Oggi voglio volgere l’attenzione a Francia e Italia, nazioni più che alleate, sorelle, da sempre, ma di una sorellanza che condita di competitività a tratti aggressiva. Partner fondamentali e talora in concorrenza come, anche ora, nel progetto europeo, nel tentativo di farlo ripartire su basi nuove, alla luce delle sfide di questo terzo decennio del XXI secolo. Francia e Italia, alleate e talora contrapposte, ma chiavi imprescindibili della composizione degli assetti del Mediterraneo, dal Magreb al Sahel, alla Libia, all’Egitto, al Mar Rosso, all’EastMed e ai suoi mille conflitti di terra e di mare.
Volontà di potenza tardo coloniale e sovranismo di altri tempi sono fra i problemi con cui spesso le diplomazie, ma a volte anche le economie e persino i profili geostrategici, dell’uno e dell’altro Stato, hanno dovuto fare i conti. Tra Francia e Italia occorre lavorare a una soluzione fatta di composizione di interessi alterni e compensazioni. Per migliorare la collaborazione tra i due Paesi a reciproco vantaggio, certamente un’evoluzione dell’Ue che miri ad abbassarne il baricentro verso il Mediterraneo e l’Occidente su progetti ad alto contenuto tecnologico e ambientale può essere un fronte comune fra Italia e Francia per la politica comunitaria, certo migliore delle contese societarie dilanianti sull’assetto azionario di vecchi gruppi automobilistici o telefonici poco attenti al progresso.
E assai più importante risulta la definizione di una strategia comune per il Mediterraneo: sul futuro dei dispiegamenti nel Sahel, così fondamentale per la stabilità dell’area e per il controllo delle mafie di tratta; sul coordinamento degli aiuti alle sempre più minacciate democrazie arabe della costa; sul futuro di riconciliazione della Libia; poi, questione collegata e differente, su una via comune per affrontare la Turchia, essere presenti a Cipro, seguire lo sforzo Usa in Medio Oriente; e l’atteggiamento da tenere verso il regime egiziano, così indisponente e pure così fondamentale per l’area, messo sul canale di Suez, dorsale fondamentale fra Asia e Europa, a ridosso dei maggiori giacimenti di idrocarburi del Mediterraneo, a confine con Israele e le aree palestinesi.
Mi piacerebbe tanto se che chi sta gestendo la crisi e chi proporrà un governo facesse delle valide proposte di visione su questi temi. Al momento stiamo infatti guardando il dito. È stata promossa una crisi in prospettiva di una divisione di quote di Recovery Fund che i partiti vogliono gestire, e nessuno invece sta parlando della Luna. Il fondo di recupero è uno strumento, ma l’obiettivo è un altro ed è lì che dobbiamo guardare: il nostro futuro. Quello delle prospettive economiche e strategiche regionali della Ue è solo un esempio, e se ci concentriamo sulla nostra visione di Paese e di futuro, ogni scelta, anche di investimento, deve essere e sarà conseguente. Allora, anche le scelte sullo sviluppo, la tecnologia e la digitalizzazione non saranno più fini a se stesse, ma necessarie a perseguire un fine. Alziamo lo sguardo. Guardiamo alla Luna e, da lì, all’Italia. È bellissima.