Il primario che si trova in ferie non può essere ritenuto responsabile della condotta altrui.
È quanto si ricava dalla sentenza n. 6438 del 31 marzo 2015 emessa dalla terza Sezione della Cassazione.
Insieme alla sua azienda ospedaliera, il medico primario era stato chiamato a risarcire i danni per le lesioni gravi (amputazione della gamba sinistra) patite da un paziente a seguito delle complicanze insorte dopo un intervento di riduzione e osteosintesi di frattura del femore.
In primo grado i giudici avevano escluso la responsabilità del camice bianco e della struttura poiché non avevano rilevato elementi di negligenza e/o imperizia. Secondo la sentenza, la complicanza per la phlegmasia cerulea dolens era da considerarsi una manifestazione venosa molto rara, con una probabilità di verificarsi dell’uno per cento.
Una decisione ribaltata dai giudici di secondo grado che, accogliendo l’appello presentato dagli eredi della paziente, avevano condannato il medico e la struttura a risarcire danni per oltre 350mila euro.
La vicenda era, quindi, approdata in Cassazione. Qui, il Collegio giudicante ha ribadito che il primario doveva ritenersi senza colpe e di conseguenza andava estromesso dalla lite. Secondo la Corte, la colpa del sanitario che ha in carico la paziente non può estendersi al primario, per la ragione che egli è estraneo al fatto lesivo e non è parte sostanziale e neppure è imputabile per un omesso intervento che, se posto in essere, avrebbe modificato il decorso causale degli eventi. Conseguentemente è stato stabilito il principio che al dirigente del reparto non può essere attribuita, a titolo di responsabilità oggettiva, per il semplice fatto di essere primario, la responsabilità per la ritardata diagnosi.
Nel caso in questione il primario, risultando assente dal servizio per ferie, era, infatti, nell’obiettiva impossibilità di verificare.
Con tale sentenza, la Cassazione ha sancito che – pur risultando vero che il primario in ragione della sua posizione apicale e gerarchica assolve anche funzioni di istruzioni e direttive, di definizione dei criteri diagnostici e terapeutici, svolgendo dunque compiti di indirizzo e verifica (art. 63 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761; art. 7 d.P.R. 27 marzo 1969, n. 128) – la responsabilità civile attiene comunque all’imputabilità soggettiva dell’inadempimento, che qui manca all’origine del primo contatto, del primo ricovero e del primo intervento.
Avv. Angelo Ascanio Benevento
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