È disponibile su tutte le piattaforme digitali “Assassina” (Red Owl Records/Visory Records), il nuovo singolo della brillante ed esplosiva queen dell'urban latin italiano Yanomamyy in feat. con il giovane artista e producer colombiano Herman Andres Joya Anaya.
Un vero e proprio omaggio alla donna, alla sua essenza eclettica e plurisfaccettata, un inno alla femminilità, all’autodeterminazione ed al female empowerment.
Bella, sensuale, talentuosa e raffinata, Yanomamyy, cantautrice urban italo-peruviana d’adozione romana, racconta la donna contemporanea esaltandone poliedricità e tenacia: da sempre emblema di eleganza, dolcezza e di vita stessa, la donna dei giorni nostri non ha abbandonato le sue peculiarità materne ed armoniose, bensì ha mostrato al mondo il proprio coraggio, posando lo scettro fittizio e preclusivo di preconcetti e classificazioni - che la volevano volta alla sola soddisfazione dei bisogni altrui - e costruendo un nuovo simbolo di potere, quello che deriva dal suo universo interiore, forgiato quotidianamente dall’amore infinito che porta dentro sé, ma anche da determinazione, autoconsapevolezza e resilienza. Uno scettro che non giunge come un dono, ma si è temprato di lacrime, sangue e sudore ed il cui obiettivo è quello di ricordare, di fungere da memorandum, affinché ognuna raggiunga autorealizzazione e libertà. Una libertà che non si finalizza con il predominio sugli altri, ma è focalizzata sulla realizzazione di se stesse e dei propri sogni.
Il brano, prodotto da Herman Andres Joya Anaya, con le grafiche a cura di Carolina Terziari e le immagini di Maurizio Caschera, è avvolto da intriganti sonorità reggaeton - mixate da Dlewis - arricchite da vibranti tocchi psichedelici; cornice perfetta di un testo diretto, che miscela egregiamente la lingua italiana a quella iberica, arrivando al pubblico senza filtri, esortandolo a non desistere, a non cedere, rincorrendo con audacia i propri obiettivi. Il ritornello - «dime que tu quieres, que tu todo te lo mereces (…). Dime que tu quieres, que los ángeles te entreguen» [«dimmi cosa vuoi, che tu meriti tutto (…). Dimmi cosa vuoi, che gli angeli te lo daranno»] – suona come un mantra dei desideri, un incantesimo, una formula da ripetere a se stesse ogni giorno per rievocare il proprio potenziale interiore, la propria natura lucente e caleidoscopica.
Un encomio al valore della donna, alla sua abilità nel sapersi costantemente reinventare; un elogio che parte dall’accettazione di sé, attingendo all’amore infinito che ognuna sa donare, preservandone una scintilla da riservare e rivolgere a se stesse, quotidianamente, senza cercare di raggiungere una perfezione utopica, ma indagando e scavando dentro la propria sfera emotiva, trasformando ogni fragilità in punto di forza e migliorandosi ogni giorno per diventare la versione migliore di sé, una trasposizione che non deriva da stereotipi o concezioni altrui, ma da ciò che ogni donna desidera per se stessa.
«Ho scritto questo brano – dichiara l’artista - come omaggio a tutte le donne, di ogni età, me compresa, per onorare il potere insito in noi e quella forza che ci porta a combattere, a superare anche gli ostacoli più ardui con coraggio e forza d’animo e per ricordarci l’importanza di credere in noi stesse e nelle nostre capacità. “Assassina” è la magia di rischiare tutto per un sogno che nessuno vede, nessuno tranne noi».
Il titolo del pezzo, volutamente forte e risonante, simboleggia in musica una donna decisa, indipendente, che si dissocia da etichette, pregiudizi e cliché; una donna capace di vincere, ma anche di perdere, sempre a testa alta, con la mente ed il cuore aperti alla vita ed al cambiamento; una donna che mette in gioco tutta se stessa per raggiungere i propri obiettivi; una donna con un passato da dimenticare ed un futuro luminoso da costruire basandosi sulle sue sole forze; una donna che sa chiedere aiuto ma che ha imparato a cavarsela da sola in ogni circostanza, mettendo in luce la sua vera essenza, senza badare al giudizio altrui - «voglio brillare da sola correndo» -.
Un invito ad accettarsi, ad amarsi, combattendo per raggiungere i propri desideri in un mondo che in via teorica reclama a gran voce la parità dei sessi, ma che, nella realtà quotidiana, vede ancora le donne lottare il doppio per la realizzazione di se stesse.
Versatile, grintosa e risoluta, Yanomamyy è l’icona dell’urban latin italiano, una voce che esula dal coro per svegliare le coscienze, ricordandoci l’importanza dell’unicità, il prezioso valore che la diversità apporta ad una società omologata, in continua ricerca dell’approvazione altrui, dimenticandosi l’unico benestare indispensabile, quello che ciascuno di noi dà a se stesso.
Biografia.
Yanomamyy, pseudonimo di Elis Regina Apruzzese Rodriguez, è una cantautrice urban latin nata a Lima, in Perù. A causa della situazione socio politica che stava attraversando il Paese negli anni ’90, si trasferisce a Roma all’età di 2 anni. Il suo nome d’arte prende ispirazione dalla tribù indigena degli Yanomamy, popolo che vive allo stato naturale al confine tra l’Amazzonia venezuelana e quella brasiliana. L’artista trascorre parte dei suoi primi anni di crescita studiando in giro per il mondo: New York, Lima, Madrid, Rodi, senza mai trascurare le sue origini latino-americane, che saranno per lei essenza, colonna portante della sua musica. Nel 2017 pubblica “Zumba”, il suo primo singolo che la vede al fianco di Ketama126, a cui seguono, negli anni successivi, molte altre release che evidenziano la sua impronta stilistica e la sua urgenza espressiva. Nelle canzoni di Yanomamyy, infatti, è riscontrabile una visione interculturale ad oggi totalmente assente nella scena italiana: ascoltando con attenzione, si prende coscienza della consapevolezza musicale dell'artista, che si traduce nella capacità di reinterpretare e tradurre la cultura musicale del suo Paese natio in chiave internazionale. Versatile, grintosa e risoluta, Yanomamyy è l’icona dell’urban latin nazionale, una voce che esula dal coro per svegliare le coscienze, ricordandoci l’importanza dell’unicità, il prezioso valore che la diversità apporta ad una società omologata, in continua ricerca dell’approvazione altrui, dimenticandosi l’unico benestare indispensabile, quello che ciascuno di noi dà a se stesso.