubblicare libri. Il selfpublishing è una chiave che mi permette di farlo, generando piccoli e grandi cambiamenti in una sfera ben più ampia del mondo letterario. Io sono fermamente convinta che la lettura faccia bene non solo a chi legge. Viviamo in un mondo davvero complicato, dominato da individualismo e violenza. Un cambiamento può essere prima di tutto culturale, i libri sono una grande opportunità, insieme a gesti gentili e inclusivi. Un libro è per tutti, secondo me deve arrivare più lontano possibile. Anche da chi non saprebbe cosa farsene di un libro. Tutto quello che sto cercando di fare va in questa direzione, che non una sola: mi piace dire “libri per non leggenti”. Intendo che oltre a pubblicare formati il più possibili vicini a tanti tipi di lettori, desidero che i miei libri siano vicini anche a chi non li leggerà mai. Naturalmente, lo ribadisco, tutto parte dalle storie, dalla scrittura: sembra scontato, ma se non c’è valore e qualità nel testo, non c’è strategia o intento che tenga. Per quanto riguarda altri autori, non posso dare ricette a nessuno. Certo è che oltre a intraprendere questa strada, ho appena partecipato a un’antologia solidale, curata dal gruppo letterario “Inchiostri In_Visibili”. Uno dei 35 fra racconti e poesie è il mio. L’intero ricavato sarà devoluto ai piccoli pazienti del reparto di oncologia pediatrica del Regina Margherita di Torino.
Per me scrivere è pura gioia: il primo dono che posso fare al mondo. E trovare la strada per condividerlo con tutti, una strada a forma di libro, per me è una grande fortuna.
I libri nutrono l’anima e possono nutrire anche le speranze.
Aggiungo solo due postille.
1)
Fino a qualche anno fa mi vergognavo di non avere l’editore. Questa vergogna era alimentata da molti pregiudizi che io stessa nutrivo verso l’autopubblicazione. Poi ho preso quanto di fondato c’era nel pregiudizio e trasformato in ricerca della qualità. E tutto il resto l’ho lasciato a chi non si smuove dalle proprie convinzioni, superate e spesso errate. Oggi posso dire con grande orgoglio: sono un’autrice e sono anche un’editrice. 100% Indipendente.
2) Per Natale regalate letture. Ma quest’anno osate un po', rischiando di scoprire per primi delle perle: scegliete titoli ed autori meno noti. Se poi quei libri fanno bene anche a qualcun altro, saranno dei doni davvero fatti con il cuore. Mi auguro che fra questi libri ci siano anche i miei, li trovate su amazon o potete ordinarli in libreria e arriveranno in un paio di giorni al massimo.
Grazie per quest'intervista esaustiva e piena di punti di riflessione, che cercheremo di colmarmi con la presentazione dei tuoi libri.
A voi diamo appuntamento con la prossima intervista e continuate a girovagare per gli stand online (Link in sopra- impressione) e a parlare con gli autori.
Buona Lettura!
Fonte notizia
www.facebook.com SimonettaCorradoAutrice